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La PA da freno a driver dell’economia, a partire dalla razionalizzazione dell’infrastruttura

Per razionalizzare le infrastrutture facendo leva sul cloud, serve la volontà di sfruttare le opportunità che la tecnologia mette a disposizione per semplificare, ridurre i costi, aumentare la flessibilità e la capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini. La trasformazione è complessa: non si tratta certo di sostituire hardware, ma di cambiare i processi, abolendo i silos non solo tecnologici, ma soprattutto organizzativi. In occasione del recente Forum PA 2018, il convegno “Razionalizzazione dell’Infrastruttura tecnologica” ha messo a confronto il programma previsto dal Piano triennale con i protagonisti della PA e dell’offerta.

Pubblicato il 06 Giu 2018

23 maggio 2018 - Foto di Rina Ciampolillo

ROMA – La razionalizzazione delle infrastrutture della Pubblica Amministrazione è una necessità da tutti condivisa ma molto complessa da realizzare, come precedenti tentativi che hanno visto successi solo parziali dimostrano. Giovanni Rellini Lerz, Responsabile Servizio Razionalizzazione risorse ICT PA di AgID, presentando la strategia del Piano triennale per ICT nella PA nel corso del convegno Razionalizzazione dell’Infrastruttura tecnologica svoltosi durante Forum PA 2018, afferma: “La razionalizzazione delle infrastrutture fisiche è parte di una visione più complessiva che vede nel cloud il punto di arrivo, attraverso una strategia da condividere con le amministrazioni, il mercato, l’utenza”. Si tratta di costruire i “mattoni”, attraverso i quali le amministrazioni possano mettere in atto la transizione al cloud.

Per razionalizzare, si deve innanzi tutto conoscere: è in corso la seconda fase del censimento che coinvolge tutte le amministrazioni attraverso una procedura informatica assistita che guiderà il Responsabile del Censimento del Patrimonio ICT individuato dall’Amministrazione nella compilazione del questionario di rilevamento. La prima fase del Censimento (avviata a dicembre 2017) mediante inviti rivolti alle amministrazioni regionali, alle relative in-house ICT e alle città metropolitane, si è conclusa a febbraio 2018.
L’obiettivo è classificare le infrastrutture come:

  • Poli strategici nazionali (PSN), amministrazioni dotate di data center caratterizzati da elevati standard di qualità;
  • Gruppo A, amministrazioni che dispongono di data center con caratteristiche che non verificano pienamente quelle richieste per i PSN;
  • Gruppo B: tutte le altre amministrazioni.

“Verranno di fatto individuate poche realtà polari: l’obiettivo non è dare un bollino di eccellenza ma individuare strutture di altissimo profilo che verranno messe a disposizione delle amministrazioni con carenze infrastrutturali e dovranno diventare punti di riferimento per i rispettivi territori”, spiega Rellini Lerz.

Nel frattempo sta andando avanti la qualificazione delle infrastrutture e dei servizi cloud e a brevissimo ci sarà la possibilità di richiedere la certificazione sia per i Cloud Solution Provider (CSP) sia per le stesse amministrazioni. Dopo una certa data (attualmente fissata al 30 novembre 2018) l’acquisizione di infrastrutture e servizi dovrà avvenire esclusivamente previa verifica della qualificazione.

Una realtà variegata sul fronte delle amministrazioni

Su sollecitazione del moderatore, Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno, alcune amministrazioni hanno espresso il loro punto di vista sulla trasformazione digitale, testimoniando la loro esperienza e le criticità che si trovano ad affrontare sui temi tecnologici e organizzativi. Ne emerge, come prevedibile, una realtà a macchia di leopardo, con amministrazioni che con successo hanno sperimentato i vantaggi del cloud.

I partecipanti alla prima Tavola Rotonda
I partecipanti alla prima Tavola Rotonda, da sinistra:
Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno;
Cristiano Annovi, Dirigente responsabile della Governance, del dispiegamento e del supporto dei servizi ICT – Regione Emilia Romagna;
Michele Melchionda, Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati – Servizio per la gestione del centro unico servizi – Corte dei Conti;
Giuseppe Navanteri, Responsabile UOSD Tecnologie e Sistemi Informatici – IFO;
Marco Vezzoli, Head of ICT & Digital Learning – Politecnico di Milano Graduate School of Business e
Claudio Fini, Responsabile del programma “Evoluzione delle tecnologie come fattore abilitante la trasformazione digitale” – INAIL

La Regione Emilia-Romagna, per esempio, come testimonia Cristiano Annovi Dirigente responsabile della Governance, del dispiegamento e del supporto dei servizi ICT, ha scelto il cloud come fattore accelerante per l’innovazione e il cambiamento, per far fronte all’aumento della complessità (derivante dall’aumento del 40% dei dipendenti e delle sedi), rispondere alle nuove richieste dei cittadini spinte dalla trasformazione sociale che crea pressione anche sugli organici, tenere conto di dipendenti con età mediamente elevata e competenze digitali modeste: “Con la vecchia tecnologia, il TCO ci stava sfuggendo di mano, mentre anche se siamo ancora a metà del percorso, abbiamo già verificato vantaggi significativi: fra tutti la semplificazione”, commenta. Fra i risultati già raggiunti: la riduzione dei costi di assistenza e manutenzione dei posti di lavoro standardizzati (-41%) e la possibilità di massimizzare tutte le forme di flessibilità del lavoro che le soluzioni cloud agevolano. La Regione ha infatti lanciato un progetto di smart working che prevede di fornire ai lavoratori che aderiscono di un portatile e uno smartphone dotati della suite di produttività cloud Office 365 (che include Skype for Business), fruibili anche come app sullo smartphone. Si prevedono almeno mille lavoratori (sugli attuali 4.500) in varie forme di mobilità.

La Corte dei Conti ha una lunga tradizione di sperimentazione in campo cloud avendo iniziato a collaborare con AgID fin dalla sua creazione: “Fin da allora abbiamo ragionato sul consolidamento delle infrastrutture ipotizzando di collaborare con altre amministrazioni, su come utilizzare il cloud, cercando di immaginare cosa potesse significare condividere i servizi infrastrutturale”, ricorda Michele Melchionda Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati – Servizio per la gestione del centro unico servizi. Dall’esperienza di Corte dei Conti emerge la necessità di riallocare correttamente le risorse: “Ritengo che la Corte dei Conti non abbia mai avuto un controllo così elevato dell’infrastruttura ICT come è avvenuto dal momento in cui ha iniziato a spostare le risorse dall’erogazione dei servizi al governo, in una logica di assemblaggio dei servizi stessi”, sottolinea.
Anche Inail ha da tempo imboccato la via del cloud, dopo aver virtualizzato il 90% dei propri server. A partire da questa esperienza, Claudio Fini Responsabile del programma “Evoluzione delle tecnologie come fattore abilitante la trasformazione digitale” di Inail, suggerisce di muoversi in un’ottica integrata, non limitandosi a portare il singolo servizio in cloud senza preoccuparsi dell’infrastruttura globale: “Abbiamo seguito un percorso stop and go, rendendoci conto che il cloud non si presta per qualunque workload: si deve valutare bene come accoppiare le applicazioni per evitare il rischio di saturare la banda a disposizione”, spiega.
Un’esperienza particolare è quella di Politecnico di Milano Graduate School of Business che grazie al cloud è riuscito ad aprire nuovi ambiti di business creando la prima piattaforma per un MBA totalmente in digitale. Successivamente, con l’innesto dell’Intelligenza Artificiale, ha creato un metor digitale (Progetto Flexa) capace di individuare i gap fra le competenze attuali e gli obiettivi dell’utilizzatore: “Il cloud è stato un presupposto imprescindibile per creare un nuovo business, smentendo il timore di chi temeva che le aule virtuali avrebbero cannibalizzato quelle reali”, sostiene Marco Vezzoli Head of ICT & Digital Learning del Politecnico di Milano.
La presenza di casi di sperimentazione ed eccellenza sono utili per capire le potenzialità e le criticità ma certo bisogna tradurli in esperienza condivisa che faccia fare un salto di qualità a tutta la PA.
Un ruolo fondamentale per questo passaggio è svolto dai fornitori nell’accompagnare le amministrazioni in una reale logica di partnership.

I vendor sono pronti?

“Come declinano la loro visione del cloud per la PA, come aiutano le diverse amministrazioni a gestire complessità in una logica di partnership, secondo quali percorsi al cloud suggeriti?”, è la sollecitazione di Stefano Foppa.

La seconda Tavola Rotonda
La seconda Tavola Rotonda, da sinistra:
Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno;
Carlo Mauceli, National Digital Officer – Microsoft Italia;
Alfredo Nulli, EMEA Cloud Architect – Pure Storage;
Raffaele Resta, Head of Italy Public Sector – Amazon Web Services

La proposizione di Microsoft affianca al cloud pubblico il cloud ibrido, integrabili a piacere, ricorda Carlo Mauceli National Digital Officer di Microsoft Italia che suggerisce di iniziare sfruttando servizi che non ha senso tenere in casa (in primis la posta elettronica o i servizi office per esempio) con l’opportunità di liberare risorse e snellire infrastrutture e applicazioni. Microsoft non si limita a fornire la tecnologia: “Se un ente vuole iniziare un percorso di digitalizzazione lo affianchiamo, attraverso i nostri partner, dall’analisi all’architettura finale, mettendo in atto una partnership”, spiega, sottolineando che le modalità di condivisione dei risultati possono essere definite anche a livello contrattuale.
Fra i vantaggi del cloud Raffaele Resta, Head of Italy Public Sector di Amazon Web Services (AWS) ricorda la flessibilità, i tempi rapidi di implementazione, l’economicità, la sicurezza superiore rispetto alle soluzioni tradizionali, portando ad esempio un’applicazione realizzata per il Comune di Cagliari per supportare la comunicazione ai cittadini nel momento delle elezioni e consentire di consultare i risultati elettorali, realizzata in 3 settimane e per 130 euro da un partner AWS.
Alfredo Nulli EMEA Cloud Architect di Pure Storage sposta infine l’attenzione sulla necessità di concentrarsi sui dati, sulla capacità di gestirli all’interno del ciclo dell’innovazione. “Nel momento in cui si usa il cloud, le competenze necessarie si differenziano e aumentano: si deve sapere esattamente cosa si vuole, essere competenti utilizzando eventualmente i partner, essere consapevoli che non si va più a memorizzare un blocco in un ‘pezzo di ferro’, ma che per poter gestire il dato se ne deve sapere esattamente tipologia e utilizzo”, dice.

Il nodo delle competenze

Il tema delle competenze che devono cambiare rappresenta una delle principali criticità per la trasformazione. Il percorso indicato da Annovi (Regione Emilia Romagna) è avvicinare l’esperienza quotidiana digitale delle persone con le attività sul lavoro: “Come mai tutti usano tranquillamente WhatsApp e i social nella loro vita privata ma appena sono al lavoro entrano in modalità informatica tradizionale?”, si chiede, ricordando che l’elemento più delicato per la trasformazione è l’accompagnamento alle competenze digitali che si fa solo semplificando le tecnologie.
“Semplificazione e governance”, sintetizza Uberti Foppa. “Certo, e lo sviluppo delle competenze passa dalla condivisione – suggerisce Melchionda (Corte dei Conti) – Noi abbiamo creato gruppi di lavoro collaborando con altre amministrazioni e con l’università, collaboriamo con organizzazioni pubbliche e private che hanno competenze da condividere. Se si pensa di fare innovazione utilizzando solo le competenze interne si è perso in partenza: si devono invece sfruttare senza timore tutte le competenze disponibili, anche quelle offerte dal mercato”.
Le persone, a tutti i livelli hanno un ruolo imprescindibile.
“Lo stato dell’arte della PA è clamorosamente arretrato – evidenzia Mauceli, sollecitato del moderatore a esprimere un giudizio, a partire dal punto di osservazione di Microsoft – La tecnologia è democratica: tutti la possono usare; perché alcuni accedono e altri no? Cambiare significa mettersi in gioco invece che nascondersi dietro le norme. Il numero delle norme è inversamente proporzionale alla competenza”.
Per evitare il rischio di una possibile involuzione è dunque necessario proseguire sulla strada di razionalizzazione indicata dal Piano Triennale della PA, correggendone gli eventuali errori ma evitando soprattutto, come potrebbe essere la tentazione del nuovo governo, di ricominciare tutto da capo.
Non dimenticando che l’efficienza della PA e la sua capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini e delle imprese è un valore per la competitività del Paese.

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