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Industria 4.0, la via italiana secondo Cisco

Dalle aziende al Sistema Italia, e viceversa. A due anni dall’avvio del progetto Digitaliani, Cisco Italia traccia un primo bilancio del percorso fin qui compiuto insieme a grandi gruppi e piccole aziende che hanno investito nella Digital Transformation, in una logica di collaboration e di open innovation. Per passare dal Medioevo al Rinascimento digitale, come insegnano le case history di Dallara e Tacchificio Del Brenta

Pubblicato il 13 Dic 2017

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Nel panorama globale dell’Impresa 4.0, si può parlare di un’Italian way? Certo che sì: gli esempi d’eccellenza non mancano, e non fanno sfigurare il made in Italy nell’arena competitiva mondiale. Ma per trasformare le eccezioni in regole condivise e in nuovi standard per tutta l’Azienda Italia Digitale c’è ancora molto da lavorare, in profondità e con serietà, sui fondamentali: a cominciare dal redesign delle infrastrutture di rete e dall’attivazione di sistemi, applicazioni e tools sempre più intelligenti, per gestire l’interconnessione di miliardi di elementi, di dati e d’informazioni garantendo facilità di accesso, flessibilità e sicurezza costanti. Mantenendo al contempo una visione lucida e proattiva del contesto, che dall’Impresa 4.0 porti al Distretto 4.0, perché in Italia i territori e le loro vocazioni produttive contano molto.

Ne sa qualcosa Cisco Italia, che si avvia a chiudere il secondo anno di Digitaliani, il progetto messo a punto in collaborazione con il Governo, per accelerare la digitalizzazione del Sistema Paese con interventi mirati nelle aziende e sugli snodi vitali dell’articolazione economico-produttive e delle infrastrutture strategiche dalle Alpi alla Sicilia. Un processo corale di digital transformation che il Piano Nazionale Impresa 4.0 – presentato lo scorso settembre da Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico – sembra ora voler spingere ben al di là del manufacturing, coinvolgendo anche il mondo dei servizi – della PA e dei privati – e, più in generale, del terziario avanzato.

“Con 4.0 – rimarca Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry Digitization Leader di Cisco Italia – oggi si rischia di etichettare un po’ tutti i fenomeni all’interno dello scenario ben più ampio della digitalizzazione. Anche per questo è più che mai utile definire con chiarezza la sfera d’applicazione della digital transformation. Di fondo, quando parliamo di 4.0, queste sono le macroaree che si vanno a toccare anche in Italia: una è l’innovazione dei modelli di business, che è anche la più sfidante e interessante. L’altra, relativamente più semplice è quella dell’operation improvement, dove ci sono ampi margini di recupero e altrettanti vantaggi competitivi. E poi c’è il tema dell’employee experience e della workforce innovation, su come lavorano le persone all’interno delle aziende, e, last but non least, quello dell’experience dei cittadini e dei clienti nei rapporti con le istituzioni e le aziende stesse. Tutti questi temi li decliniamo in Cisco occupandoci di Impresa 4.0 – sia in senso ampio che per settori verticali, dall’agrifood all’automotive al fashion – nonché di smart working e di customer experience”.

Ha senso trarre ispirazione dai Paesi più evoluti in fatto di Industry 4.0? Più no che sì. La struttura produttiva italiana è molto diversa da quella tedesca, così come l’approccio ‘nostrano’ allo smart manufacturing poco o nulla ha a che vedere con quello dei colossi americani.
I due anni di esperienza percorsi fin qui da Cisco Italia con il progetto Digitaliani sono, del resto, di conforto per chi è convinto che si possa tracciare anche un’Italian way nel panorama globale dell’Industria 4.0, senza dover necessariamente ricorrere a modelli europei o d’oltreoceano.

“L’interpretazione italiana dell’Impresa 4.0 – commenta Dalmazzoni – ha forti legami con le caratteristiche del sistema industriale e del made in Italy. Le aziende stesse presentano in genere una loro specificità: sono per lo più mediopiccole, di proprietà familiare, a gestione imprenditoriale e vocazione manifatturiera. Ma questo non ci ha certo impedito di effettuare dei piani di coinvestimento e di creare dei percorsi molto concreti di digitalizzazione con imprese di dimensioni e di settori quanto mai diversi come Fca, Dallara, Marcegaglia, FluidoTech, 1177, Veronesi, La Marzocco, Inpeco, Del Brenta, andando a scoprire insieme quali processi della catena del valore era possibile rivalorizzare grazie alla digital transformation”.

E qui l’accento batte sulla parola “connected”: il leit motiv che collega a sua volta la R&D, la fabbrica, gli assets, fino al traguardo della customer experience, che viene così riagganciata e mantenuta in costante collegamento all’interno dell’Impresa 4.0, facendone un fulcro vitale della sua attività.

“Ogni azienda ha scelto da dove partire – precisa Dalmazzoni –, con grande libertà, sulla base delle opportunità di business. Ma molte di loro sono partite proprio da lì: dal mondo della customer experience e dalla volontà di lavorare sui connected products, andando rapidamente nella doppia direzione di prodotti e servizi per approdare alla servitizzazione e alla disintermediazione. Qui sta il vero cambio di modello e di paradigma in ambito industry, con una piattaforma tipicamente cloud a cui collegare i prodotti per innestare da lì una serie virtuosa di servizi e di opportunità commerciali. È il caso, per esempio, de La Marzocco con le sue macchine da caffè Handmade in Florence per bar e ristoranti sempre connesse, o dell’azienda di maglieria 1177, che con l’idea delle calze in lattina ha potuto distribuirle non solo online o nei negozi, ma anche nei distributori automatici interattivi e connessi”.

Nell’Azienda Italia ci sono senz’altro casi di eccellenza, ma anche tantissime realtà mediopiccole dov’è tuttora carente un’infrastruttura di rete adeguata per fare il salto digitale: soprattutto nella parte operation (in pratica, nella fabbrica) le reti si sono spesso sviluppate per addizione.

“Molte imprese – nota Dalmazzoni – hanno seguito un percorso che ricorda un po’ lo sviluppo delle nostre cittadine medievali. Ora però si deve passare al Rinascimento: c’è bisogno di una razionalizzazione e di un’upgrading delle reti per supportare l’impatto della digitalizzazione nelle due direzioni dell’accessibilità del dato, giungendo a vedere la propria fabbrica su uno smartphone con un’app, e della cybersecurity. La riuscita combinazione di questi due elementi va strettamente collegata al design dell’infrastruttura di rete: per molti dei nostri progetti effettuiamo quindi una gap analysis tra la rete esistente e quella necessaria per raggiungere i nuovi obiettivi dell’azienda cliente”.

Il Customer Club di Cisco Italia offre, in tal senso, una significativa galleria di imprese che grazie a un percorso di digitalizzazione particolarmente fertile hanno avuto modo di ridefinire e riqualificare i processi produttivi al proprio interno, di riconfigurare la propria fisionomia e il proprio ruolo nella filiera di riferimento e di ripensare in tutta concretezza il proprio modello di business e la propria identità sul mercato.

Così, grazie anche a una serie di progetti condivisi con Cisco sulla connected factory, sui connected products e sulla formazione delle risorse umane, Dallara – azienda costruttrice di auto ‘di culto’ da competizione di Varano de’ Melegari (Pr) – nell’ultimo decennio s’è andata imponendo nello scenario ipercompetitivo dell’automotive come specialista mondiale d’eccellenza nella gestione e progettazione della fibra di carbonio (delicata e deperibile), nella modellizzazione aerodinamica delle vetture e nella simulazione virtuale di modelli e di condizioni di guida (climatiche, di pista ecc.).

Oppure, in tutt’altro ambito – quello esigente e spesso ‘incontentabile’ del fashion –, il padovano Tacchificio Del Brenta, con l’adozione delle soluzioni di collaboration di Cisco (e, in particolare, della lavagna digitale di Cisco Spark), si propone come ‘artigiano digitale’ per i tacchi delle calzature dei maggiori gruppi della moda italiani e stranieri: condivide con i clienti in tempo reale l’attività di progettazione, di styling e di open innovation con i propri clienti, riduce la necessità di trasferte e incontri diretti e il rischio di misunderstanding, errori e contrattempi e accelera le fasi di elaborazione e di delivery dei prototipi e dei prodotti finali. La customer satisfaction sale di livello e l’azienda acquista così un vantaggio competitivo considerevole aumentando sensibilmente il valore aggiunto in termini di prodotti e di servizio offerti.

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