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Digital transformation della sanità italiana, la ricerca IDC

Nell’indagine IDC, promossa da Salesforce, emerge che avere una visione unica dei dati permette di aumentare la qualità delle cure e l’efficienza dei processi clinici, migliorando l’esperienza del personale medico

Pubblicato il 22 Giu 2021

ricerca sanità

Qual è lo stato di avanzamento della trasformazione digitale della sanità italiana e comprendere le best practices da cui trarre esempio? Con questi obiettivi è stata promossa da Saleforce Italia l’indagine, condotta da IDC Italia, su un campione di 84 organizzazioni sanitarie tra AO, IRCSS, Case di cura e Centri diagnostici.

Connected health, tecnologie in evoluzione

Da quanto emerso, lo stato della connected health risulta essere in forte focus e sviluppo per il mercato privato in Italia. L’implementazione delle strategie a supporto dei modelli di cura connessi digitalizzati sono ancora in fase di progettazione per il 44% delle realtà intervistate. Solo il 4% dichiara di avere avviato strategia nel lungo periodo, di cui sta vedendo già i benefici dell’innovazione in forma stabile.

Per il 56% delle organizzazioni sanitarie italiane intervistate non esiste ancora una pianificazione strategica formale per l’innovazione digitale. Per il 37%, invece, la strategia di digitalizzazione si limita a singoli processi, mentre il 7% considera la strategia digitale come parte integrante della strategia aziendale per innovare i modelli di cura per i pazienti.

Orientina Di Giovanni, Direttore Generale di CareApt, una società fondata da Zcube, il Research Venture di Zambon e dedicata allo sviluppo di soluzioni integrate hi-tech/ji-touch per trasformare la cura delle malattie croniche, ha commentato “Il digitale abilita una gestione ‘sostenibile’ della cronicità: supera la dialettica ospedale-territorio per fare della casa del paziente il luogo di cura; abilita il task shifting verso interventi di tipo non farmacologico; consente un monitoraggio continuo per prevenire e intercettare le esacerbazioni. Ma solo se il risultato sarà misurabile in termini di ‘migliore esperienza’ per pazienti e sanitari, la trasformazione riuscirà davvero”.

“La digitalizzazione in Health Care – ha aggiunto Maurizio Pèrcopo, CEO di Domedica, azienda nel settore Connected Healthcare – rappresenta un’opportunità unica per la gestione integrata del percorso terapeutico di Pazienti, principalmente per quelli con patologie croniche, consentendo una gestione e una visione anche olistica della cura e ottimizzando e rendendo continuativo il supporto ai Pazienti anche al domicilio. La tecnologia agevolerà sempre più un corretto monitoraggio degli eventi e dei parametri chiave, e consentirà una più attenta e pronta valutazione dell’evoluzione dello stato di salute: la raccolta continua e l’interpretazione dei dati e dei comportamenti dei Pazienti potranno rappresentare un “virtual clinical trial” anche per terapie già in fase di commercializzazione”.

Il ruolo dei dati

Attualmente il 63% delle aziende ospedaliere italiane non dispone ancora di indicatori specifici per valutare la validità dei progetti di connected health implementati. Tuttavia avere una visione univoca dei dati del paziente consentirebbe alle organizzazioni sanitarie di rivoluzionare non solo la raccolta della documentazione dei pazienti, ma soprattutto di ottenere una migliore analisi e comprensione dei fenomeni e di ottimizzazione dei processi clinici. Un approccio strategico ai dati permetterebbe infatti di personalizzare le cure e di integrare i servizi durante il percorso di gestione dei pazienti, ma anche di allocare le risorse adeguate per le terapie da effettuare.

Questo è quanto emerge dall’analisi delle realtà più innovative, per le quali, massimizzare il valore della connected health non è un obiettivo teorico, ma è già una realtà consolidata. L’80% misura l’esperienza del paziente con parametri come i tempi di attesa e la presenza agli appuntamenti fissati e il 60% valuta anche la sua soddisfazione finale. Non solo, l’80% usa i sistemi di connected health per misurare esplicitamente la qualità delle cure grazie ad indicatori specifici quali il tasso di mortalità, il tasso di riammissione ospedaliera e i tempi di ricovero.

Perché siano realmente significative, le tecnologie devono sfruttare le informazioni relative ai pazienti per creare un sistema in grado di coinvolgere il paziente durante tutto il suo percorso, definito da IDC come system of engagement. La connected health richiede, quindi, un ripensamento delle piattaforme tecnologiche ad oggi in uso, in favore di sistemi predittivi in tempo reale, interoperabili con gli altri sistemi clinici e capaci di abilitare i processi di collaborazione tra personale clinico e pazienti.

Il contributo del cloud

Un aiuto concreto a questa esigenza arriva dall’agilità e dalla sicurezza del cloud: il 90% delle organizzazioni infatti considera il cloud come una delle tecnologie che possono avere il maggiore impatto nella sanità connessa.

Il 96% degli intervistati considera i medici e la direzione sanitaria come i principali beneficiari delle informazioni e delle capacità fornite dai sistemi di connected health, tuttavia migliorare l’esperienza di lavoro del personale sanitario è oggi una priorità solo per il 20% delle aziende sanitarie intervistate e la soddisfazione del personale medico non viene generalmente misurata.

I vantaggi

Le tecnologie devono informare adeguatamente il personale medico e automatizzare alcune parti del processo clinico, permettendo ai medici di concentrarsi sul gestire il paziente in maniera efficace e empatica. Tra i benefici riconosciuti della connected health sul carico di lavoro delle aziende sanitarie, si citano in particolare: la possibilità di avere una visione puntuale e d’insieme del paziente (65%); la creazione di ambienti di lavoro collaborativi, multidisciplinari e integrati (48%); l’opportunità di avere un supporto concreto per le decisioni mediche (46%).

Le priorità

Per garantire un impatto su larga scala, le soluzioni di connected health devono offrire al personale sanitario strumenti che si adattino alle loro esigenze. Tra le priorità indicate dall’indagine emergono in particolar modo: la facilità di utilizzo (82%); la raccolta e l’elaborazione dei dati in tempo reale (46%); la personalizzazione dell’interfaccia principale (32%); l’accesso in modalità mobile (30%).

Un esempio di modello che funziona

Realizzato dall’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS) della Provincia Autonoma di Trento, il progetto @home nasce nel 2017 per migliorare i servizi relativi alle cure domiciliari distrettuali e fornire un valido strumento di assistenza territoriale.

Basato su una piattaforma tecnologica fondata su un’architettura cloud e mobile, @home permette di pianificare, gestire e monitorare i percorsi di assistenza domiciliare, tenendo traccia di informazioni chiave quali: il livello di autonomia della persona nel gestire la propria malattia, la compliance alla terapia, il controllo della sintomatologia, il numero di ricoveri ospedalieri, di istituzionalizzazioni o di decesso dei pazienti seguiti dalle cure palliative.

La piattaforma, che nel 2020 è arrivata a gestire la presa in carico di più di 40 mila pazienti, durante la pandemia Covid-19 è stata rapidamente estesa alla gestione dei casi e dei contatti, permettendo, in circa due settimane, di gestire e monitorare più di 100 mila pazienti, apportando una significativa riduzione delle attività amministrative e time consuming in carico agli operatori sanitari.

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