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Nuove competenze per il lavoro del futuro



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Le trasformazioni in atto, non solo di tipo tecnologico ma anche geopolitico e sociale, stanno riconfigurando la stessa idea del lavoro. Servono certo più competenze ma soprattutto un mix di skill che richiedono al tempo stesso azioni tempestive e una visione di lungo periodo, su scala globale.

Pubblicato il 20 mar 2024



Reskilling e futuro del lavoro

Entro il 2030, il 14% della forza lavoro globale dovrà cambiare occupazione o acquisire nuove competenze. Lo sostiene il McKinsey Global Survey, secondo cui l’87% dei lavoratori dovrà affrontare carenze di skill.
Secondo il World Economic Forum (WEF) il panorama è stato rivoluzionato nel 2023 dall’arrivo dell’ennesima ondata di innovazioni digitali, in particolare l’AI generativa, che per ora non hanno influito sul tenore di vita e sulla crescita della produttività. Nonostante molti paesi, compresi quelli in via di sviluppo, abbiano adottato politiche volte a favorire l’adozione dell’AI, nell’attuale clima di tensioni geopolitiche, le barriere per il trasferimento tecnologico, anche a causa della mancanza di competenze diffuse, si intensificheranno. Le iniziative di re-skilling ad ampio raggio richiedono infatti ingenti risorse interne, in gran parte erose dalla pandemia, anche nelle economie avanzate.

Skill gap e skill shortage, come incidono sui posti di lavoro

Skill gap (asimmetria fra richiesta di domanda e offerta) e skill shortage (mancanza sul mercato di figure professionali) rappresentano i principali ostacoli per l’adozione di tecnologie nuove e di frontiera, considerata fattore chiave per la trasformazione aziendale nei prossimi cinque anni dall’85% delle organizzazioni, intervistate ai fini del Future of Jobs Report di WEF (1). Per oltre metà delle imprese, questi cambiamenti stimoleranno l’occupazione, mentre per un quarto porteranno alla perdita di posti di lavoro. Nel complesso gli intervistati si aspettano con una diminuzione netta del 2% degli attuali occupati, una variazione attribuita soprattutto all’adozione dell’AI che quasi il 75% delle aziende intervistate intende introdurre entro il 2027.

Le imprese stimano che il 44% delle competenze richieste subirà una drastica trasformazione nei prossimi cinque anni, con una rapida crescita di importanza delle competenze cognitive per rispondere alla crescente importanza della risoluzione di problemi complessi sul posto di lavoro. Il pensiero creativo precede il pensiero analitico, mentre l’alfabetizzazione tecnologica è la terza competenza in rapida crescita. Il pensiero sistemico, l’intelligenza artificiale, i big data, la gestione dei talenti, l’orientamento al servizio e il customer care completano l’elenco delle competenze più richieste. Per raggiungere i nuovi requisiti, 6 lavoratori su 10 avranno bisogno di formazione prima del 2027.

All’interno di queste trasformazioni, per chi deve decidere oggi la propria collocazione, è un buon investimento formarsi per diventare uno specialista di intelligenza artificiale e machine learning, professionalità che, secondo il rapporto WEF, crescerà del 40% entro il 2027. Saranno in generale ricercate le capacità analitiche (analista di business intelligence, della sicurezza informatica o dei dati), per restare nel campo IT.

I 9 trend secondo Gartner

In questo contesto, con quali tendenze dovranno fare i conti le organizzazioni nei prossimi cinque anni? Un suggerimento viene da Gartner che delinea i 9 principali trend che investono il futuro del lavoro.

  1. La crisi del costo del lavoro raggiunge un punto di rottura, con un possibile conflitto fra lavoratori che hanno acquisito consapevolezza dei vantaggi, anche economici, dello smart working e le aziende che vogliono riportarli in ufficio.
  2. La settimana lavorative di quattro giorni diventa routine anche per andare incontro alle aspettative di flessibilità dei dipendenti e per attrarre talenti.
  3. L’intelligenza artificiale rimodella il lavoro e crea opportunità per la forza lavoro. In particolare, l’AI generativa creerà nuovi ruoli e consentirà alle aziende di ridurre i tempi per acquisire nuove competenze.
  4. Tuttavia, gli esperimenti di generative AI forniranno alle organizzazioni lezioni dure e costi pesanti.
  5. La risoluzione dei conflitti dei dipendenti è la prossima competenza indispensabile per i manager che devono imparare a gestire e valorizzare le differenze anziché metterle a tacere.
  6. La DEI (diversità, equità e inclusione) non scompare, ma diventa il modo normale di lavorare.
  7. Le competenze assumono più valore dei titoli di studio mentre il soffitto di carta crolla, aumenta cioè la considerazione delle credenziali alternative rispetto ai certificati.
  8. Gli stereotipi di carriera cedono di fronte al cambiamento del lavoro, sostituiti dalla diffusione da nuovi percorsi. È la conseguenza dell’aumento dell’età pensionabile, delle interruzioni di metà carriera, dei cambiamenti tra i settori, della diffusione di modelli occupazionali non tradizionali.
  9. La protezione dal cambiamento climatico diventa il nuovo beneficio, particolarmente richiesto dai dipendenti.

Quali iniziative di re-skilling?

Il re-skilling o la formazione di nuove figure professionali per far fronte a questi cambiamenti epocali richiedono interventi lungimiranti e globali per riuscire a produrre risultati rilevanti. Le due iniziative che di seguito indichiamo hanno queste ambizioni. Si tratta di verificare se riusciranno a produrre i risultati attesi superando gli ostacoli di tipo demografico, economico, di disallineamento fra tempi di formazione e richieste del mercato.

La Commissione Europea ha lanciato nel 2023 l’Anno europeo delle competenze, chiedendo agli Stati membri di dare priorità agli investimenti nell’istruzione e nelle competenze digitali per adattarsi al panorama digitale in rapida evoluzione. L’UE ha fissato obiettivi digitali ambiziosi, puntando a migliorare le competenze digitali di almeno l’80% delle persone di età compresa tra 16 e 74 anni e a disporre di 20 milioni di specialisti ICT entro il 2030. Tuttavia, l’ultimo rapporto DESI rivela che, senza cambiamenti significativi, gli obiettivi saranno raggiunti solo per il 59% della popolazione e il numero di specialisti ICT non potrà superare i 12 milioni.

Il WEF ha messo a punto la piattaforma Reskilling Revolution, rete di comunità multistakeholder di oltre 370 organizzazioni, fra cui 34 ministri impegnati in 17 paesi, che vede fra i fondatori aziende come LinkedIn, PwC, Salesforce e la partecipazione, in un secondo round, di IBM e Sap. L’iniziativa prevede di raggiungere, entro il 2030, oltre 600 milioni di persone in tutto il mondo con l’ambizioso programma di fornire alla forza lavoro globale le competenze necessarie per rendere le loro carriere a prova di futuro, fornendo sia competenze tecnologiche e digitali sia i soft skill più richiesti.

Se si guarda oltre i 5 anni, il rapido progresso della tecnologia ci sta spingendo verso un’economia della post-conoscenza, dove le competenze rappresenteranno la nuova ricchezza e i confini fra capacità umane e strumenti intelligenti saranno sempre più labili. Siamo pronti?

  1. Future of Jobs Report si basa su un campione di 803 imprese che complessivamente impiegano 11,3 milioni di addetti, appartengono a 27 settori e 45 economie a livello mondiale.

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