Attualità

Scopri che Platform Thinker sei

Il nuovo Osservatorio Platform Thinking del Politecnico di Milano evidenzia che le piattaforme possono rappresentare potenti strumenti per la trasformazione aziendale, applicabili alle organizzazioni di tutti i tipi, non solo alle grandissime aziende digitali e alle startup. L’analisi dell’uso del modello piattaforma delle grandi aziende presenti nel S&P 500 può aiutare a creare un nuovo mind set, in grado di far avanzare la trasformazione del business digitale, grazie alla capacità di valorizzare i propri asset in modo innovativo

Pubblicato il 30 Nov 2023

Immagine di Omelchenko su Shutterstock

Siamo abituati a considerare le crescite esponenziali delle aziende basate su piattaforma come esperienze moderne, nate con il digitale, create e cresciute soprattutto nella Silicon Valley. Questo luogo comune è stato messo in discussione dalle analisi di Tommaso Buganza e Daniele Trabucchi, direttori del nuovo Osservatorio Platform Thinking del Politecnico di Milano, che portano un nuovo punto di vista, a partire dalla definizione di piattaforma e dalle sue diverse caratteristiche.
Il concetto di piattaforma non nasce certo con Amazon, Uber o Airbnb ma, se si intende come modello che mette i relazione chi offre un prodotto e chi lo vuole acquistare, è antico come i primi mercati fioriti in Persia 5mila anni fa. Il digitale ne favorisce però la scalabilità e la crescita accelerata. Non può invece essere considerata piattaforma, come spesso accade, qualunque servizio digitale che opera in una logica lineare, dal fornitore del prodotto/servizio al cliente. La piattaforma, per essere tale, deve prevedere almeno due tipologie clienti: sono ad esempio clienti di Amazon sia gli acquirenti, sia le organizzazioni che vendono.

Geometrie variabili

Le piattaforme transazionali servono mercati a due facce: i clienti, dal lato della domanda, cercano qualcosa e i clienti, dal lato dell’offerta, lo offrono. Rendendo possibili le transazioni (di beni, servizi o conoscenza) la piattaforma connette queste due parti. Esempi noti sono Uber, Airbnb e Booking.com, Amazon Marketplace, Spotify.

Le piattaforme ortogonali sfruttano invece un’ampia base di utenti per coinvolgere un gruppo di clienti secondario, spesso inserzionisti (tramite una strategia Client-as-a-Target) che di fatto pagano la maggior parte del servizio, anche per l’utente finale. Esempi tipici sono Google Search e Facebook. In alcuni casi la piattaforma non si limita a sfruttare la pubblicità, ma si avvale della data platform e, in una logica Client-as-a-Source, raccoglie i dati generati dagli utenti e li offre a un gruppo di clienti secondario, in genere per scopi analitici.

Altre tipologie sono le piattaforme ibride che combinano funzionalità di più categorie, integrando la componente transazionale e quella ortogonale in una soluzione unica, e le piattaforme di innovazione che offrono una base su cui gli sviluppatori di terze parti possono creare servizi o prodotti complementari.

Secondo dati statistici forniti da Ecodynamics Gmbh, il 76% delle imprese piattaforma si trova negli Usa, solo il 2% in Europa, stessa percentuale in Africa, mentre il restante 20% è in Asia-Pacific. Le imprese europee sono dunque fuori da tutti i giochi?

Il caso Telepass

Se si cambia punto di vista e si interpreta il Platform Thinking come la capacità di utilizzare meccanismi basati su piattaforma per favorire le potenzialità del business digitale, anche da parte di imprese già presenti sul mercato, il discorso si amplia. Lo evidenzia un caso italiano come Telepass, azienda creata per facilitare il pagamento automatico dei pedaggi autostradali, diventata poi un’azienda autonoma (parte del gruppo Atlantia).

Nel tempo si è trasformata in piattaforma a sé stante che offre una molteplicità di servizi, come il pagamento del parcheggio su strada, l’accesso al parcheggio privato, l’acquisto di skipass… e punta a diventare leader europeo dei pagamenti in mobilità. Per farlo Telepass ha sfruttato la sua vasta rete di clienti e il suo brand per fare accordi con Comuni, parcheggi, gestori di impianti di risalita e altri partner/clienti.

Si è così trasformata da organizzazione tradizionale, con una catena del valore lineare, in una piattaforma che collega diversi gruppi di clienti. A differenza di startup che cercano di fare lo stesso mestiere ma devono partire da zero, ha saputo sfruttare i suoi asset esistenti. “Cominciando a pensare in una logica a piattaforma, la maggior parte delle aziende potrebbe scoprire i propri asset nascosti che potrebbero risultare interessanti per qualche potenziale cliente, al momento non visto, in quanto diverso dai clienti usuali” sottolinea Buganza.

Una bussola del platform thinking ad uso delle imprese

Per aiutare le aziende ad assumere un mind set Platform Thinking, i ricercatori dell’Osservatorio hanno preso come riferimento le imprese incluse nel 500 S&P, dove figurano sia aziende tecnologiche sia tradizionali, per verificarne il comportamento. Anche se il 92% dichiara di fare attività riconducibili alla piattaforma, la percentuale si riduce al 30% escludendo le iniziative etichettate come piattaforme, rivelatesi in realtà servizi lineari.

Come ricaduta della ricerca è nata una bussola utile per guidare i Platform Thinker all’interno del processo di innovazione basato su piattaforma. Si tratta di una matrice che vede nella dimensione verticale l’oggetto dell’innovazione (How e What) e nella dimensione orizzontale l’area di innovazione (Know e Unknow).

La terza dimensione, infine, identifica l’obiettivo dell’innovazione (Why), andando a individuare quattro tipologie di Platform Thinker:

  • efficiency seekers cercano l’aumento di efficienza, focalizzandosi su processi interni, condivisione della conoscenza, coinvolgimento del cliente, efficienza basata sui dati, integrazione dei partner;
  • efficiency explorer puntano sull’open innovazione e sull’internalizzazione del servizio;
  • business unveiler si concentrano comunemente sull’espansione dei servizi digitali e sull’utilizzo dei dati a supporto dell’utente;
  • business demiurges, partono dal proprio asset per dargli una forma diversa in modo da poter esplorare un’area ancora sconosciuta; analizzano nuove strategie di ingresso nel mercato e di espansione del modello di business per ricercare partner complementari.

Platform Thinking conviene

L’adozione del pensiero a piattaforma è estremamente conveniente per qualunque impresa, non solo per le grandi organizzazioni o per le startup tecnologiche come evidenzia Francesco Caio, Presidente di Caio Digital Partners, che ha supportato e accompagnato fin dall’inizio l’iniziativa. “Il premio è enorme: chi prende il vento giusto può mettere a punto organizzazioni con costo marginale netto uguale a zero, garantendo scalabilità e una crescita esponenziale”, sottolinea. Pur senza essere Amazon, Airbnb, o Google, le imprese italiane ed europee, grazie all’economia di piattaforma, potranno superare il gap che le separa da quelle più performanti a livello internazionali. Questo è l’auspicio.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4