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DesSim, il “nuovo DevOps” per accelerare il cambiamento 

La tecnologia supporta la trasformazione organizzativa oggi necessaria, e in parte la può anche innescare. Ciò accade se è in grado di proporre soluzioni collaborative, fruibili e pragmatiche, e se il top management spiega perché adottarle

Pubblicato il 28 Apr 2023

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In qualche modo, chi più chi meno, ma tutti stanno ormai affrontando (o hanno già terminato) la propria trasformazione digitale. Complice la pandemia, ogni organizzazione si è infatti posta il problema di innovare. Molte hanno rinnovato il proprio parco IT, quindi, dedicandosi al cercare di capire quali nuove tecnologie avrebbero potuto far crescere il business. Poche, invece, hanno affiancato alla digital transformation, la corrispettiva human transformation. Meno “cool”, più complessa e con tante, troppe, best practice, anche in contrasto tra loro.

Questa mancanza di allineamento tra evoluzione tecnologica e umana ha tenuto le aziende in ostaggio in un mondo aggiornato a un decennio fa. Sono rimaste così bloccate, un gradino prima del futuro, seppur consapevoli di dover cambiare anche il modo di lavorare della loro workforce, oltre che gli strumenti messi a sua disposizione.

Viene prima lo strumento o il cambiamento?

Si può cambiare una persona, le sue abitudini e il suo mindset, mettendole in mano uno nuovo strumento? Sarebbe come dire “Datemi una leva e solleverò il mondo” e… alla fine, dipende dalla leva. Lo strumento può supportare, ma può anche innescare un cambiamento, quando permette alla forza lavoro di evolvere nel proprio ruolo.

Un esempio è stata la rivoluzione DevOps, ormai nota, mentre lo è meno quella che unisce il mondo dei designer con quello dei simulation analyst. Una collaborazione che sta tuttora prendendo forma e che vale la pena di seguire e analizzare passo a passo. Per il suo impatto sul business e per la sua possibile trasferibilità ad altri ruoli similmente intersecabili.

Per poter parlare di una sorta di DesSim (Designer-Simulator) va compiuta una doppia trasformazione: organizzativa e tecnologica.

Molto concretamente ci si chiede come fare in modo che i due diversi team lavorino assieme più efficacemente, condividendo fluidamente le risorse. La risposta è “cambiando”. Cambiando prospettiva e cambiando tool.

Dal punto di vista organizzativo, “i designer si trasformano in ingegneri e lavorano più frequentemente con i simulation analyst, per bilanciare meglio il workload e imparare l’uno dall’altro. Ciò però può avvenire solo con un input dall’alto e diffuso. Ci vogliono manager che sappiano vederne i vantaggi. Ogni designer innoverà meglio, grazie alle competenze condivise, incrementando le performance e la qualità del prodotto. Ogni simulation analyst potrà a sua volta focalizzarsi meglio sulla validazione, interagendo con il team di design più dinamicamente” spiega Delphine Genouvrier, SIMULIA R&D Product Management Director di Dassault Systèmes.

Perché questo avvenga, ci vuole una tecnologia che sappia supportare il cambiamento già in atto, ma anche innescarlo, qualora mancasse l’input iniziale. È un po’ quello che accade con il paradigma “ModSim” (modellazione & simulazione) adottato dall’azienda per le proprie soluzioni di simulation. “È un’ondata di innovazione che vuole superare gli strumenti complessi e poco fruibili, dedicati solo ai simulatori professionisti che solo poche aziende si possono permettere di avere nella propria squadra. Abbiamo scelto di offrire nuove soluzioni più accessibili e adatte al cambio organizzativo da imprimere al modo di lavorare delle persone. Ciò significa permettere al designer di lavorare nello stesso ambiente del simulation analyst, con soluzioni ModSim in cui l’esperienza di queste due figure si fonde, in continuità. Il designer vedrà performance e scenari ‘what if’ di ciò che ha disegnato, per capire l’impatto delle sue scelte sulla qualità del prodotto. Il simulation analyst potrà validarlo più agilmente, intervenendo prima della fine della fase di progetto, contattando il designer per chiedere eventuali cambiamenti. Tutto ciò comporta una vera trasformazione, eliminando anche problemi di sincronizzazione, perché tutti lavorano sullo stesso design aggiornato” spiega Genouvrier.

La Human challenge inizia in salita, con il why step

In questa compenetrazione di ruoli, skill e task, la vera sfida non è tecnologica ma, ancora una volta, umana. “Tutti abbiamo paura di cambiare. È comprensibile, soprattutto se si lavora da sempre con un certo metodo che sembra diventare obsoleto improvvisamente. Prendendone atto, le aziende devono imparare a compiere il ‘why step’. Ciò significa spiegare apertamente e chiaramente perché chiedono alla propria forza lavoro un cambiamento sostanziale. Ciò vale a ogni livello e per ogni team: tutti devono essere consapevoli che le due trasformazioni, organizzativa e tecnologica, sono imprescindibili se si vuole restare competitivi in un mercato che non aspetta i tempi di evoluzione naturale di ogni dipendente”. Dopo il “perché”, arriva anche il “come”, quasi contemporaneamente. Una domanda a cui è necessario rispondere in modo esauriente e con innovazioni tecnologiche che sappiano fare tesoro della spinta al cambiamento dimostrata da ogni dipendente. Ciò significa, che portino dei vantaggi lavorativi anche al singolo, e non solo al fatturato dell’azienda”.

Abilitando con la propria soluzione di simulazione questa “human challenge”, Dassault Systèmes riesce a vedere le reazioni di ogni settore. Secondo Genouvrier infatti “Tra gli early adopter c’è sicuramente il Life Sciences. Sta affrontando una trasformazione forte, non solo dal punto di vista medico ma anche IT. È disposto a scommettere sulla doppia trasformazione, perché ha bisogno di accelerare il cambio dei prodotti da mettere sul mercato. E poi c’è l’hi tech, un settore molto sotto pressione per la miniaturizzazione, il time to market e la sostenibilità. Ha quindi un forte bisogno di velocizzare l’introduzione dei nuovi parametri ESG e di implementarli, per restare competitivo ma anche compliance”.

Una nuova generazione senza silos

Mentre cercano di vincere questa sfida intrecciata, in cui persone e tecnologie interagiscono in un delicato equilibrio di ruoli, le aziende devono affrontare anche lo skill shortage. Un’emergenza che si può in parte “tamponare” con una buona strategia di talent attraction & retention, ma non solo. Genouvrier spiega, per esempio, come le piccole e medie imprese non hanno un simulation analyst “perché per loro questa figura non è sostenibile. Servono quindi soluzioni di simulazione che possano essere utilizzate facilmente anche da altri con diverso background, in primis dai designer”.

A una tecnologia più accessibile e democratica, Dassault Systèmes affianca anche un’attività continua di formazione, a partire dalle scuole e dalle università. “Con i nostri strumenti, già come studenti si possono realizzare progetti di alto livello. Ma ciò che è ancora più importante è che si impara un modo di lavorare che non permette la presenza di silos. Quando queste generazioni entreranno nel mondo del lavoro, quindi, avranno già il mindset giusto per affrontare il futuro con il paradigma di collaborazione continua che esso richiede”.

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