La trasformazione digitale in azienda, cosa accade in Italia e nel resto del mondo

“Come sfruttare nel business il vantaggio del software: quali lezioni dai Digital Disrupters” è la ricerca, commissionata da Ca Technologies a Freeform Dynamics, focalizzata sulla Digital Transformation di vari aspetti del business, nuovi modelli di sviluppo e delivery (DevOps e le App mobili) che poi sono i motori tecnologici del trend verso il business costruito con servizi digitali.

Pubblicato il 02 Dic 2015

MicheleLamartina

MILANO – Nell’era della software economy, come sfruttarne i vantaggi ai fini di business?

Michele Lamartina, Country Leader di Ca Technologies

È il tema della ricerca, commissionata da Ca Technologies a Freeform Dynamics, su un campione di 1.442 intervistati (di cui 506 europei), presentata nel corso di un recente incontro con la stampa da Michele Lamartina, Country Leader di Ca Technologies e Vittorio Carosone, Sales & Partner Director, che è stato anche l’occasione per assistere a una tavola rotonda con i manager di alcune realtà di successo nel business digitale.

Vittorio Carosone, Sales & Partner Director, Ca Technologies

L’incontro si è focalizzato sul tema della Digital Transformation, definita dai due top manager di Ca Technologies come “l’utilizzo della moderna Ict per trasformare uno o più aspetti del business: dall’ingaggio di clienti, partner e fornitori, fino a trasformare gli stessi processi core aziendali e la stessa forza lavoro”. Una definizione con un chiaro asse operativo preferenziale: sfruttare il software come abilitatore del business.

Buon posizionamento delle aziende italiane

Figura 1 – La trasformazione digitale per le aziende intervistate. Fonte: Survey Freeform Dynamics per Ca Technologies, agosto 2015

La ricerca, conclusa a fine agosto, ha interessato un campione in 16 Paesi e 9 Settori d’industria con un mix di intervistati volutamente ‘eterogeneo e trans funzionale’: i ruoli vanno da un 31% di Cio, con 21% di It Manager e 18% di Professional It, a un 30% di figure varie non It, tra cui 9% di Business Manager e 11% di Business Professional.

Lo studio traguarda 85 aziende italiane, il 58% delle quali considera la trasformazione digitale come programma strategico coordinato, contro una media europea del 56% e mondiale del 55%) (figura 1).

Figura 2 – Iniziative digitali in corso. Fonte: Survey Freeform Dynamics per Ca Technologies, agosto 2015

Siamo “in testa” anche per quanto riguarda iniziative digitali in corso o a piano per sviluppo digitale di prodotti/servizi (88%) efficienza/efficacia della forza lavoro (81%) e integrazione con fornitori/partner (80%). (figura 2)

Sembrerebbe un bicchiere mezzo pieno, ma l’impressione è di un ottimismo non ancora sostenuto da investimenti sufficienti: il “riteniamo che per l’ingaggio del cliente e lo sviluppo del mercato sia critico investire in servizi e applicazioni a base web” è solo al 15%, mentre l’investimento in smartphone e tablet al 20%: le percentuali più basse d’Europa (figura 3).

Figura 3 – Quali tecnologie consentono un più efficace ingaggio del cliente. Fonte: Survey Freeform Dynamics per Ca Technologies, agosto 2015

In ogni caso tutti, a livello mondo, Europa e Italia, si attendono dalle iniziative digitali nuova Competitività marketing (70%) e migliori Business performance, misurabili in kpi (80%). Ma solo chi ha investito in iniziative digitali sta raccogliendo o raccoglierà crescita di fatturato (il 75% delle italiane) e maggior acquisizione o fidelizzazione di clienti (il 75-79% delle italiane).

Quale efficacia digitale

I 1442 rispondenti mondiali e i 506 Ue sono stati infine segmentati in tre fasce di diversa “Efficacia digitale realizzata” in base alle percentuali fornite nel combinato Competitività marketing e Business performance (da Ca Technologies denominato Digital Effectiveness Index) (figura 4).

Figura 4 – Segmentazione dei rispondenti in base alla loro efficacia digitale. Fonte: Survey Freeform Dynamics per Ca Technologies, agosto 2015

La prima fascia è quella dei Digital Disrupter che popolano la fascia alta del Digital Effectiveness Index e hanno già creato discontinuità sul mercato e nel proprio approccio al business. Vi appartengono 197 brand mondiali e 60 Ue, ovvero un rispettivo 14% e 12% (ma degli 85 brand italiani sono Disrupter solo un 4%). Segue la fascia dei Digital Achiever, che nel digitale fanno meglio della concorrenza, ma hanno spazi per migliorare: un altro 32% mondiale e 33% Ue. La terza è il Mainstream, i brand che ancora puntano a un business tradizionale, con il restante 54% e 55%.

Tutto il valore della ricerca Ca Technologies-Freeform Dynamics emerge a questo punto. È significativo se non estremamente convincente, il raffronto tra risultati (e pratiche per ottenerli) da parte dei Disrupter o da parte del Mainstream – o se vogliamo tra i modi di far business, digitale o tradizionale. Al punto che Ca riassume le pratiche in quelle che chiama lezioni da imparare dai Digital Disrupter.

Buone pratiche dalle esperienze dei primi Disrupter

I Digital Disrupter Ue, rispetto alla media italiana (Mainstream):

  • Ritengono che il business debba diventare App-centrico e Software driven. (52 a 17%).
  • Nel praticare il loro business si considerano ormai una software company (53 a 14%).
  • Adottano strumenti per lo sviluppo agile delle App (77% a 31%)
  • Usano metodologie Devops (70 a 28%)
  • Scelgono un approccio ‘managed’ alle Api nella creazione di applicazioni web (68 a 34%) e nelle App mobile (64 a 31%)
  • Stanziano un 36% di budget It per investire in business digitale (48% a tre anni), contro un Mainstream italiano del 26% (39% a tre anni)
  • Puntano alla ricerca di valore: 57 a 23% sono disponibili a sperimentare e fallire velocemente; e 66 a 19% a passare da cicli di prodotto fissi a innovazione continua.

I principali promotori di iniziative digitali all’interno delle aziende italiane? Sono i “team trans funzionali”, citati dal 22% del campione italiano, la percentuale più alta fra tutti i Paesi partecipanti (sorpresa). Peccato che solo il 13% delle iniziative digitali sia promossa dal Ceo o dal Board, contro un 24% di media mondiale.

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