It e Marketing verso il Digital Business

Il progetto “Dialoghi di cibo” organizzato da ZeroUno e Luoghi di Relazione giunge alla sua seconda tappa: durante il Digital Food Dinner di Parma, Cio, marketing manager e blogger si sono confrontati sul tema del marketing digitale: come cambia il ruolo dei sistemi informativi? Come evolve il consumatore? Quali strumenti possono fare la differenza in termini competitivi?

Pubblicato il 12 Mar 2014

Si è svolta di recente a Parma la seconda tappa di Digital Food Days – Dialoghi di cibo, progetto organizzato da ZeroUno e Luoghi di Relazione (associazione focalizzata sullo sviluppo di nuove idee di comunicazione) e rivolto agli addetti ai lavori della filiera agroalimentare. L’iniziativa, che prevede una serie di social eating dedicati al tema del marketing digitale, ha riunito al tavolo rappresentanti dell’It, del marketing e della comunicazione, blogger e consumatori, figure in grado di offrire prospettive differenti utili a capire come le aziende debbano muoversi nell’articolato, mondo digital per costruire un corretto approccio al mercato.

Sono tre i temi attorno a cui si è focalizzata la discussione:

Il nuovo ruolo strategico dell’It – “Il punto – esordisce Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno – è riuscire a disegnare una strategia di marketing digitale coerente superando quella discrasia oggi esistente tra reparto It e area marketing, che impedisce di andare oltre la progettualità, a macchia di leopardo, tipica delle iniziative sviluppate dalle aziende negli ultimi anni”; le competenze del Cio, ricorda Uberti Foppa, vanno infatti ormai oltre gli aspetti puramente tecnologici e includono una dimensione interpretativa delle esigenze del business che lo avvicinano agli obiettivi del marketing generando un terreno fertile di contaminazione tra i due settori. Come dice Riccardo Prampolini, Cio di Cremonini: “L’It deve essere strategico, deve partecipare al tavolo decisionale, deve suggerire e portare innovazione, dibattere su temi che non conosce, ma che può andare a esplorare, e cooperare per studiare le migliori stretegie”. Testimonianze incoraggianti non mancano: “Sono stata ospite di incontri all’interno di aziende italiane tra It, marketing e le varie figure incaricate di seguire operativamente i social; momenti di brainstorming durante i quali si decideva la strategia con cui muoversi ascoltando gli input provenienti dai vari settori”, racconta Silvia Ruffini, Foodblogger di SantaParmigiana.

Marco Rossi, It Business Process Support Director di Barilla, da un lato conferma il maggior protagonismo del ruolo del Cio in qualità di change agent dei processi aziendali, dall’altro propone di leggere il digital marketing come una funzione di transizione: “In prospettiva il marketing sarà esclusivamente digitale, non esisterà più la distinzione con il digital marketing”, il quale però, spiega Rossi, avrà avuto il pregio di far convergere verso un’unica funzione aziendale tutti i processi digitali legati al rapporto tra azienda e consumatori. Con una importante conseguenza: “l’It avrà trovato negli addetti al digital marketing un interlocutore prezioso, grazie a cui sarà stato possibile introdurre i modelli di governance dell’informatica nei processi del marketing”.

L’utente come vero patrimonio aziendale – La transizione verso un’organizzazione dei processi diversa, che favorisca il dialogo tra marketing e It, dev’essere accompagnata da una presa di coscienza da parte del management aziendale della spinta che gli strumenti digitali possono dare al business e della volontà di abbracciare logiche molto diverse rispetto a quelle che guidano il marketing tradizionale. Il consumatore, attraverso gli strumenti social, ha una facoltà di parola prima impensabile e con essa una capacità di influenza che le aziende non possono ignorare. Per questo, come ha ricordato Alberto Arcidiacono, Business Development Manager di Trnd, le aziende che hanno capito che il vero patrimonio di un’impresa è la relazione con il consumatore, cercano di coinvolgerlo perché divenga ambasciatore del prodotto, sfruttando a proprio vantaggio le dimaniche dei social stessi. “Se riesco a educare le persone al mio prodotto, le posso rendere voci della mia azienda e avrò quindi tramite loro una strada per parlare ai consumatori”, spiega Melis Yalvac, Wom Consultant di Trnd. Ma come fare a fronteggiare le critiche che inevitabilmente possono diffondersi sul web? La parola chiave è “apertura”: accettare il confronto e rispondere offrendo informazione; se necessario, persino aprendo letteralmente le porte della propria azienda per fare entrare l’utente: “Fate come ha fatto una mensa bolognese per rispondere alle ‘leggende metropolitane’ che la riguardavano: ha invitato genitori e studenti a vedere di persona come venivano preparati i pasti”, ha suggerito Ruffini.

Un processo di adattamento da parte delle aziende complesso, che ci si può predisporre ad affrontare solo se convinti del potere che gli strumenti digitali, i social in primis, hanno sul mercato. Come dice Roberto Buratti, area Sistemi Informativi e Innovazione dell’Unione Parmense degli Industriali: “Bisogna cambiare anche il linguaggio: non si deve parlare più di social media marketing, ma di social business, poiché le strategie per l’erogazione dei contenuti sui canali digitali diventano un’attività core per le aziende”.

L’analisi del sentiment – Se è l’utente al centro degli interessi di marketing e It, è inevitabile che si senta sempre più la necessità di dotarsi di strumenti di sentiment analysis capaci di offrire delle chiavi di lettura per interpretare la massa di informazioni che il web veicola: “Fino a qualche tempo fa la tecnologia non permetteva di trasformare dati destrutturati in dati strutturati, mentre oggi stanno arrivando soluzioni che svolgono questa operazione anche a fronte di investimenti ridotti” spiega Mirko Menecali, Bi & Epm manager di Sinfo One, che prosegue soffermando l’attenzione sull’utilità, per esempio, di poter individuare tempestivamente opinioni negative relative al brand per poter meglio gestire la criticità. Ma conoscere l’utente significa anche, senza andare troppo lontano, studiare meglio i propri clienti: come è stato fatto notare, disegnare una strategia di digital marketing coerente, con la partecipazione dell’It, è utile anche per gettare le basi tecnologiche che permettono di collezionare correttamente i dati che entrano nel database aziendale (ad esempio, quelli delle carte fedeltà o delle registrazioni alle aree private dei siti web), rendendoli interoperabili e utilizzabili per delle indagini interne.

Certo è che, insieme a queste nuove necessità, nasce l’esigenza di competenze specializzate in materie legate a queste neo-aree di ibridazione marketing-It. Se ne accorge chi ha già sperimentato forme di collaborazione tra questi due settori aziendali: “Il vero asset che ci si porta a casa – dice Gianluca Giovannetti, Group Cio & Business Process Director di Amadori – è la contaminazione, l’ibridazione delle risorse umane: si sono create delle nuove competenze che noi possiamo spendere, probabilmente in un futuro neanche tanto lontano, in ruoli che magari sono ancora da scrivere nell’organigramma aziendale o in figure con responsabilità di confine che oggi non è ancora chiaro a chi attribuire”.

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