Europa digitale: quale futuro? In Italia è emergenza Ict

Pubblicato il 28 Lug 2008

Un Rapporto recentemente pubblicato dalla Commissione Europea ) sul futuro dell’Europa Digitale (Preparing Europe’s Digital Future – i2010 Mid Term Review), oltre a fare il punto sul grado di penetrazione dell’Ict nei paesi membri attraverso una dettagliata analisi comparativa, riporta l’attenzione su una questione di grande importanza di cui si è persa progressivamente traccia dall’Agenda di Lisbona in poi (marzo 2000, ndr), soprattutto in Italia. La tesi ribadita ed ancora una volta dimostrata nel Rapporto è che esiste una diretta correlazione tra investimenti Ict e crescita della produttività e delle performance sia a livello di impresa che di Sistema Paese. La questione è in quale misura il differenziale di crescita del Pil e della produttività che esiste e sta aumentando tra i vari paesi dipenda effettivamente da una diversa intensità con cui l’Ict è diffusa e utilizzata al loro interno.
La presentazione del Rapporto Assinform 2008, elaborato come sempre in collaborazione con NetConsulting (http://www.netconsulting.it/), è stata l’occasione per dibattere di questi temi nelle scorse settimane. I dati che emergono sia dal Rapporto Assinform che da quello della Commissione Europea confermano, innanzitutto, il grave ritardo nella diffusione dell’Ict in Italia rispetto ai maggiori paesi europei. L’incidenza della spesa It sul Pil è cresciuta di 2 decimali, dall’1,5% all’1,7% negli ultimi 10 anni in Italia, di 1 punto percentuale in Giappone e di circa mezzo punto in tutti gli altri maggiori paesi, in particolare nel Regno Unito (dal 2,9% al 3,5%), in Germania (dal 2,4% al 2,9%) e in Francia (dal 2,3% al 3,1%).
Questi divari sono ancora più evidenti se si utilizzano indicatori quali, ad esempio, la spesa It pro capite, che risulta essere di 1.478 euro negli Stati Uniti, di 1.023 euro nel Regno Unito e di soli 346 euro in Italia, o il numero di Pc per abitante (120 Pc ogni 100 abitanti negli Stati Uniti, contro 47 Pc in Italia).
Ma i gap più consistenti, in grado di rappresentare la dimensione reale del ritardo del nostro Paese, sono relativi non tanto alla diffusione quanto all’intensità di utilizzo dell’Ict ed alla capacità che la popolazione ha di farlo.
Su quest’ultimo punto il Rapporto della Commissione Europea evidenzia come la quota di popolazione con nessuna capacità di utilizzo di Internet, una sorta di analfabetismo informatico, sia del 56% in Italia, contro una media del 40% in Europa, del 26% in Germania e del 22% in Svezia.
Questo ritardo è probabilmente spiegato dall’elevata età media della popolazione nel nostro paese e dalla presenza di numerosi nuclei familiari il cui capofamiglia ha un’età superiore ai 65 anni, ma è altrettanto probabile che dipenda anche dallo scorso utilizzo che viene fatto nelle scuole per la didattica in classe.
In termini di utilizzo di servizi on line l’Italia si posiziona in fondo alla classifica, sia per quanto riguarda l’eGovernment che l’eBanking e l’eCommerce (vedi figura 1).

Figura 1
Utilizzo di servizi on-line nei principali paesi (2007)
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Fonte: Commissione Europea – i2010-Annual Information Society Report 2008

Vi è un ultimo fattore di ritardo da considerare, e cioè che, a fronte di una domanda debole e spesso scarsamente strategica come è quella che Pa e piccole e medie imprese hanno espresso in questi anni, più orientate alla ricerca del miglior prezzo che della migliore qualità, anche il sistema dei fornitori si è indebolito, essendo anch’esso composto in prevalenza da  imprese di dimensioni ridotte, che non hanno grandi risorse da investire in R&d e che fanno fatica ad essere presenti sui mercati internazionali a più elevate opportunità, nelle quali il livello medio delle tariffe risulta più alto.
L’incidenza dell’export di prodotti Ict sul totale è, ad esempio, del 3,8% in Italia, contro il 13,5% nel Regno Unito e la presenza diretta di aziende italiane dell’Ict sui mercati esteri è diminuita dal 2001, invece che aumentare. Questo insieme di ritardi disegna un gap complessivo che ha un impatto molto negativo sulle performance di crescita del nostro paese.
A conferma della tesi sostenuta nel Rapporto della Commissione Europea, la correlazione tra la crescita cumulata degli investimenti It e della produttività in alcuni grandi paesi dal 2000 al 2007 evidenzia come l’Italia si posizioni a grande distanza da paesi virtuosi, quali il Regno Unito e gli Stati Uniti, ma anche dalla media europea (vedi figura 2).

Figura 2
Crescita cumulata degli investimenti IT e della produttività nei principali paesi
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Fonte: Assinform/NetConsulting su dati Commissione Europea ISTAT

L’Italia ha investito meno ed ha speso meno in It rispetto ad altri paesi; la sua economia è cresciuta meno e le imprese hanno realizzato guadagni di efficienza e produttività riducendo i costi e aumentando il numero di ore lavorate piuttosto che investire in Ict. In altre parole, l’Italia è cresciuta senza sfruttare l’apporto dell’Ict che, al contrario, è stato molto intenso negli altri paesi.
Questo scenario porta a concludere che nel nostro paese esiste una sorta di emergenza Ict che deve cominciare ad essere sanata attraverso un’accelerazione ed un aumento della diffusione dell’Ict e di un suo utilizzo più intensivo e strategico da parte sia delle imprese che della pubblica amministrazione.
Occorre che le imprese italiane capiscano che le sfide che hanno di fronte possono essere vinte solo con innovazioni che facciano leva sulle tecnologie Ict.
Occorre aiutare e supportare le imprese del made in Italy, ma le Pmi in generale, ad utilizzare di più e meglio gli strumenti che  l’Ict può apportare e renderli funzionali ad innovazioni di tipo strutturale e a un modo diverso di fare impresa.
Occorre accrescere l’adozione e l’utilizzo dell’Ict presso gli individui e le famiglie, aumentando il loro grado di alfabetizzazione informatica, estendendo gli accessi a banda larga alle aree svantaggiate, attivando nuovi servizi on line di effettiva utilità e facilmente accessibili per i cittadini.
Siamo, in definitiva, tutti chiamati a fare un grande sforzo che, prima ancora di essere economico, è fondamentalmente di tipo culturale.

* Giancarlo Capitani è amministratore delegato della società di ricerche NetConsulting, tel 02.4392901, capitani@netconsulting.it

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