Continuiamo così! Facciamoci del male!

Pubblicato il 10 Nov 2010

stefanoubertifoppa70

Con il difficilissimo obiettivo di garantire equilibrio di giudizio, evitare demagogia e populismo, ci apprestiamo con questo editoriale a dare il nostro piccolo contributo al dibattito sulla necessità della ripartenza del Paese. Naturalmente guardando il fenomeno dalla prospettiva di una rinnovata capacità di innovazione di prodotto, di servizio da parte delle imprese, ma anche, più in generale, sociale e culturale attraverso un ruolo di supporto e di traino dato dalla tecnologia Ict. Lo facciamo prendendo spunto da alcuni dati emersi dall’ultimo Rapporto Assintel 2010, presentato poche settimane fa a Milano e a Roma, rapportandoli alle risposte provenienti dal quadro politico e governativo italiano e agli andamenti di ripresa, o quantomeno di preparazione alla ripresa a seguito di alcuni segnali confortanti, in atto a livello europeo e mondiale.
In perfetto stile provinciale italiano, cioè “quanto è bello occuparsi del nostro piccolo cortile”, va riportato, per dovere di cronaca, che Assintel rilancia, a premessa della disamina del proprio lavoro di ricerca svolto in collaborazione con Nextvalue, la ormai stucchevole (e ripetuta) polemica da tempo in atto con Assinform, della serie “i miei dati sono più esatti dei tuoi”. Ma, tralasciando questo aspetto, la sostanza non cambia: il mercato Ict italiano è in contrazione, anche se esistono timidi segnali di inversione di tendenza che porteranno gli investimenti It più allineati al concetto espresso in tempi non sospetti (almeno un paio di anni fa) da Gartner, quello cioè di una “nuova normalità (economica)”. In pratica si tratta di una fase di sviluppo competitivo post-crisi, nella quale la complessità e la continua variabilità dei mercati e degli andamenti economici mondiali non consentiranno più tassi di crescita importanti, piuttosto determineranno un’operatività delle aziende che a livello di investimenti (anche Ict) dovranno allinearsi a valori da economie mature e non più in fase di grande sviluppo. In ogni caso, in questa nuova normalità, tutte le opportunità di business potranno essere sfruttate da aziende con modelli organizzativi e tecnologici flessibili, pronte a cogliere tutte le occasioni e spazi di mercato che via via si presenteranno.
Nonostante queste previsioni di crescita di mercato su valori da economie mature, i dati della spesa italiana in It complessiva prevista per il 2010 da Assintel sono decisamente bassi e probabilmente risentono ancora della “lunga coda” della crisi degli ultimi anni: -7,6% su base annua al netto dei fenomeni inflattivi (Assinform ha rilasciato poco tempo fa i dati registrati nel primo semestre 2010 per l’It italiano, con un – 2,5%, dato positivo se consideriamo il – 9% del primo semestre 2009 e con previsioni di chiusura 2010, sempre negative, ma che si attestano su base annua al – 2,7%, da qui la polemica Assintel sui dati). Un mercato, quindi, di acquisto tecnologico asfittico, che dovrà saper invertire la tendenza al mutare del contesto economico internazionale, allineandosi alle risposte infrastrutturali e normative che altri paesi già si stanno dando. Un paio di veloci considerazioni sulle cause di previsioni così negative Assintel: brusco rallentamento del comparto dell’Hardware e dell’Assistenza Tecnica, dovuto alla concomitanza di due fattori: il calo dei prezzi (al quale si associa in modo quasi lineare una riduzione dei canoni di assistenza) e la contrazione degli acquisti, dovuta sia alla necessità di restare in dimensioni di budget It inferiori rispetto al passato sia a progetti di consolidamento e virtualizzazione che inevitabilmente impattano sulla diffusione delle diverse piattaforme hardware. Previsioni di crescita, invece per il software (+2,7%) e conferma della contrazione dei Servizi (-3,8%) a causa di almeno tre effetti combinati: un surplus di offerta, lieve contrazione della domanda ma soprattutto la “piaga” del downpricing delle tariffe professionali.
Nel dato generale di contrazione prevista per la spesa It 2010 in Italia, va d’altro canto tenuto anche presente che se le imprese decidono di investire di meno in tecnologia, ciò potrebbe non significare per forza solo paura e staticità, ma anche l’avvio di una razionalizzazione di spesa basata sul concetto di “spendere meno ma spendere meglio”, con processi di ottimizzazione che intervengono sulle stratificazioni hardware e software determinatesi negli anni da politiche di “acquisto e vendita selvaggi” nei sistemi informativi. Inoltre si sta avviando al contempo un percorso di innovazione architetturale e di rimodellazione dei sistemi informativi allo scopo (e il fenomeno cloud emergente potrebbe esserne una conferma) di poter connotare l’It aziendale di quella capacità di risposta di valore di business, di elasticità al variare della domanda e di traino verso nuovi modelli competitivi, che si richiede proprio alla funzione It nella sua nuova dimensione di vicinanza alle strategie e ai nuovi business model dell’impresa.

Figura 1 – Italia vs. altre economie
(cliccare sull'immagine per visualizzarla correttamente)

Se quindi, da un lato, le aziende cercano di mettere mano al disordine che hanno in casa per contenere i costi e creare nuova efficienza, dall’altro rischiano comunque di non essere in grado di produrre vera innovazione perché il livello di spesa in tecnologia Ict è pericolosamente in contrazione e soprattutto perché nella competizione sui mercati globali, spesso le imprese estere hanno livelli di integrazione business-Ict (Forrester definisce questa integrazione con il concetto di Business Technology) ben superiori ai nostri, considerando inoltre la dimensione medio-piccola delle imprese manifatturiere italiane, ancora poco propense a investire nell’Ict come leva di innovazione.
Se rapportiamo poi questa dinamica di spesa alla capacità di crescita del Paese Italia, lo scenario è ancora più preoccupante, per due motivi: il primo fotografa il punto di partenza ed è legato alla relazione tra investimenti It e Pil. È ormai assodato lo stretto rapporto esistente tra livello di investimento in tecnologie informatiche e Prodotto interno lordo. Laddove esistono investimenti in Ict elevati, più elevato è anche il risultato del Pil ottenuto; laddove invece le dinamiche di spesa sono basse, anche il Paese, in termini di Pil prodotto e quindi di produzione di ricchezza spesso legata alla capacità di innovazione, si trova nelle posizioni più arretrate. Il secondo motivo è necessariamente di ordine politico. E qui, cercando di essere pacati ed equilibrati, inizia la parte difficile. Fra qualche mese forse, come sempre accade a noi italiani, avremo dimenticato tutto. Ma fissiamo la situazione politica nella quale oggi, novembre 2010, ci troviamo. Così Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria: «…Si provano sensazioni forti di amarezza ad assistere, ormai da settimane, a uno spettacolo di accuse, insulti, minacce, dossier. Lo abbiamo deprecato quando a usarlo furono settori dell’opposizione, lo deprechiamo oggi nel vedere questi strumenti usati all’interno della maggioranza. È una situazione indecorosa e non può continuare: adesso basta. Tutti i leader responsabili, di maggioranza e opposizione, devono lavorare per il ritorno, urgente, a un clima di rispetto e serietà istituzionali». È lo stralcio di un’intervista rilasciata al direttore del Sole 24 Ore lo scorso 13 agosto, e il riferimento era soprattutto alla ben nota questione della “Casa di Montecarlo”. Ma ancora una citazione, sempre di Marcegaglia, questa volta al convegno di Confindustria dei Giovani Imprenditori di pochi giorni fa (fine ottobre) a Capri: «C’è uno smarrimento forte nel paese, una mancanza di fiducia. È necessario ritrovare il senso delle istituzioni e della dignità. Il Parlamento non funziona più, manca ancora il presidente della Consob. Siamo alla paralisi…Sono mesi, dopo ogni gossip e ogni dossier, che facciamo richiami alla serietà….». E questa volta il riferimento è alla chiacchierata vita privata del premier, che ha scatenato in Parlamento e sui principali media del Paese un dibattito, diventato subito politico, di scontro tra le forze della maggioranza e tra questa e l’opposizione, con il risultato, devastante, di bloccare ogni iniziativa di riforma e di messa a punto delle linee economiche guida del Paese; proprio nel momento in cui gli altri Stati stanno ripartendo. Sì, perché come anche spiegato nel report Assintel, stiamo ormai consolidando un’Europa a due velocità, pur all’interno di un andamento europeo rallentato per il quale l’Fmi (Fondo Monetario Internazionale) prevede un Pil di circa l’1% nel 2010 contro il + 2,4% del Giappone, il + 3,3 del Nord America, per non parlare del +9,4% e del +10,5% di India e Cina.

Figura 2 – Confronto dei tassi di crescita annuali dell'It nei principali Paesi
(cliccare sull'immagine per visualizzarla correttamente)

All’interno della crescita di Eurolandia dell’1%, siamo senz’altro nel gruppo dei paesi periferici, quelli, per intenderci, con i conti pubblici non in ordine, con problemi strutturali e di rilancio ai quali non si contrappongono strategie di politica economica perché non soltanto di difficile attuazione ma, come purtroppo accade nel nostro caso, nemmeno parte di un dibattito politico che porti alla definizione di un quadro di riferimento all’interno del quale le imprese possano muoversi e investire (“Nonostante numerose iniziative, l’innovazione non è nel lessico né nel pensiero del Governo” ha dichiarato, un po’ sconsolato, Giorgio Rapari, Presidente Assintel). Di cosa stiamo parlando? Di stabilità politica, di riforme pluriennali, di reale flessibilità del mercato del lavoro, di detassazione degli utili reinvestiti. Ma anche di migliore accesso al credito, di una pubblica amministrazione che non paghi a 365 giorni e di un governo che ponga al centro della propria azione e della propria politica economica non soltanto il taglio e il controllo dei costi (come efficacemente ha finora fatto il ministro Tremonti) ma piani di sviluppo strutturali legati al mondo del lavoro, alla scuola, alla ricerca e alla formazione. Una politica economica di rilancio infrastrutturale del Paese, con un sistema di supporto finanziario in grado di favorire l’innovazione di impresa. Nessuno dice sia un compito facile, ma, poiché altri lo fanno… “si/può/fare”. Non c’è però più molto tempo per attendere quell’insieme di interventi-quadro che possa trasformare in una reale leva di sviluppo economico e sociale, anche con l’aiuto dell’Ict, le enormi competenze e le conoscenze presenti nel nostro Paese. Se non capiamo, nell’azione concreta politica e di governo, questo punto…“Continuiamo così, facciamoci del male!”

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