Vita da CEO

Ambizione e umiltà. Per Fabio Spoletini (Oracle) non sono in antitesi

La lunga carriera in Oracle, ricoprendo diversi ruoli, gli ha consentito di scegliere chi e come essere oggi. Fabio Spoletini, Country Manager di Oracle Italia, definisce il suo stile di leadership destrutturato ma molto focalizzato e con una profonda rispettosità verso le persone. Si racconta a ZeroUno in questa intervista per la nostra rubrica “Vita da CEO”.

Pubblicato il 23 Gen 2020

illustrazione Spoletini

Da ventuno anni in Oracle, Fabio Spoletini, Country Manager Oracle Italia e Senior VP Technology per Sud-Europa, Russia & Paesi CIS, ha ricoperto diversi ruoli in azienda e vissuto in prima persona le diverse fasi che Oracle ha attraversato, da quelle di crescita a quelle di sfida. È convinto che “a fare la differenza” siano le persone.

«Oracle è una grande azienda con un certo livello di sofisticatezza organizzativa che però non incide negativamente sulle performance di business. Anzi, se guardo alla country italiana, vedo il suo peso a livello internazionale e i suoi risultati positivi, testimonianza a mio avviso dell’impegno di persone che lavorano con molta passione, riuscendo a fare cose interessanti per le aziende e per il mercato italiano», è la prima “confessione” che ci fa Spoletini durante un incontro organizzato ad hoc per questa intervista della nostra rubrica “Vita da CEO”.

Nel suo lungo percorso in azienda Spoletini ha avuto la possibilità di confrontarsi con diversi colleghi e capi, da cui ha “attinto” fino a quando ha capito e deciso chi e come voleva essere, ci confessa lui stesso. «Non significa che non si ha più nulla da imparare, ma cambiano le modalità con le quali ci si confronta con gli altri», precisa Spoletini. «Io oggi so come voglio essere nel mio ruolo di Country Manager e so come voglio gestire le persone».

Rispetto e nessuna gerarchia nel confronto

ZeroUno: Qual è oggi il tuo personale modo di essere CEO? Come definiresti la tua leadership?

Spoletini: In un’azienda strutturata come la nostra le gerarchie ci sono, ma a mio avviso devono passare in secondo piano quando ci si apre al confronto con gli altri. Credo che le persone debbano avere possibilità e spazi per esprimersi liberamente, indipendentemente dal ruolo che ricoprono. Questo vale prima di tutto per me: se si lavora in team non esiste un capo o una figura migliore di un’altra, si lavora per dare, ciascuno, il meglio di sé.

Definirei il mio stile di leadership un po’ …“destrutturato” – non mi piace essere incastrato in approcci e modalità predefinite, né di ruoli né di azioni – ma con un’attenzione particolare alle cose che si fanno. Sono una persona estremamente focalizzata: non mi importa fare tante cose contemporaneamente, preferisco farne poche ma al meglio.

Terzo “ingrediente” è il rispetto, verso gli altri ma anche verso l’azienda: non gradisco le persone che non portano rispetto non solo verso gli altri ma anche verso l’azienda e verso quello che deve rappresentare verso i clienti, i partner, il mercato.

Penso tra l’altro che un modello di leadership più aperto rispetto a modelli gerarchici del passato e più orientato al “confronto alla pari” non sia più un’opzione; con i giovani che entrano in azienda è l’unica via possibile per motivarli, stimolarli, trattenerli. Sono convinto che l’effetto positivo si trasmetta poi a tutte le generazioni: sentirsi parte di qualcosa di importante è stimolante e crea energia positiva e pervasiva. Ciò che serve a mio avviso per “fare bene le cose”.

foto di fabio spoletini di oracle
Fabio Spoletini, Country Manager Oracle Italia e Senior VP Technology per Sud-Europa, Russia & Paesi CIS

CEO, e chi se lo aspettava?

ZeroUno: Com’è stato il tuo “passaggio” verso il ruolo da numero uno?

Spoletini: Quando ho assunto il ruolo di Country Manager in Italia ho pensato che chi avesse deciso per questo mio “salto” di carriera fosse un pazzo. All’epoca gestivo un team di una decina di persone ma il responsabile della “Region”, un manager olandese, ritenne fossi adatto a prendere le redini dell’Italia. Io non ero preparato, ritenevo di non avere ancora lo standing e la “corazza” giusta per poterlo fare; non mi sentivo pronto all’ampiezza del ruolo.

Spoletini si lascia così andare al racconto del suo primo anno da Country Manager: un anno difficile nel quale è però riuscito a capitalizzare “vecchie” esperienze, come il lungo periodo passato a Dublino in giovane età, nonché a interiorizzare aspetti della leadership facendo tesoro di relazioni vissute con precedenti capi, per cui nutre tutt’oggi profonda stima. «Sono stati dodici mesi durissimi», confessa senza timore Spoletini.

ZeroUno: Come sono oggi le tue giornate e la tua “Vita da CEO”?

Spoletini: Ho sicuramente un’agenda molto strutturata – seguendo diversi Paesi ho un dovere di governance senza la quale sarebbe difficile declinare strategia, roadmap ed obiettivi della Corporation sulle singole nazioni. Questo però convive con quell’approccio destrutturato a cui accennavo prima, che mi consente di mantenere forte il contatto con il mercato e con i clienti.

Sono molto coinvolto nel business, e la cosa che più mi soddisfa è riuscire a trasmettere la strategia di Oracle ai clienti e di poterle dare forma attraverso progetti e sfide che mi permettono di interagire con i vari team e di rimanere a stretto contatto con le aziende nostre clienti.

ZeroUno: Come riesci a conciliare l’impegno professionale con la vita privata e familiare?

Spoletini: Oltre al lavoro c’è la famiglia, ma in un contesto così frenetico non c’è spazio per altro. Riesco a fare sport, pur con la “vita da hotel” che faccio, perché fortunatamente c’è sempre una palestra dove riuscire a fare un po’ di attività fisica.

Ho tre bambini piccoli (6, 9 e 10 anni) che mi danno tantissima energia perché quando sto con loro dimentico il cloud, la tecnologia… sapendo poi che oggi sono bombardati dal digitale anche in tenera età, quello che cerchiamo di fare mia moglie e io è “tornare ai basics”, cioè passare con loro del tempo all’aperto, giocando e passeggiando. Ci piace molto stare insieme al mare, sulla spiaggia.

Da ultimo, ho iniziato da poco ad appassionarmi al kitesurf.

illustrazione Spoletini
Fabio Spoletini, Country Manager Oracle Italia e Senior VP Technology per Sud-Europa, Russia & Paesi CIS. Illustrazione di Elisa Vignati

Ambizione e umiltà, insegnare ai ragazzi che il binomio è possibile

ZeroUno: Se dovessi dare oggi qualche “suggerimento utile” ai giovani che si avvicinano ora al mondo del lavoro, cosa ti sentiresti di dire loro?

Spoletini: Avere ambizione, senza però mai perdere l’umiltà.

Nella mia vita professionale ho visto moltissime persone valide “perdersi” a causa dell’ego eccessivo. Essere ambiziosi non deve tradursi in egocentrismo, sapere cosa si vuole e dove si vuole arrivare è importante perché dà la spinta e la motivazione corrette. È però importante essere sempre coscienti di dove si è e con chi si ha a che fare: pensare di essere migliore degli altri e non portare rispetto non significa essere ambiziosi ma solo essere arroganti. L’ambizione può – e a mio avviso, deve – essere accompagnata dall’umiltà.

La consapevolezza delle proprie ambizioni e l’approccio umile verso gli altri – che non significa essere sempre accomodanti o eccessivamente gentili, ma franchi, autentici e rispettosi – sono ciò che consentono al singolo di diventare un team leader.

Credo che siano delle soft skill che si possono coltivare con l’esperienza, che non significa solo con la carriera, anzi… viaggiare, entrare in contatto con culture differenti, lavorare in contesti diversi e con persone provenienti da tutto il mondo sono esperienze che aiutano moltissimo a formare il carattere e l’approccio verso gli altri e verso il lavoro.

L’esperienza che ho vissuto da giovanissimo a Dublino, ad esempio, mi ha permesso – oltre che di imparare bene l’inglese, ormai fondamentale in ogni lavoro e ancor di più nel nostro settore, per avere opportunità – di guardare l’Italia da fuori, di mettermi in discussione e di confrontarmi con persone e culture differenti. E’ stata un’esperienza che mi ha aiutato ad avere più chiara la mia strada, la mia ambizione, e che mi ha dato tantissimo anche dal punto di vista delle relazioni umane.

Penso che ogni giovane debba oggi mettere “a calendario” un’esperienza di lavoro all’estero per capire davvero (fisicamente, e non solo virtualmente, attraverso social e web) cosa c’è fuori dai propri confini conosciuti.

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