Vita da CEO

Federico Della Casa (Salesforce): “Per innovare bisogna ripensare il ‘why’ dell’azienda”

Il country leader di Salesforce si racconta in un’intervista dove, insieme al suo stile di management, spiega la sua idea di innovazione: “C’è un grande lavoro intellettuale per ripensare il “why”, il valore dell’azienda, è lì che bisogna riportare il pensiero … la vera innovazione, l’idea rivoluzionaria risiede nella definizione del valore aziendale”

Pubblicato il 16 Gen 2020

illustrazione Federico Della Casa Salesforce

Un po’ anarchico, talvolta poco “attento” alla gestione delle relazioni interne con il top management ma molto focalizzato su quelle con i collaboratori. Ama incontrare i clienti, anche perché curioso di “come si strutturano le organizzazioni, come definiscono i loro processi”, e il rapporto con i giovani per cui si definisce “un ottimo consigliere di adolescenti in crisi”. Federico Della Casa, sposato, 53 anni, è Country Leader Salesforce per l’Italia da novembre 2014, sostiene varie associazioni no profit, è appassionato di psicologia e neuroscienze, ciclismo e sci e si racconta in questa intervista rilasciata a ZeroUno.

ZeroUno: Come riesce a conciliare la vita privata con quella professionale?

Federico Della Casa: La mia settimana è divisa tra le sedi di Milano e Roma, sono in ufficio alle 8.30 e poi è un alternarsi di incontri, riunioni, appuntamenti fino alle 19. Nel limite del possibile cerco di ritagliarmi del tempo per palestra o piscina.

Come ho letto in un libro di Arundhati Roy “oggi il vero lusso è il tempo” e vorrei avere più tempo per tante altre cose che amo, ma riesco comunque ad avere un buon equilibrio tra la mia vita professionale e quella privata e quindi va bene così.

ZeroUno: Quali sono le principali caratteristiche del suo stile di management? Come gestisce la relazione con i collaboratori?

Federico Della Casa: In Salesforce spendiamo molto tempo nel reclutamento delle persone, quindi quando entrano a far parte della nostra struttura vuol dire che siamo proprio convinti si tratti della persona giusta. E in effetti le statistiche ci danno ragione dato che abbiamo, considerato il settore in cui operiamo, una employee attrition [percentuale di lavoratori che lasciano volontariamente l’impiego ndr] molto bassa, intorno al 3,5%. Partendo quindi dall’assunto che ritengo di essere circondato dalle persone migliori possibili, quello che, in primis, governa la mia relazione con i collaboratori sono la sincerità e la trasparenza: dico quello che penso e faccio quello che dico. Quello che poi l’esperienza mi ha insegnato è la consapevolezza che bisogna convivere con il fatto che, prima o poi, anche il più competente e capace farà un errore; quindi o ti metti in una posizione di supercontrollo, ma non riuscirai mai a controllare tutto, soprattutto in una realtà come la nostra che va velocissima, oppure convivi con questa consapevolezza.

Un altro aspetto fondamentale è mettere i collaboratori nelle condizioni per lavorare al meglio. Per questo cerco sempre di pensare a cosa poter fare per semplificare loro la vita, a come mantenere un equilibrio organizzativo sano che nel contempo liberi il tempo di queste persone; un tempo che può così essere dedicato ai clienti, in relazioni che sono il vero valore per la nostra azienda. Devo dire che a volte arrivo anche ad eccedere in questa ricerca di semplificazione.

Federico Della Casa Salesforce foto
Federico Della Casa, Country Leader Salesforce per l’Italia

ZeroUno: E il rapporto con la Corporation? Ma, soprattutto, come è vista l’Italia dal top management di Salesforce?

Federico Della Casa: L’Italia oggi è vista come la Firenze del Rinascimento: siamo in un periodo di grazia, con una crescita sostenuta e una customer satisfaction molto alta rispetto agli altri paesi. Ci piace raccontare le storia dei nostri clienti e quelle italiane sono sempre molto interessanti: a volte lo sono per dimensioni, come il caso di Enel, altre per l’etica, come quella di Brunello Cucinelli, altre ancora per l’approccio sociale, come Gucci; sono storia di tecnologia di frontiera, come il caso dell’utilizzo della blockchain in Lamborghini. Quindi la considerazione nel management in USA nei nostri confronti è molto alta, tant’è che l’unico evento extra USA dove ha partecipato il nostro co-CEO Keith Block è stato l’edizione milanese di Salesforce Basecamp, durante la quale si è trovato a parlare a una platea di 4.000 persone, toccando quindi con mano il seguito dell’azienda nel nostro paese.

Naturalmente non ci illudiamo che questo stato di grazia continui in eterno, ma questo è decisamente un periodo favorevole.

ZeroUno: Oltre all’ormai famoso modello 1-1-1 di Marc Benioff (1% delle ore lavoro dei dipendenti dedicato ad attività di volontariato; 1% del capitale azionario devoluto in donazioni; 1% nostre soluzioni utilizzato gratuitamente da associazioni no profit), Salesforce ha una particolare attenzione nei confronti della società. Quanto si riconosce nella filosofia aziendale?

Federico Della Casa: Salesforce è un’azienda intellettualmente onesta, che fa di tutto per non nuocere alle persone e che si fonda su concetti etici e sociali molto forti. Oltre al modello 1-1-1, voglio ricordare i 4 valori fondamentali sui cui basa la propria strategia: fiducia, successo dei clienti, innovazione e uguaglianza. Non è necessario che io mi riconosca in questi principi e in questa strategia perché, per tutta una serie di coincidenze, Salesforce è tutto quello che sono io; non faccio alcuno sforzo per identificarmi perché a me interessano moltissimo le persone e questa azienda mette davvero le persone al centro.

È quindi tutto molto armonico. Certo, nessuna azienda è perfetta, ma Salesforce si sforza genuinamente di esserlo.

ZeroUno: E con i clienti? Ha una relazione diretta?

Federico Della Casa: Si, certo, anche se meno di quanto vorrei: mediamente incontro 3 – 4 clienti alla settimana e un paio di partner.

Una relazione nella quale mi sento tranquillo dato che i nostri prodotti funzionano benissimo e poi, come dicevo mi interessano molto le persone, sono curioso di come si strutturano le organizzazioni, come definiscono i loro processi quindi mi piace molto incontrare i clienti. E anche questo approccio si sposa benissimo con l’impostazione aziendale perché io non ho mai visto un’azienda così orientata a far in modo che i clienti possano realmente beneficiare dei nostri prodotti.

ZeroUno: L’ha citata poco fa come uno dei 4 principi aziendali, ma cosa significa per lei innovazione?

Federico Della Casa: Ripensare il “why” dell’azienda. Mi spiego. Negli anni ’90 c’è stato un importante cambiamento portato dalla globalizzazione che ha avuto un grande impatto sui sistemi informativi aziendali aumentandone la complessità, ma dal punto di vista della relazione con i clienti non ci sono stati grandi cambiamenti. Negli ultimi 6-7 anni c’è invece stata un’accelerazione enorme, uno stravolgimento del mercato con aziende molto grandi che si trovano a essere insidiate o superate da piccole realtà più veloci e innovative che hanno rivoluzionato il modo di fare business.

Apple è un esempio eclatante: il suo “why” era fare cose rivoluzionarie; il suo “how” è stato farlo realizzando prodotti completamente nuovi, ma molto semplici da usare e accattivanti; il suo “what” è stato produrre smartphone, iPad, iMac ecc. Quest’ultimo è l’aspetto meno importante.

C’è un grande lavoro intellettuale per ripensare il “why”, il valore dell’azienda , è lì che bisogna riportare il pensiero perché le nuove tecnologie possono dare un grande contributo all’“how” aiutando ad aumentare l’efficienza ecc. e al “what” supportando lo sviluppo di prodotti con nuove funzionalità ecc. Ma la vera innovazione, l’idea rivoluzionaria risiede nella definizione del valore aziendale per questo le aziende devono staccarsi dal loro “what” altrimenti non faranno altro che produrre gli stessi prodotti e servizi, magari più efficienti, ma non innovativi.

Certo, per farlo ci vuole tempo e bisogna rischiare. È molto più comodo fare quello che si è sempre fatto e cercare di migliorarlo, invece il momento di grande innovazione sta proprio nel pensare a un nuovo valore che l’azienda deve avere: questo è quello che cerchiamo di fare con i nostri clienti, la nostra ambizione è proprio quella di spingere i clienti fuori dalla loro comfort zone per esplorare nuove frontiere innovative.

illustrazione Federico Della Casa Salesforce
Federico Della Casa, Country Leader Salesforce per l’Italia. Illustrazione di Elisa Vignati.

ZeroUno: Ricorda un momento particolarmente entusiasmante della sua carriera professionale?

Federico Della Casa: Ne ho due che sono praticamente a pari merito. Il primo è il giorno in cui sono passato dalla borsa di studio alla Walt Disney all’assunzione. Ero un super fan della Walt Disney ed era un po’ il mio sogno lavorare lì, per cui quando dalle risorse umane mi hanno dato la lettera di assunzione non ci potevo credere, ero veramente felicissimo.

L’altro è proprio questo periodo di grande soddisfazione in Salesforce dove tutto sta andando molto bene e si concretizza il lavoro fatto.

ZeroUno: E, al contrario, uno dei più difficili?

Federico Della Casa: È stato qualche anno fa: nel 2008 ero country leader in Cognos, un’azienda che avevo fatto crescere in Italia quando fu acquisita da IBM. Con il massimo rispetto, quello non era il mio ambiente per cui, contro il parere di tutti, ma soprattutto della mia famiglia, decisi di lasciare il posto da dirigente che avevo e di aprire una mia software house. È andato tutto bene, ma nonostante questo lo ricordo come un momento difficile perché non mi piace fare scelte importanti da solo, contro il parere delle persone che mi sono vicine.

ZeroUno: Infine, cosa consiglierebbe a un giovane che deve decidere cosa “fare da grande”?

Federico Della Casa: Bisogna fare un distinguo importante e questo lo dico sempre ai ragazzi che incontro: se un giovane ha una passione chiarissima che può trasformarsi in un lavoro deve seguirla: la passione governa l’intuito, l’intuito governa la fortuna e la fortuna governa il successo. Ma le persone che hanno questo tipo di vocazione sono pochissime, gli altri “comuni mortali” devono trovare un equilibrio tra quello che interessa loro e quello che permetterà di avere una carriera; è chiaro che in questo caso bisogna scendere a compromessi e 19 anni non è certo l’età in cui si ama scendere a compromessi. Studiare legge o scienze politiche sono tutte cose intellettualmente molto interessanti, ma dal punto di vista lavorativo danno minori prospettive rispetto a facoltà scientifiche. Tutto il mondo sta diventando tecnologia, la tecnologia pervade ogni cosa e quindi è chiaro che se ci si laurea in matematica, fisica, ingegneria, le prospettive sono molto diverse e un lavoro si trova certamente.

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