Grazie all’implementazione degli smart contract in una blockchain può essere possibile avere visibilità in tempo reale di ogni passo compiuto dai prodotti all’interno di una catena di fornitura: i dispositivi IoT possono registrare ogni passaggio del prodotto, dalla fabbrica del fornitore agli scaffali del supermercato del distributore; grazie agli smart contract, l’ordinazione e la consegna del prodotto viene registrata sulla blockchain che, sempre eseguendo uno smart contract, può provvedere alla fatturazione e al conseguente pagamento (figura 1). Stiamo parlando in questo caso di blockchain privata (permissioned).
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I vantaggi sono molteplici. Prima di tutto quello della semplificazione e automazione delle procedure di carico/scarico della merce e di fatturazione e pagamento; in secondo luogo grazie alle caratteristiche di immodificabilità e tracciabilità delle operazioni all’interno di una blockchain, gli attori della supply chain hanno la certezza che ogni transazione effettuata non subisca modifiche e che il percorso di ogni prodotto è perfettamente identificabile, vanificando ogni tentativo di contraffazione. Non bisogna dimenticare infatti che ogni prodotto che richiede la necessità di tracciarne il ciclo di vita, dai più preziosi come i diamanti a quelli più comuni e diffusi, come può essere una marmellata biologica, può essere soggetto a contraffazione o frode.
Nell’ambito della supply chain, le sperimentazioni iniziano a essere ormai numerose; riportiamo alcuni esempi evidenziando come questi progetti siano per il momento focalizzati più sulle opportunità offerte da questa tecnologia sui temi della tracciabilità e della trasparenza che non su eventuali risparmi di costi dovuti all’automazione di alcuni processi.
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Diamanti e vino pregiati: come essere sicuri della loro provenienza?
Nel mercato dei diamanti, il costo annuale per le assicurazioni di truffe, frodi e furti è stimato in circa 50 miliardi di dollari essendo estremamente difficile, se non impossibile, dimostrare con assoluta certezza la provenienza dei singoli diamanti e la storia del loro passaggio di proprietà. La startup londinese Everledger, nata nel 2015, ha sviluppato una soluzione basata su smart contract inseriti in una blockchain privata (aperta agli inquirenti, alle aziende coinvolte, alla decina di società certificatrici di diamanti che hanno aderito e relativa solo alle pietre di nuova produzione) che certifica il ciclo di vita dei diamanti. Il database distribuito di Everledger contiene più di 1 milione di diamanti tutti radiografati in 3D da più prospettive (una quarantina di punti), digitalizzati e schedati in modo da non poter essere contraffatti: per ogni gemma è disponibile una carta d’identità digitale che ne certifica le “quattro C” (Color, Clarity, Cut e Carat Weight ossia colore, limpidezza, taglio e caratura) e ogni singolo passaggio di proprietà, dal momento in cui viene tagliata fino al mercato al dettaglio. La blockchain Everledger, supportata dal servizio IBM Blockchain disponibile tramite la piattaforma IBM Bluemix e basato su IBM Watson, potrebbe anche essere utilizzata per digitalizzare il Kimberley Process, un accordo di certificazione (fortemente promosso dalle Nazioni Unite e messo a punto e approvato con lo sforzo congiunto dei governi di numerosi paesi, di multinazionali produttrici di diamanti, e della società civile) volto a garantire che i profitti ricavati dal commercio di diamanti non vengano usati per finanziare guerre civili.