Dall’analisi dei dati il futuro delle Smart City

Milioni di sensori intelligenti interconnessi capaci di dialogare con i sistemi centralizzati offrono grandi opportunità alle amministrazioni per gestire le criticità delle città, come traffico, sicurezza, nuovi servizi, adottando nuovi modelli di programmazione. La condizione è utilizzare gli strumenti adatti per integrare e interpretare l’enorme quantità di dati eterogenei, estraendone informazioni aggiornate in tempo reale

Pubblicato il 07 Mag 2015

In un futuro che vedrà il 70% delle persone nel mondo vivere nelle città entro il 2050, le Smart City sono una necessità. Ma per diventare realtà hanno bisogno di amministratori e di comunità intelligenti capaci di affrontare le sfide presenti e future, creare nuovi servizi, mitigare e prevenire molti problemi: reindirizzare il traffico in caso di incidenti, consentire ai cittadini di trovare il percorso e la modalità migliore per andare al lavoro, identificare i punti critici per la criminalità e prevenire i crimini. Le città per essere smart dovrebbero informare i cittadini su dove trovare parcheggio, dove sono stati aperti nuovi negozi, sullo stato dell’inquinamento; dovrebbero metterli in contatto con gli uffici pubblici e incoraggiare nuove forme di partecipazione, interazione, condivisione e collaborazione. Le Smart city dovrebbero fornire soluzioni sostenibili dal punto di vista sia economico sia ambientale.
Per prendere decisioni, fornire informazioni, offrire nuovi servizi è necessario raccogliere e analizzare una grande quantità di dati: le immagini che provengo dalle video camere, dagli ingressi nelle autostrade, dai sensori nei parcheggi; i dati provenienti dai sistemi di illuminazione, di raccolta dei rifiuti, quelli provenienti dai contatori di acqua, elettricità, gas, …

IoT e M2M, un mercato esplosivo
Un’indicazione degli sviluppi futuri viene dalle previsioni relative al mercato degli oggetti intelligenti in rete. Secondo un’analisi McKinsey sulla diffusione delle tecnologie Internet of Things (IoT), sono cresciuti del 300% negli ultimi 5 anni i dispositivi connessi M2M, mentre è diminuito dell’80–90% il prezzo dei sensori Mems (MicroElectroMechanical System) che rappresentano il cuore di questi dispositivi.
Compass Intelligence, società di consulenza e ricerca americana, stima che il mercato dei sensori in ambito M2M e IoT triplicherà entro il 2019 dagli attuali 5,2 miliardi di dollari a 15,7 miliardi, con un incremento del 24,7% anno su anno. E se ora il settore automobilistico e quello della casa intelligente rappresentano gli ambiti più rilevanti, in futuro ci si aspetta che aumenteranno esponenzialmente le applicazioni per le Smart City.
Oggi, fa notare Idc, meno dell’1% degli oggetti che potrebbero esserlo sono connessi a Internet o a sistemi intelligenti. Ma la società di analisi prevede che, entro il 2020, saranno 212 miliardi gli oggetti connessi che si sommeranno ai 3,5 miliardi di persone già connesse dal 2017 attraverso dispositivi mobili. Idc stima che persone e oggetti connessi genereranno 40mila miliardi di gigabytes, con un impatto significativo sulla vita quotidiana abilitando risposte più rapide in campo medico, della sicurezza pubblica, nella gestione delle emergenze e consentiranno di migliorare la qualità della vita con nuovi servizi personali e pubblici, modificando profondamente il modo in cui le città funzionano.

Smart city = big data
Secondo Michael Batty dell’University College of London (Centre for Advanced Spatial Analysis), l’attuale ossessione sui big data deriva non tanto dalla grande dimensione quanto dal modo in cui i dati sono generati e raccolti, cioè dal fatto che sono prodotti automaticamente, regolarmente e in varia forma da sensori. “C’è sempre maggiore coincidenza fra ciò che chiamiamo Smart City e i big data – afferma – L’intelligenza nelle città deriva innanzi tutto dal modo in cui i sensori generano nuovi flussi di dati real time (con un preciso geo-posizionamento) e da come i database, dove vengono memorizzati, sono integrati per generare valore”. A suo parere le regole del gioco sono state cambiate dalla miniaturizzazione che consente di inserire strumenti che sono a tutti gli effetti dei computer in qualunque oggetto, incluso l’essere umano, generando una quantità di dati senza precedenti.
Tipico il caso dei trasporti urbani nelle grandi città. A Londra, per esempio, si registrano 8 milioni di trasferimenti al giorno effettuati su mezzi pubblici (metropolitana, treni e bus) tracciati dalle smart card, utilizzate dall’85% dei passeggeri. Tutto ciò genera l’accumulazione di miliardi di dati l’anno, un flusso continuo che rischia però di non essere utilizzato in modo intelligente.
La possibilità di raccogliere questa massa di dati e di elaborarla in modo sensato può spostare l’idea di programmazione in una logica nuova che non si misura più in anni ma in ore e minuti. I dati, che rappresentano la materia prima della smart city, vanno però integrati per diventare informazioni utili. “Non basta trovare nuove correlazioni (visto la dimensione dei dati rischia di far crescere esponenzialmente le correlazioni spurie); è necessario identificare nuovi modelli di analisi”, sostiene Batty.

Figura 1 – CityPulse, progetto europeo per un data analytics dedicato alle Smart City – fonte: University of Surrey


Un progetto europeo di data analytics per le smart city
Ci prova il progetto europeo CityPulse [1], che nasce all’interno del 7° Programma Quadro dell’Unione Europea, proprio con l’obiettivo di creare un framework capace di analizzare la grande quantità di dati eterogenei che provengono dai dispositivi diversi fra loro nell’ambito della Smart City e che necessitano di sistemi di analisi differenti da quelli impiegati, per esempio, in campo aziendale. L’idea è la creazione di un data analytics pensato per le Smart City con l’obiettivo di dare più potere (in quanto più informati) ai cittadini, fornire nuove opportunità di business alle imprese e alle aziende private di servizi, in particolare le Pmi, migliorare la governance della città e dei servizi pubblici, le attività di monitoraggio e controllo, l’efficienza energetica e l’ambiente, i servizi sanitari e l’aiuto agli anziani…
Sono stati anche realizzati 101 casi di studio (scenari) che forniscono modelli di soluzione (attraverso la gestione delle informazioni), ai problemi che devono affrontare i cittadini e le città. Gli scenari sono stati raggruppati per settori sulla base della propensione mostrata dalle amministrazioni e sulle indicazioni dei partner del progetto, ma se ne prevede una evoluzione sulla base di una consultazione pubblica.
Ad oggi il 25% si indirizza al settore trasporti, il 20% all’ambiente, il 18% all’energia, il 4% all’agricoltura, il 3% alla salute. La fetta maggiore, il 29%, riguarda i servizi pubblici, che comprendono anche la gestione di attività culturali e artistiche.
La considerazione da cui è partito il progetto nasce dai problemi che ostacolano l’adozione di applicazioni per le Smart City come, ad esempio, la difficoltà di integrare fonti di dati eterogenee e la sfida di estrarre informazioni up-to-date in tempo reale da dati dinamici su larga scala. Ad oggi le sfide sono state affrontate con soluzioni applicative specifiche e la conseguente creazione di architetture a silos che invece CityPulse intende superare.
I temi chiave affrontati dal progetto sono:

  • la virtualizzazione: l’annotazione semantica di dati eterogenei per la scoperta e l’elaborazione automatica basata sulla conoscenza;
  • la federazione: integrazione on demand di sorgenti cyber, fisiche e sociali;
  • l’aggregazione: analisi dei dati su larga scala;
  • l’adattamento intelligente: l’interpretazione in tempo reale e il controllo del data analytics;
  • il supporto alle decisioni basato sull’utilizzatore: estrazione personalizzata di informazioni dall’IoT sulla base della conoscenza del contesto;
  • l’elaborazione di informazioni affidabili: test e monitoraggio dell’accuratezza, dell’affidabilità e fiducia
  • la facilitazione di applicazioni Smart City: interfaccia di programmazione dell’applicazione per la prototipazione rapida.
Figura 2 – Il progetto di analisi dei dati del progetto CityPulse – fonte: University of Surrey

Siamo pronti per miliardi di dispositivi connessi?
CityPulse ha tenuto conto negli scenari proposti anche di alcune criticità derivanti dalla riservatezza dei dati. Resta però aperto, in una prospettiva di reti di oggetti interconnessi, il tema della sicurezza.
Secondo Robin DukeWoolley CEO di Beecham Research, che ha sviluppato un’analisi su questo tema, non si può dire che manchi l’attenzione sulla sicurezza relativa all’IoT e molti fornitori dichiarano di avere messo a punto soluzioni end-to-end che affrontano questo aspetto. Tuttavia si tratta si soluzioni mono-vendor, spesso pensate per un numero relativamente piccolo di dispositivi (qualche centinaio di migliaia al massimo). Ma non è affatto detto che questi sistemi siano in grado di scalare fino a gestire quei miliardi di dispositivi interconnessi previsti per il 2020 e garantire l’interoperabilità delle singole soluzioni su reti e vendor multipli.
E dunque anche per sistemi IoT/M2M andrebbero garantiti i requisiti di sicurezza tipici delle infrastrutture critiche richiesti dai governi europei e del Nord America.

[1] Fanno parte del progetto University of Surrey (Uk,Cordinatore), Alexandra Institute (Danimarca), Ericsson (Svezia), Siemens (filiali Romania e Austria), National University of Ireland/DERI (Irlanda), University of Applied Sciences Osnabrück (Germania) Torna su

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