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Etica e intelligenza artificiale, chi se ne occupa in azienda?

Un’intelligenza artificiale etica e degna di fiducia come valore per l’organizzazione, questo quello che emerge da un recente studio IBM Institute for Business Value

Pubblicato il 05 Mag 2022

etica e ai

IBM Institute for Business Value (IBV) ha promosso uno studio che ha coinvolto 1.200 manager appartenenti a 22 settori in 22 paesi per comprendere dove i manager si posizionano sull’importanza dell’etica dell’intelligenza artificiale e come le organizzazioni la stanno rendendo operativa. Lo studio è stato condotto in collaborazione con Oxford Economics nel 2021. È emerso un cambiamento radicale nei ruoli responsabili di guidare e sostenere l’etica AI in azienda.

Chi sono i campioni per l’etica dell’intelligenza artificiale?

Quando è stato chiesto quale sia la funzione principalmente responsabile per l’etica AI, l’80% degli intervistati ha indicato una figura apicale non tecnica, come può essere un CEO, come il “campione” per l’etica dell’intelligenza artificiale, in forte aumento rispetto al 15% individuato nel 2018.

Lo studio globale indica anche che, nonostante sia forte l’imperativo per un avanzamento verso un’AI affidabile, che includa migliori prestazioni relative alla sostenibilità, alla responsabilità sociale e alla diversità e inclusione, rimane un divario tra le intenzioni dei leader e le azioni intraprese.

In particolare, lo studio ha rivelato che: i dirigenti sono ora visti come la forza trainante relativamente all’etica dell’AI.

Più nello specifico, i CEO (28%), ma anche i membri del consiglio di amministrazione (10%), il team legale (10%), i responsabili della privacy (8%) e del Risk & Compliance (6%) sono considerati dagli intervistati come i più responsabili relativamente all’etica dell’AI.

Mentre il 66% degli intervistati cita il CEO o altri membri della Direzione Generale come coloro che hanno forte influenza sulla strategia etica della loro organizzazione, più della metà cita le direttive del consiglio (58%) e la comunità degli azionisti (53%).

Un’AI degna di fiducia è percepita come un valore strategico differenziante

Più di tre quarti dei leader aziendali intervistati quest’anno concordano sul fatto che l’etica dell’AI è importante per le loro organizzazioni, in aumento rispetto al 50% circa del 2018.

Allo stesso tempo, il 75% degli intervistati ritiene che l’etica sia un valore differenziate di competitività, e più del 67% degli intervistati che vedono l’AI e l’etica dell’AI come importanti indicano come le loro organizzazioni superino le aziende loro pari in sostenibilità, responsabilità sociale e diversità e inclusione.

Molte aziende hanno iniziato a fare passi avanti. Infatti, più della metà degli intervistati afferma che le loro organizzazioni stanno lavorando per incorporare l’etica dell’AI nel loro attuale approccio all’etica aziendale.

Più del 45% degli intervistati afferma che le loro organizzazioni hanno creato attività specifiche per l’etica dell’AI, come un quadro di valutazione del rischio dei progetti di AI e un processo di revisione e controllo.

Etica e AI che punto siamo?

Più amministratori delegati tra gli intervistati (79%) sono ora pronti a incorporare l’etica dell’AI nelle loro attività relative all’AI ( in aumento rispetto al 20% del 2018) e più della metà delle organizzazioni che hanno risposto hanno pubblicamente approvato principi comuni relativi all’etica dell’AI.

Eppure, meno di un quarto delle organizzazioni intervistate ha già reso operativa l’etica dell’AI, e meno del 20% degli intervistati concorda sul fatto che le pratiche e le azioni della loro organizzazione corrispondano (o superino) i loro principi e valori dichiarati.

Il 68% delle organizzazioni intervistate riconosce che comprendere nei team di sviluppo persone dalle diverse caratteristiche sia importante per mitigare i bias nell’AI, ma i risultati indicano che i team di AI sono ancora sostanzialmente meno diversificati nelle loro aziende: 5,5 volte meno inclusivi delle donne, 4 volte meno inclusivi degli individui LGBT+ e 1,7 volte meno inclusivi dal punto di vista razziale.

“Dal momento che molte aziende oggi utilizzano algoritmi di AI per gestire il loro business – afferma Jesus Mantas, Global Managing Partner, IBM Consulting – affrontano potenzialmente numerose richieste interne ed esterne affinchè questi algoritmi vengano progettati in modo etico, sicuro e che ispiri fiducia; al momento però ci sono stati pochi progressi per incorporare l’etica dell’AI nelle loro attività. I risultati dello studio IBV dimostrano che la creazione di un’AI affidabile è un imperativo di business e un’aspettativa da parte della società, non solo un problema di conformità. Le aziende quindi possono implementare un modello di governance e incorporare principi etici attraverso l’intero ciclo di vita dell’AI”.

Qualche spunto su come agire

Il momento per agire è ora. I dati dello studio suggeriscono che le organizzazioni che implementano un’ampia strategia basata sull’etica dell’AI e connessa a tutte le unità di business potranno avere un vantaggio competitivo in futuro. Lo studio fornisce alcune indicazioni per i leader aziendali, tra cui le seguenti.

In primo luogo, adottare un approccio cross funzionale e collaborativo. L’etica dell’AI richiede un approccio olistico e un insieme di competenze che riguardano tutti gli stakeholder coinvolti nel processo di sviluppo. I membri della direzione generale, i designer, gli scienziati e gli ingegneri dell’AI hanno ciascuno un ruolo distinto da svolgere nel percorso verso l’AI affidabile.

Quindi, stabilire una governance sia organizzativa che del ciclo di vita dell’AI per rendere operativa la disciplina dell’etica dell’AI. Occorre adottare un approccio olistico per incentivare e gestire le soluzioni di AI durante l’intero ciclo di vita, dalla creazione della giusta cultura per un’AI responsabile, alle pratiche e alle politiche fino ai prodotti.

Infine, andare oltre la propria organizzazione creando partnership ed espandere il proprio approccio identificando e coinvolgendo partner tecnologici focalizzati sull’AI, accademici, startup e altri partner dell’ecosistema per stabilire una “interoperabilità etica” (ethical interoperability).

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