Dcim: come, quando e perché

L’approccio integrato e centralizzato al data center management consente ai professionisti It e ai responsabili delle facility di sfruttare una piattaforma comune per il monitoraggio power&cooling, per il planning e il provisioning della capacità del data center, per prevedere, diagnosticare ed eliminare i problemi. Ma quando è davvero utile adottare un sistema Dcim? E in che modo?

Pubblicato il 22 Lug 2014

Le principali sfide per gli operatori dei data center attualmente includono le limitazioni di capacità fisica causata, in parte, dalla necessità di conservare, proteggere e trattare enormi volumi di dati. Ad aggiungere criticità ulteriori, vi sono le sfide indotte per garantire il supporto dell’infrastruttura in risposta a utenti che accedono a risorse digitali attraverso un’ampia gamma di dispositivi. Si tratta di sfide che spesso si traducono in complesse problematiche tecniche, soprattutto quando si verificano interruzioni di servizio, oggi sempre più spesso causate sia dall'invecchiamento delle tecnologie presenti nei data center, sia da operazioni e processi di gestione che risultano frammentati. La società di analisi Dcd Intelligence, in uno studio completo che ZeroUno mette a disposizione dei propri lettori e del quale riassumiamo in questo articolo i principali punti di focalizzazione, [Dcd Intelligence – Perché, come, quando implementare soluzioni Dcim] identifica almeno 4 problematiche comuni a tutti i data center:

1) downtime & system failure: solitamente il personale It e di facility segnalano incidenti sul fronte del power&cooling solo quando questi, di fatto, hanno causato un incidente sui sistemi Ict; il conseguente downtime di servizi e applicazioni genera a cascata una serie di problematiche di business;

2) inefficienza della capacità: sono molti i data center che ‘sperimentano’ vincoli di capacità (spazi, potenza, carico elettrico, raffreddamento, ecc.) e, spesso, i responsabili non sono in grado di capire e identificare quali device o applicazioni sono ‘responsabili’ o comunque generano una certa ‘pressione’ sulla capacità del data center; finora l’approccio adottato è stato quello del ‘sovradimensionamento’, ma si tratta di una scelta poco efficiente (almeno dalla prospettiva dei costi);

3) crescita dei costi: il consumo energetico è una delle voci di spesa maggiori per l’It, che ‘lievitano’ a causa del sovradimensionamento della capacità, ma anche laddove non esistono sistemi di recovery ottimizzati per gli interventi in caso di guasti e la gestione delle emergenze;

4) mancanza di supporto alla strategia di business: i failure dei sistemi, i limiti di capacità del data center e i crescenti costi operativi impediscono alle imprese di raggiungere gli obiettivi di business, soprattutto di abilitare nuovi servizi Ict e applicazioni o di rispondere agilmente ai bisogni della clientela e del mercato.

Gli ‘scopi’ del Dcim

In risposta alle sfide descritte, le aziende possono trovare nel Dcim (Data center infrastructure management) una via risolutiva. Secondo la società di analisi americana, gli ‘scopi’ del Dcim possono essere così riassunti:

data center environment: costruire una vista univoca sull’intero ambiente di data center, ossia su tutti i sistemi infrastrutturali, compresi quelli di power&cooling, quelli per il monitoring (device e sensori) e gli impianti di controllo rack-level;

capacity and inventory: migliorare capacità e inventario attraverso il controllo sull’intero spazio fisico e sul data center footprint, inclusi i sistemi modulari e gli impianti di co-location, i cablaggi, la sicurezza fisica, l’illuminazione e gli impianti antincendio;

It management and business service: ottimizzare la gestione It e rendere più efficace l’erogazione dei servizi al business attraverso una vista e gestione unificata di tutti i sistemi (fisici e virtuali) dell’infrastruttura Ict, compresi sistemi operativi, architetture applicative, servizi Ict, ecc.

Il ‘perché’ adottare un approccio e un sistema di Dcim appare dunque evidente. Nello studio realizzato da Dcd Intelligence vengono analizzati tutti gli aspetti che posso aiutare le aziende ad avere un quadro migliore sul ‘quando’, ‘come’, ‘dove’ e, appunto, ‘perché’ muoversi verso il Dcim; la società di analisi enfatizza alcuni importanti aspetti quali la centralizzazione dei dati, la loro disponibilità e il monitoring in real-time.

“I dati – si legge nel report – possono essere raccolti in tempo reale da dispositivi e sistemi diversi utilizzando una serie di protocolli. I responsabili dei data center grazie a questi dati possono produrre report in tempo reale sulle prestazioni dei data center e analizzarne le tendenze”. Ciò significa avere una vista complessiva sull’intero data center, un monitoring in tempo reale di tutto ciò che accade sull’infrastruttura, una più efficace capacità di analisi e maggior agilità di intervento non solo in caso di emergenza, ma anche e soprattutto in ottica ‘preventiva’.

L’approccio dei ‘4 step’

Il report di Dcd Intelligence si struttura su sei differenti documenti di briefing attraverso i quali la società indirizza le aziende nell’identificazione della corretta roadmap di implementazione di un Dcim, inteso sia come approccio metodologico sia come piattaforma tecnologica.

In particolare, la società suggerisce un percorso di analisi attraverso il quale stabilire, rispetto alle proprie esigenze, agli obiettivi e allo ‘stato dell’arte’ dell’azienda, sia sotto il profilo organizzativo sia dal punto di vista delle tecnologie presenti nel data center, ‘quando’, ‘dove’ e ‘come’ iniziare il proprio percorso verso il Dcim.

Per ciascuno di questi ambiti di analisi, la società identifica per ogni attività ‘4 step’ fondamentali che raccomanda di seguire; nel documento, per esempio, vengono analizzati in dettaglio i 4 passi della ‘preparazione al deployment’; quelli per l’’integrazione all’interno della struttura organizzativa’ (tenendo quindi conto di persone e processi); le 4 domande da porsi nella scelta della soluzione tecnologica o le altre 4 per capire quando è utile il Dcim, o, ancora, i 4 step per consolidare l’implementazione del Dcim.

Un briefing a parte è dedicato ai service provider e, anche in questo caso, la società di analisi adotta l’approccio dei ‘4 step’ per spiegare le vie attraverso le quali questi operatori possono migliorare i propri servizi resi alle aziende clienti.

Di particolare rilievo, l’ultimo briefing dedicato al ‘futuro del Dcim’, con un attento approfondimento su come le aziende possono ‘navigare’ tra i cambiamenti di business attraverso il supporto tecnologico.

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