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L’Ufficio diffuso, eFM: “Un palinsesto di esperienze, fra ottimizzazione ed engagement”.

Nasce il concetto di Hub Quarter, gli uffici cambiano e diventano diffusi: non esiste più un ambiente unico ma una rete di cui fa parte chi si reca in sede, chi lavora da casa o in coworking. Gli uffici centrali, come spiega eFM azienda che realizza Engaging Places, diventano contenitori di eventi, opportunità e tecnologia in grado di aggregare la community e stimolare le persone.

Pubblicato il 13 Lug 2020

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Dopo la fase di lockdown, per molte aziende l’ufficio diffuso diventa non solo un nuovo modo di lavorare ma una crescente esigenza di ripensare gli spazi e le relazioni lavorative. Non più un ambiente unico e centralizzato ma una rete fisica e virtuale che coinvolge chi resta in sede, chi è operativo da casa e chi invece utilizza spazi “esperienziali” in coworking, poco distanti dalla propria abitazione. Mobile worker, tecnologie digitali e una user experience sempre più interattiva stanno rivoluzionando l’organizzazione aziendale e l’idea stessa degli spazi fisici. Per comprendere meglio questi cambiamenti ne abbiamo parlato con eFM, l’azienda specializzata nel fornire supporto a HR, Real Estate e IT nel realizzare Engaging Places, luoghi capaci di migliorare il benessere, la ridistribuzione degli spazi, l’efficacia delle tecnologie e soprattutto la qualità delle relazioni negli ambienti di lavoro, che diventano così “sensibili” ovvero capaci di ascoltare chi li abita. Una realtà aziendale quella di eFM osservatrice attiva dei nuovi ed innovativi contesti e testimonial stessa del cambiamento. Le proprie sedi infatti sono hybrid workplace, piazze reali e virtuali di una condivisione che nasce dalla mission: “Sustaining engaging places for a better life”.

Oltre lo smart working: da HQ ad Hub Quarter

In questa fase post covid, le abitudini dei dipendenti sono cambiate. Vanno identificate soluzioni lavorative multiple o ibride. Occorre cogliere le opportunità che emergono e dare al tempo stesso risposte a nuove criticità. L’autogestione del lavoro in smart working può portare a condizioni di overworking o al contrario a demotivazione e scarso rendimento, così come può offrire possibilità di work-life integration che fino a pochi mesi fa si potevano solo immaginare. Abbiamo di fronte l’occasione di risparmiare molti costi di real estate e di reinvestirli sull’engagement di una community sempre più diffusa. L’obiettivo è trovare una soluzione ibrida, che si adatti ed accompagni di volta in volta le mutevoli esigenze delle persone” spiega Emiliano Boschetto senior manager in eFM. Non c’è solo l’esigenza di garantire un sistema di smart working ma anche un nuovo e più ampio concetto di workspace con un ripensamento degli spazi, fisici o digitali che siano, e del loro utilizzo. “Dobbiamo ripensare al centro direzionale e aziendale (HQ) come ad un Hub Quarter: un palinsesto di luoghi esperienziali e di eventi che si adatti ai variegati bisogni delle persone e al tempo stesso riesca a tenere unita una community aziendale sempre più diffusa. Non bisogna cancellare il centro direzionale, ma ripensarlo come centro anche simbolico di una serie di luoghi disponibili: un contenitore di esperienze fisiche, digitali e opportunità che davvero crei il valore necessario per giustificare il peso dello spostamento da casa a lavoro. Il vantaggio è allungare la vita aziendale e creare luoghi in grado di generare benessere e migliorare la qualità delle relazioni e del lavoro all’interno delle organizzazioni e di conseguenza, aumentare la produttività”, specifica Boschetto.

L’Engaging place come palinsesto di esperienze

Le organizzazioni agili mirano a valorizzare il raggiungimento di obiettivi e creare sistemi flessibili e di empowerment dei lavoratori anche nei processi decisionali.

In questo contesto, l’obiettivo di eFM è dare vita all’azienda offrendo diversi spazi fisici e momenti digitali in grado di generare esperienze di condivisione e identitarie.

Creare spazi ibridi che generano engagement e attraggono talenti per costruire aziende solide e produttive. “L’employee deve poter scegliere dove lavorare mentre il luogo di lavoro deve essere attrattivo e coinvolgente. Come persone siamo attenti a ciò che accade intorno a noi e alle nostre diversità anche quelle generazionali” spiega Francesca Piscitelli team manager digital workplace in eFM. “Il ruolo della community è anche questo bisogno di agevolare la convivenza e la collaborazione. Gli spazi fisici o digitali sono sempre elementi di unione. Abbiamo coniato il termine ‘palinsesto di esperienze’ per identificare i momenti organizzati di eventi ed opportunità in grado di creare ispirazione e stimolare passioni e creatività”. Nelle aziende le postazioni individuali spariscono, mentre all’interno aumentano le piazze virtuali destinate al networking, alla comunicazione aziendale e soprattutto alle esigenze dei dipendenti, mentre all’esterno la città diventa ufficio (city as workplace), una miniera di spazi e di conoscenze da integrare nella propria esperienza lavorativa.

Digital workplace: misurare spazi e benessere delle persone

In un recente studio sui trend nel lavoro post covid, Gartner stima che il 48% dei dipendenti stia già lavorando da remoto rispetto a un precedente 30%. La stessa analisi rivela come il 16% dei datori di lavoro sta utilizzando le tecnologie integrando metodi come il clock in e out virtuale: l’analisi aggregata dei sistemi di comunicazione come chat, email consente di ottimizzare le attività di dipendenti e collaboratori; dati e feedback dei lavoratori da remoto e mobile worker consentono inoltre di ottenere informazioni utili per garantire il loro benessere e la loro sicurezza. Tutte le analisi, condotte nel rispetto totale dalla privacy, permettono di realizzare una employee experience sempre più customizzata.

In questo contesto si inserisce un’azienda come eFM. Infatti, la tecnologia per eFM è un aiuto per ridurre confini spesso rigidi e avvicinare le persone attraverso MYSPOT. Si tratta di una piattaforma proprietaria che aiuta persone e aziende a scegliere gli spazi, interni o esterni, fisici o digitali che siano, in base al tipo di esperienza lavorativa ricercata. Al tempo stesso, analizza come si sviluppano le dinamiche interpersonali, anche attraverso strumenti personali di consapevolezza aumentata: per esempio, permette di misurare il proprio livello di attenzione e coinvolgimento sulle piattaforme di collaborazione digitale, permettendo così agli utilizzatori di acquisire consapevolezza della propria persona rispetto all’ambiente di lavoro. Una crescita individuale ma anche sociale e produttiva. Ambienti di ispirazione e sistemi di analisi sono in grado di stimolare le capacità ed il benessere stesso delle persone.

Trasformare l’idea di HQ a quella di Hub Quarter significa rispondere alle nuove problematiche dell’employee e al tempo stesso cogliere le opportunità che si aprono nel post Covid, armonizzando le esigenze di chi si occupa del patrimonio immobiliare con le strategie di chi vuole valorizzare il patrimonio umano di un’azienda. Una conciliazione possibile e positiva tra ottimizzazione dei costi e benessere delle persone.

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