Elezioni Politiche 2018

L’innovazione come abitudine quotidiana

Le priorità del Governo che verrà dovrebbero rendere popolari la tecnologia e l’innovazione, nel senso di diffuse e conosciute ai più, ed efficiente la PA, grazie a tecnologie mai così facili e accessibili. L’innovazione va promossa dall’alto, ma al tempo stesso spinta dal basso, dai cittadini che devono diventare parte attiva per portare nelle organizzazioni pubbliche e nelle imprese private la loro smartness. Formazione, informazione, comunicazione sono indispensabili. Questo il pensiero di Piera Fasoli, da diversi anni Direttore Sistemi Informativi di importanti società Italiane

Pubblicato il 27 Feb 2018

Foto di Piera Fasoli

Il primo passo che chiedo al Governo che verrà è rendere la tecnologia “popolare”, con un duplice significato: conosciuta e al tempo stesso accessibile a tutti. Conosciuta significa rendere noti ai più l’utilizzo, i concetti e la terminologia sulla scienza e l’innovazione, è quindi necessario che se ne parli anche sui media con incentivi e piani volti a stimolare tutti i mezzi di comunicazione alla diffusione e all’approfondimento sull’utilizzo del digitale e sulle iniziative del governo. Per renderla invece accessibile a tutti, il governo dovrebbe creare servizi “entry level” anche per persone di diverse età e differenti condizioni culturali, nessuno escluso, per far diventare la tecnologia a portata di mano (incentivando anche costi contenuti di connettività e device).

L’obiettivo prioritario è dunque la diffusione della conoscenza, la comunicazione e la messa a disposizione di strumenti facili da usare per incentivare tutti ad accostarsi al digitale.

Nei confronti dei più giovani, sarebbe opportuno anche diffondere un utilizzo consapevole della tecnologia, di Internet e dei social media con una grande campagna di comunicazione e formazione, utilizzando tutti i media più vicini a questa categoria di utilizzatori.

Ritengo inoltre sia utile una maggiore contaminazione fra cittadini e imprese. Spesso cittadini smart lavorano in aziende tradizionali e, viceversa, le imprese tentano di avviare un percorso digitale, ma trovano un ostacolo in lavoratori non ancora pronti a recepirlo. Per questo sarebbe utile aiutarsi a vicenda per avviare insieme un processo di trasformazione pervasivo e diffuso.

Un esempio di contaminazione è lo smart working che mette insieme cittadini e aziende digitali e si traduce in un miglioramento non solo per qualità della vita del singolo lavoratore ma di tutti i cittadini, riducendo il traffico e i tempi non produttivi sprecati nei trasferimenti. Per rendere attuabile lo smart working servirebbe un adeguamento delle infrastrutture ad opera del governo. Per questa trasformazione e per le altre già citate servirebbe un governo che avesse visione, desse continuità alle azioni, sapesse gestire i processi di cambiamento con incentivi e azioni mirate. Un esempio molto valido è il Piano Industria 4.0 promosso dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Ma queste azioni, molto faticose da avviare, servono davvero a poco, se manca la continuità.

Qual è la visione del governo che verrà su un Paese che deve recuperare un gap tecnologico importante e deve riposizionarsi, anche a livello internazionale, e poi governare i processi, non in termini di burocrazia?

È indispensabile il cambiamento della PA, abilitato da una modernizzazione guidata dalla tecnologia e dall’innovazione, per diventare più vicina ai cittadini, più efficiente, facilmente accessibile.

Grande importanza riveste il recente accordo tra AgID e Regioni come “intermediari digitali” sul territorio, ma ora serve un forte presidio/aiuto del governo e una velocità diversa per consentire alle Regioni di coprire la distanza che ancora manca fino al cittadino

Ci sono molte cose da fare per migliorare la PA, a partire dalla realizzazione di poli di competenze e di eccellenze… Qualcosa si inizia a vedere, ma serve un’accelerazione per un cambiamento radicale, aiutato anche da formazione e informazione. Pensiamo a un giovane smart che vada a lavorare in una Pa che, con un eufemismo definirò tradizionale. Cosa può fare oggi?

Il cambiamento deve essere favorito dall’alto e, al tempo stesso, spinto dal basso, con un ruolo attivo da parte di tutti.

Per farlo servono, a tutti i livelli, compreso il governo, persone competenti che “sappiano” di tecnologia. Servono tecnici che, anche all’interno del governo, abbiano le leve per rendere pervasivi questi temi in ogni ministero, a livello centrale e nelle amministrazioni locali. Vanno definiti meccanismi premiali non solo per le singole persone, ma anche per le singole strutture pubbliche.

In questa logica sarebbe utile anche identificare, in ogni singola amministrazione, dei “champion” digitali per favorire anche dal basso questa trasformazione, per far capire come può essere facile.

Il team guidato da Piacentini va nella direzione giusta, ma è ancora poco conosciuto, poco calato nella quotidianità. Sta portando avanti grandi progetti di trasformazione a cui andrebbe abbinata la quotidianità dell’innovazione, indispensabile per una vera trasformazione.

Mai come in questo momento storico, la tecnologia è stata tanto accessibile, diffondibile e facile. Bisogna approfittarne!

Molto del successo della trasformazione passa dai cittadini, che devono avere confidenza, capire i vantaggi che la tecnologia offre loro e possono riuscire a introdurre semi di innovazione nella loro quotidianità.

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