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Neurodiversità: il valore aggiunto della digital transformation

Nella diversità cognitiva si nascondono abilità preziose e dirompenti: un tassello prezioso per il mondo digitale, in cui la necessità di risolvere problemi complessi, innovare costantemente e pensare in modo creativo è la normalità.

Pubblicato il 01 Giu 2022

Neurodiversità

Autismo, Adhd, dislessia, sindrome di Tourette o di Asperger: la connotazione che il pensiero comune da sempre associa alle menti neurodivergenti è quello, genericamente, di “problema”. Un ostacolo sociale, una difficoltà personale, una sfida da affrontare. Qualcosa, in pratica, che va gestito, e sul quale si debba riflettere in termini di possibili strategie di sostegno.

Ma la diversità cognitiva non è (solo) questo. Riscontri concreti hanno infatti dimostrato che proprio qui può nascondersi un vero valore aggiunto, fatto di capacità in grado di rivelarsi preziose per il mondo dell’innovazione: caratteristiche in genere difficili da reperire nella forza lavoro “neuronormale”, ma che tuttavia hanno potenzialità dirompenti e, soprattutto, utili.

Qualche esempio? Pensiamo a una persona particolarmente brava a trovare il classico “ago nel pagliaio”. A un addetto in grado di intercettare microdettagli nella caccia alle minacce informatiche, a pensare fuori dagli schemi o esercitare un acuto senso della concentrazione. Un lavoratore metodico, laddove i colleghi sono invece meno disciplinati. Il valore aggiunto di caratteristiche simili, valorizzate nelle giuste condizioni e misure, può dimostrarsi impagabile. Il mondo dell’IT è, probabilmente, quello in cui queste doti “nascoste” riescono a emergere al meglio.

Il potenziale nascosto della neurodiversità

Nel mondo IT, come in molti altri settori professionali, la necessità di risolvere problemi complessi, innovare costantemente e pensare in modo creativo è la normalità. Vien da sé che persone in grado di ragionare in modo diverso e alternativo, proprio come i neurodivergenti, in un contesto di questo genere possono rivelarsi una vera ricchezza.

L’esperienza insegna, per esempio, che i soggetti autistici sono altamente creativi: in loro concentrazione, logica, immaginazione e pensiero visivo raggiungono livelli eccezionali. Inoltre, tendono a essere sistematici, meticolosi e dettagliati. E condividono intuizioni e prospettive uniche nella risoluzione dei problemi.

Molte persone con ADHD (disturbo da deficit di attenzion) hanno invece una grande immaginazione e ottengono punteggi più alti nei test di creatività rispetto alle persone neuro-normali. Non solo. Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività determina anche una capacità di iper-focalizzazione, il che significa che le persone affette mostrano da un lato una carenza di attenzione, e dall’altro un’alta concentrazione sulla loro area di interesse.

Anche la dislessia, spesso, è accompagnata da un’innata capacità di pensare fuori dagli schemi: l’84% di chi ne soffre (fonte: madebydyslexia.org) ottiene performance al di sopra della media nel ragionamento, nella comprensione dei modelli, nella valutazione delle possibilità e nel prendere decisioni. Le loro competenze sono inestimabili quando si tratta di vedere gli aspetti da una prospettiva più ampia e di valutare le situazioni da più punti di vista.

Un valore aggiunto per il mondo IT

Ma tutto questo come può inserirsi nel mondo digital? Consideriamo un’evidenza molto banale, che può esserci utile a comprendere. Mentre la maggior parte delle persone è facilmente distratta da continue interruzioni digitali (e-mail, messaggi istantanei, notifiche), i cervelli neurodiversi, è dimostrato, sono più bravi a mantenere la concentrazione su un’attività.

Sono anche, in generale, meno infastiditi quando si trovano a svolgere compiti di routine, che possono anche essere molto preziosi in un ambiente IT in cui si tende in genere a saltare da un compito all’altro troppo velocemente. Tratti come questi, e abbiamo fatto solo due esempi base, si trasformano in vantaggi per le persone neurodivergenti rispetto a chi è solitamente considerato “normale”. Insomma: la neurodiversità non è necessariamente un limite.

Rafforzare la neurodiversità nel mondo digitale

A questo punto, il ragionamento si estende. In che modo le organizzazioni possono invece attrarre, trattenere e trarre vantaggio dal talento non sfruttato della neurodiversità? Un recente studio sulla neurodiversità nella forza lavoro (“Building a Neurodiverse High-tech Workforce”, MIS Quarterly Executive) fornisce indicazioni su come supportare questi lavoratori.

Sottolinea, ad esempio, l’importanza di un luogo di lavoro flessibile in modo che ogni persona possa sfruttare i propri punti di forza. E chiarisce che le persone neurodiverse hanno bisogni speciali, che devono essere affrontati e soddisfatti per aumentare la loro produttività. Per esempio, i dipendenti autistici potrebbero aver bisogno di attrezzature specifiche, come le cuffie per ridurre la sovrastimolazione uditiva. Le persone con ADHD potrebbero richiedere piccoli aggiustamenti al loro ambiente di lavoro in termini di tranquillità e flessibilità di orario.

Ma altrettanto importante, per valorizzare il ruolo di questi lavoratori, è formare il personale a riconoscere, facilitare e supportare i punti di forza dei colleghi neurodivergenti, per ottenere una maggiore produttività organizzativa e individuale. Potrebbero rendersi necessarie campagne di sensibilizzazione per aiutarli a capire come lavorare meglio insieme.

Altro fattore importante da considerare è che non tutti i ruoli sono ottimali per le persone dello spettro neurodiverso. Tuttavia, lo sviluppo del mondo IT rende sempre più facile un loro inserimento efficace nel contesto lavorativo. Per favorire l’integrazione, una buona soluzione potrebbe essere l’istituzione di gruppi di dipendenti e dei cosiddetti “modelli di ruolo”. Quando Richard Branson si è aperto sulla sua dislessia, per esempio, questo ha avuto un effetto positivo sull’integrazione dei suoi dipendenti. Politiche simili possono consentire alle persone neurodiverse di sentirsi più a proprio agio nel condividere le loro prospettive e sentirsi sicure che l’organizzazione non li disprezzerà.

Un approccio in crescita

Sebbene questi approcci siano simili ad altri programmi sulla diversità, non sono ancora così diffusi. Fortunatamente, alcune delle grandi aziende IT stanno assumendo un ruolo guida nell’attrarre talenti neurodiversi: Microsoft è stata la prima azienda a firmare un impegno globale per aiutare le persone con dislessia e ha un programma di assunzione per l’autismo, mentre SAP prevede anche un programma “Autism at Work”.

Secondo il Wall Street Journal, sempre più aziende stanno cercando persone nello spettro dell’autismo per far crescere il loro pool di talenti di intelligenza artificiale. Ma anche il settore della sicurezza informatica sembra offrire sempre maggiori opportunità di inserimento alle persone neurodivergenti, in particolare per ruoli nell’analisi delle minacce, nell’intelligence e nella caccia ai potenziali rischi.

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