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Le due facce dell’IT con Pierluigi Odifreddi al digital event Digital360 Awards e CIOSumm.IT

Fase finale dei Digital360 Awards con la prima tranche di votazione online dei progetti presentati nell’evento organizzato con CIOSumm.IT e il patrocinio di FidaInform che ha visto la presenza del logico matematico Pierluigi Odifreddi che ha riflettuto sulle due facce dell’IT: l’IT amico e il lato oscuro.

Pubblicato il 15 Ott 2020

Piergiorgio Odifreddi, logico e matematico

Il punto è che la medaglia ha sempre due facce. Da una parte l’IT amico, quello che offre una traccia nel mare magnum di big data e porta dritto alle soluzioni, dall’altra il lato oscuro dell’informatica, che proprio davanti alla mole di informazioni sfugge al controllo umano. Ed espone a rischi potenzialmente seri.

In un mondo ogni giorno più sommerso dai dati, puntare la lancetta della bussola verso la luce si fa sempre più difficile. Dove intelligenza artificiale e data governance si intersecano, lì ci si espone anche al buco nero dell’affidabilità e della sicurezza, del giusto uso del patrimonio informativo, a vantaggio dell’essere umano. Ecco la vera sfida del futuro: controllare, senza che questo controllo sfugga mai di mano. Ricordando sempre che “più i fini sono importanti, più le tecnologie diventano pericolose nelle mani sbagliate”.

Pierluigi Odifreddi spiega il lato positivo della medaglia

Con questa verità Piergiorgio Odifreddi, logico, matematico, noto al grande pubblico per la sua capacità di divulgare temi astratti con la concretezza della vita comune, ha inaugurato lunedì il nuovo appuntamento del percorso comune Digital360Awards e CIO.Summ.IT, patrocinato da FidaInform, che sull’eco del claim “Il CIO alla scoperta della Sosten-etica” ha parlato di innovazione digitale, governance dei dati e resilienza quali “ingredienti per la ripartenza”.

Invitato ad affrontare il tema dei rischi di un information overload, Odifreddi ha illuminato la platea virtuale sul valore dei dati e sulle umane possibilità di selezione di questa enorme ricchezza moderna. Compito arduo davanti a un pubblico di CIO: un po’ come “insegnare ai gatti ad arrampicare”, ha premesso con ironia lo scienziato. Che, tuttavia, ha allontanato ogni rischio di banalizzare la questione grazie all’uso di uno storytelling avvincente, pregno di aneddoti e ricordi personali oscillanti da un capo all’altro dell’oceano.

foto di odifreddi
Piergiorgio Odifreddi, logico e matematico

Ne è emersa una convinzione. Divincolarsi nella moltitudine di informazioni implica oggi un rapporto sempre più simbiotico con il mondo IT, che tuttavia non è infallibile e sul quale l’uomo deve saper mantenere la propria presenza. Lo dimostra la storia. All’Information technology si deve infatti la capacità di aver risolto dilemmi logici, matematici e di altre svariate nature che l’essere umano non avrebbe saputo, perlomeno nei tempi di una vita naturale, liberare da sé. Un esempio? Quel problema che sin dall’Ottocento arrovellava gli studiosi sul numero di tonalità necessarie per colorare ogni Stato su una mappa in modo che gli adiacenti non fossero mai uguali. Per una delle prime volte nella storia, alla fine degli anni Settanta, l’IT ha permesso di stabilire scientificamente, con almeno 2mila ore macchina di calcoli e una miriade di dati analizzati, che quattro colori sono necessari, e cinque sufficienti.

Come Odifreddi ha chiarito, sarebbe stato impraticabile alla sola intelligenza umana arrivare a tanto. Allo stesso modo, nessuno avrebbe immaginato decenni fa che un computer, spinto ad elaborare fiumane di dati, avrebbe mai saputo battere l’uomo nei giochi di strategia. Da quel Deep Blue che diede sacco matto a Kasparov al software Alpha Go, vittorioso contro l’uomo in uno dei giochi fra i più complessi al mondo.

Insomma, è il superamento definitivo del test di Turing? Di certo è la dimostrazione che oggi un computer riesce ad imitare talmente bene l’uomo da diventare indistinguibile dalle azioni mosse dalla biochimica. “I progressi fatti negli ultimi anni sul deep learning, l’apprendimento profondo, attraverso reti neurali a molti strati, vanno in questa direzione – ha chiarito Odifreddi -. Il riconoscimento facciale, di voci, scritture e linguaggio sono diventati programmi quotidiani, utili ad esempio ai sistemi di polizia. Questa è la parte positiva di quell’uso di grandi quantità di dati che il computer sa fare certamente meglio dell’uomo”.

Senza dimenticare il lato oscuro

Ma l’altro lato della medaglia è lì. Ed ecco che all’Information technology si deve anche l’apertura di quelle back door potenzialmente dannose per l’equilibrio sociale che chiedono strumenti per essere gestite. È il grande tema oggi etichettato come security e data governance, che già nel 1969 dell’Apollo 11, in un contesto totalmente lontano, era emerso in tutta la sua evidenza e potenzialità. Fu quando Neil Armstrong dovette prendere le redini della navicella, scansando il collega artificiale, per evitare lo scontro inatteso e imprevisto contro un masso nella fase di allunaggio. Ma fu anche quando, in piena Guerra Fredda, il tenente colonnello dell’Armata Rossa Stanislav Petrov identificò un falso allarme missilistico che avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Cinque testate nucleari potenzialmente in viaggio dagli Usa all’Urss che in realtà non esistevano, se non nella mente quel giorno malfunzionante del sistema satellitare russo Oko, di cui Petrov era supervisore. Solo la sua intuizione, profondamente umana, lo guidò a sfidare i protocolli militari e a disattivare il sistema tecnologico.

Uomo vs macchina: un rapporto dalle mille facce, dunque. Che oggi si fa ancor più complesso per via di quella mole di Big data cui tutti ambiscono. “Cos’è il possesso dei grandi dati? – ha chiesto Odifreddi – Potenzialmente è qualcosa che potrebbe mettere in pericolo l’economia, la politica o addirittura le vite. Bill Gates ed Elon Musk ci dicono che giustamente ci preoccupiamo dei cambiamenti climatici e delle epidemie, ma ci mettono in guardia: questi, ci dicono, non sono il rischio più grande cui l’umanità oggi debba far fronte. Il rischio maggiore è quello dell’intelligenza artificiale”.

Insomma: cosa dobbiamo far fare alle macchine? Che cosa fanno realmente davanti ai nostri ordini? Prenderanno un giorno il sopravvento? Il dibattito fra CIO e lo special guest si è aperto anche su queste sfaccettature, stimolato dagli spunti di Giorgio Montanari (Group CIO, Beghelli), Enrico Andrini (Chief digital & information officier, Bonfiglioli riduttori) e Davide Gindro (Cio Inpeco). Con loro, Odifreddi ha chiuso l’ouverture del digital event sviscerando anche le implicazioni etiche e professionali dell’intelligenza artificiale. Dai quesiti sulla (de)responsabilizzazione umana, ad esempio in ambito medico davanti a macchinari e tecnologie sempre più in grado di competere con l’esperienza diagnostica, sino alle prospettive sul futuro. In realtà, insondabili: “Quando si raggiunge un certo livello di sviluppo tecnologico – ha infatti chiuso Odifreddi -, da quel momento il computer può teoricamente iniziare ad evolversi in modo autonomo e lasciarci indietro. Non è detto che noi uomini siamo l’ultima puntata della storia: potrebbe esserci un’intelligenza meccanica che ci supera. Chi lo sa? Impossibile fare previsioni. Ma ricordiamoci che esiste un’ingenuità nell’AI che non si esaurirà mai. Ed è l’ingenuità data dal tentativo di emulare con metodi elettronici quella macchina biochimica che è l’uomo”. Un risultato, e questa è l’unica paradossale certezza sul domani, che nessuno sa se si realizzerà mai appieno.

Digital panel discussion: cosa aspettarsi dalla nuova normalità?

Ragionando di cose più o meno certe, è semmai sul futuro prossimo che si possono formulare teorie. Nella situazione straordinaria del presente, che cosa ci dobbiamo aspettare per nuova normalità? Nella digital panel discussion che ha chiuso l’evento, moderato dalle giornaliste di Digital360 Patrizia Fabbri e Alessandra Zamarra, è questo il focus che ha tenuto banco.

Patrizia Fabbri e Alessandra Zamarra, giornaliste di Digital360

Durante l’incontro si sono inoltre svolte le presentazioni, e le votazioni, di 13 dei 37 progetti presentati ai Digital360 Awards.

Ma torniamo al dibattito, dove gli interventi dei relatori hanno in fondo rivelato un sentiment comune, ormai dettato dalle rinnovate esigenze del mondo imprenditoriale. Per Stefano Bencetti, CIO dell’Istituto italiano di Tecnologia, il tema centrale dell’oggi è ad esempio quello della data governance e della data security: “La security by design è la sfida più importante che dobbiamo fronteggiare”, ha ammesso, ricordando comunque che anche il problema dell’interoperabilità resta costantemente sotto i riflettori.

“Il distanziamento ci ha spinti verso la digitalizzazione – ha aggiunto Roberto Patano, Senior Manager system engineering di NetApp -, ma ha anche introdotto nuove preoccupazioni sull’accesso e la sicurezza, anche in termini di trasporto delle informazioni. Oggi è diventato fondamentale pensare a un’infrastruttura flessibile, da adattare a esigenze diverse”.

Paradigmi mentali nuovi: anche per Umberto Casalone, CIO di SMW Autoblok Group, è qui che si gioca la sfida del New Normal. “Il problema – ha spiegato – si sposta sul processo: questo cambiamento ci spinge a maturare approcci diversi ai processi aziendali”.

Per Enrico Miolo, Collaboration leader di Cisco Italy, si può andare anche oltre: “Se l’ambiente ibrido e la sicurezza sono le fondamenta del New Normal, il nuovo valore per l’azienda è vedere applicata la tecnologia digitale di collaborazione anche al core business, ai processi.”.

Secondo Roberto Cavicchini, Corporate It director – Digital transformation di Mapei, “superata l’emergenza iniziale, oggi la priorità è portare il processo verso la persona: al centro c’è una user experience differente, che faccia comunque salvi i temi di governance e sicurezza”.

E Carlos Loscalzo, VP Secure Power di Schneider Electric, ha riportato al centro il concetto di resilienza: “Oggi – ha chiarito – servono infrastrutture capaci di supportare le nuove tecnologie nel modo più efficiente, flessibile e resiliente possibile”.

New Normal? “Le persone a casa si sentono sole e si demotivano – ha chiuso Enrico Parisini, CIO di Conserve Italia -: l’attività dirigenziale deve quindi saper rimotivare offrendo infrastrutture resilienti, ma anche un’attenzione particolare alle persone”.

Appuntamento con il prossimo evento del percorso Digital360Awards e CIOSumm.IT il 4 novembre, come annunciato dall’ad di Digital360 Raffaello Balocco.

Raffaello Balocco, amministratore delegato di Digital360

Ospite d’onore sarà Giovanni Valbusa, scienziato, biostatistico ed esperto immagine: con lui si aprirà un’ulteriore porta su quel presente e futuro destinati ad affermarsi sempre più come Normal. E che, dunque, diventeranno vita di tutti.

Digital360 Awards 2020 ecco gli sponsor

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