Soluzioni data driven per la supply chain 4.0

Qualcuno la chiama supply chain 4.0, qualcuno supply chain data-driven. Il fatto è che anche il settore della logistica sta attraversando una fase di radicale trasformazione, nella quale il ruolo dei dati, degli analytics, del machine learning sono sempre più determinanti

Pubblicato il 26 Nov 2018

supply chai

“Da anni si ripete che i dati sono il nuovo petrolio. In realtà io credo che siano destinati a diventare come la nuova acqua: semplicemente una risorsa fondamentale per le nostre aziende e per le nostre vite”.
Queste parole di Joel Gurin, fondatore e autore di OpenDataNow ci danno, forse più di ogni altro discorso, l’idea di cosa sia la data-driven economy di cui da tempo si parla: un’economia nella quale i dati hanno un ruolo centrale nella definizione delle strategie di business, nella gestione delle operation, nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi, nelle fasi decisionali, nei percorsi di innovazione e conoscenza.
Tradotto in termini concreti, significa che ogni azienda deve lavorare su strumenti, competenze e, soprattutto, sulla costruzione di una cultura basata sui dati.
Una cultura che coinvolge tutte le persone e tutti i dipartimenti, dalle HR al marketing, fino alla supply chain.
Così, quando si parla di HR data-driven, significa disporre di tutte le informazioni relative a un dipendente, dalla fase di recruitment al suo coinvolgimento, dalla gestione delle sue performance alle attività di formazione, al fine di trarne informazioni utili per definire le modalità in cui possa contribuire al meglio alle attività aziendali.
Analogamente, il marketing data-driven è il processo attraverso il quale i responsabili marketing definiscono strategie basate sull’analisi dei dati raccolti dalle interazioni dei clienti, con l’obiettivo di prevederne i comportamenti futuri e migliorare la customer experience rendendola sempre più personalizzata.

Cosa è la data-driven supply chain o supply chain 4.0

Secondo McKinsey, con il termine Supply Chain 4.0 si intende l’utilizzo di Internet of Things, robotica, advanced analytics e Big Data nella gestione della supply chain, con l’obiettivo di migliorare in modo significato le performance.
Già due anni fa, in un documento dedicato all’approfondimento di questa tematica, la società di consulenza sottolineava come la logistica negli ultimi 30 anni abbia conosciuto un cambiamento davvero radicale. Da funzione puramente operativa a riporto delle vendite o della produzione, il cui compito precipuo era quello di garantire la fornitura di materia prima alle linee di produzione e la consegna dei prodotti ai clienti nei tempi utili si è trasformata in qualcosa di nettamente diverso.
Oggi, quando si parla di supply chain management si fa riferimento a una funzione il cui focus si è spostato verso processi avanzati di pianificazione, come l’Analytics Demand Planning o Sales & Operations Planning. A una funzione che fa ampio uso di tecnologie di digitali per garantire i livelli di efficienza richiesta.

Cerchiamo di capire come.

Fine ultimo del supply chain management è arrivare – al momento giusto – alla perfetta corrispondenza tra la domanda e la fornitura.
Cosa impedisce di raggiungere l’obiettivo?
Generalmente si fa riferimento a tre fattori chiave che possono impattare negativamente sul risultato.
In primo luogo, l’incertezza della domanda e l’incapacità di prevederla con sufficiente accuratezza.
In secondo luogo, l’incertezza nella produzione, che condiziona il flusso logistico.
Infine, e non meno importante, la mancanza di sincronizzazione tra i partner della stessa filiera.

Tutti fanno riferimento a un’unica causa: la mancanza di informazioni adeguate. Nel primo caso la mancanza di informazioni crea disparità tra ciò che i clienti vogliono (anzi vorranno) e ciò che le aziende pensano potrebbero richiedere.
Nel secondo caso, la difficoltà può essere causata da rendimenti inferiori a quanto atteso o da guasti agli impianti di produzione.
Nel terzo caso, infine, la mancanza di sincronizzazione è in genere attribuibile proprio alla mancanza di informazioni tra i partner, che dunque non ricevono ciò di cui hanno bisogno quando server.

È proprio su questa mancanza di informazioni che giocano tutto il loro potenziale le tecnologie digitali, basate su un attento utilizzo dei dati, chiamate in campo per colmare le lacune sin qui evidenziate.
Vediamo come.

Misurare la domanda

La misurazione della domanda viene tradizionalmente effettuata utilizzando tecniche statistiche previsionali, basate su dati storici. Il problema è che la veridicità e l’attendibilità dei dati storici possono essere messe in discussione da eventi improvvisi – una crisi economica, particolari condizioni metereologiche, un’azione non prevista da parte di diretti competitor – difficili da tracciare con metodologie tradizionali.

Ed è qui che vengono in aiuto le nuove metodologie previsionali.
In primo luogo, sono in grado di raccogliere più dati e da più fonti, inclusi social network, previsioni del tempo, indicatori economici, sensori IoT, così da avere nuovi insight sui quali costruire le analisi.
In secondo luogo, possono utilizzare tecnologie come il Machine Learning per apprendere in modo continuo dai dati e comprendere come alcuni fattori impattino positivamente o negativamente sulla domanda.

Ottimizzare la produzione

In questo caso, l’obiettivo è introdurre una componente di proattività nella gestione della produzione. Finora ci si arrendeva all’ineluttabile: le machine si rompono, le rese possono essere maggiori o minori rispetto alle attese, così come la qualità del prodotto finito.
Finora, queste venivano considerate criticità da gestire, ad esempio, aumentando i lotti di produzione per superare i problemi di resa, o aumentando i cicli su una linea a compensazione di quella fuori uso.
Grazie all’Internet of Things, invece, è possibile monitorare le linee, misurarne le performance e utilizzare le analisi predittive per comprendere cosa tutti i dati raccolti significano in termini di resa, qualità o possibilità di guasto a una macchina di produzione.

Sincronizzare gli attori della supply chain

Qualcuno definisce la supply chain come una sorta di telefono senza fili, nel quale da un lato si trova il retailer che valuta la domanda sulla base dei comportamenti dei suoi clienti e la trasferisce al successivo attore della filiera, che a sua volta lo passa al successivo e così via: il risultato finale, come accade anche nel gioco, potrebbe non corrispondere a quanto inizialmente trasmesso dal retailer. Ed è qui che si parla di supply chain non sincronizzata.

Anche in questo caso ci sono tecnologie emergenti che possono venire in aiuto, in particolare la blockchain.
In questo caso parliamo di registri distribuiti le cui informazioni sono visibili a tutti i partecipanti, che garantiscono una sola e unica versione della “verità” rappresentata, nello specifico, dalla domanda da parte del consumatore, mantenendo tutti gli attori allineati e, dunque, sincronizzati su quella “verità”.

Le tecnologie che guidano una supply chain data-driven

Da sempre la gestione della supply chain ha richiesto un attento utilizzo delle informazioni e ha sempre spinto sulla necessità di raccoglierne di più e di usarle al meglio, così come ha sempre beneficiato dell’introduzione di nuovi strumenti a supporto, a partire dai software di Materials Requirement Planning, vale a dire le soluzioni per gestire le materie prime e i componenti necessari alla produzione, passando per gli ERP, che allargano la visibilità delle informazioni a tutto il perimetro aziendale.
Un ulteriore livello di analisi dei dati e delle informazioni si è aggiunto quando si è arrivati a creare degli ulteriori insight a partire dalle informazioni create da MRP ed ERP.
Ora siamo arrivati a un nuovo passaggio nel percorso di creazione dell’efficienza, grazie a una digital transformation basata su nuove tecnologie che abilitano la raccolta di nuovi dati – Internet of Things in primis – e lo sviluppo di nuovi insight – Machine Learning e Artificial Intelligence – con il risultato di migliorare il flusso informativo, trovare maggiore corrispondenza tra fornitura e domanda, trasformando ulteriormente i principi stessi su cui si basa il supply chain management.

Cinque caratteristiche della supply chain 4.0

È ancora McKinsey che descrive i benefici dell’evoluzione della supply chain grazie alla digital transformation e, in particolare, all’analisi avanzata dei dati.
Una supply chain data-driven è in primo luogo più veloce. L’utilizzo di predictive analytics su dati interni ed esterni e sullo “stato di salute” dei macchinari consente di accorciare i tempi previsionali non più su base mensile ma anche settimanale, se non addirittura giornaliera quando si parla di cosiddetti fast-moving consumer goods. Questo cambiamento consente di adattarsi in modo molto più preciso alla variabilità della domanda.
La seconda caratteristica è la flessibilità. Grazie all’implementazione di strategie data driven lungo la supply chain è possibile abilitare processi dinamici, in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti nella domanda o nelle condizioni di produzione, così da avere il minimo impatto possibile sulla soddisfazione dei clienti.
Si parla, in questo caso, di modelli as a service anche per la supply chain. Una supply chain as a service può essere applicata nella gestione del trasporto merci, in una logica di acquisto a servizio e di pay per use.
La terza caratteristica della Supply Chain 4.0 secondo McKinsey è la granularità ed è strettamente correlata alla crescente richiesta di prodotti personalizzati. Nell’ambito dell’Industria 4.0 si chiama “mass customization”, un apparente ossimoro che invece richiede una gestione dei clienti per cluster granulari e uno spettro maggiore di prodotti disponibili.
La quarta caratteristica è l’accuratezza, supportata dall’utilizzo di performance management system, sistemi di gestione delle performance di nuova generazione in grado di offrire una visione real time e trasparente lungo tutta la supply chain, di fissare automaticamente i target sulla base dei dati provenienti da magazzini, servizi di traporto, inventari, e di riadattarli anche in questo caso automaticamente all’insorgenza di variabili non previste, grazie ad algoritmi di Machine Learning che consentono loro di “imparare” e identificare i rischi.
Infine, parliamo di efficienza, grazie alla combinazione di automatizzazione e pianificazione.

Quattro aree di trasformazione

Sono quattro le aree funzionali nelle quali i percorsi di digital transformation assicurano gli impatti più significativi.
In primo luogo la pianificazione.
Big data, advanced analytics e automatizzazione sono destinati ad avere un impatto positivo sulle attività di planning nella supply chain.
Utilizzare, ad esempio, le analisi predittive nel demand planning significa utilizzare migliaia di dati interni ed esterni al perimetro aziendale al fine di ottenere un piano accurato e granulare. Secondo McKinsey, si può parlare di una riduzione tra il 30 e il 50 per cento negli errori di previsione.

Una seconda area nella quale l’impatto della digital transformation è e sarà sempre più significativo è il flusso fisico, il physical flow, che beneficerà di connettività, advanced analytics, addivitve manufacturing e advanced automation.
Basti pensare alla gestione dei magazzini, ma anche alla sempre più stretta integrazione tra uomo e macchina in tutti i processi, grazie a nuove interfacce touch o alla proliferazione di dispositivi indossabili, alle soluzioni robotizzate così come ai veicoli smart utilizzati nella gestione dei materiali.

La terza area di miglioramento è nella gestione delle performance. Secondo McKinsey, la disponibilità in tempo reale di dati granulari provenienti da fonti interne ed esterne consente di trasformare il monitoraggio e la misurazione delle performance da attività da svolgere su base mensile in un processo operativo continuo, in grado di gestire le eccezioni e stimolare il miglioramento.

Nell’ambito dell’order management, entrano in campo concetti nuovi, come il “no-touch order processing”, vale a dire la completa automatizzazione del processo di gestione degli ordini senza necessità di interventi manuali, dall’inserimento alla conferma dell’ordine stesso.

A completamento di quanto sin qui esposto, possiamo aggiungere un ulteriore livello di miglioramento, che guarda invece alla collaboration. Grazie al cloud, è possibile pensare alla supply chain come a una piattaforma alla quale partecipano l’azienda, i suoi clienti, i fornitori, non solo con l’obiettivo di avere una vista unificata su tutti i processi, ma anche di condividere best practice ottimizzando tempi e costi.

La Supply Chain 4.0 nella visione di Beantech

Andrea Bez - Beantech

Di uno degli aspetti cruciali della digital supply chain, il demand planning,  si occupa da tempo BeanTech, system integrator e Gold Partner Microsoft, che su questa tematica ha sviluppato una propria practice consolidata, nella quale l’aspetto consulenziale riveste un ruolo chiave.
Spiega Andrea Bez, che di questa practice è specialista: “I supply chian manager e i responsabili di produzione hanno bisogno di tenere sotto controllo tutte le componenti variabili e non prevedibili del loro lavoro. Pensiamo a chi produce beni ad alta deperibilità, che ha bisogno di tenere sotto controllo l’impredicibile per evitare sprechi. Oppure, spostandoci su altri ambiti, alle aziende ospedaliere che vogliono incrociare i dati della domanda, ad esempio di visite specialistiche, con la presenza dei medici negli ambulatori”.
In questo caso, spiega Bez, non è l’IT la chiave di volta: l’IT è il supporto a chi gestisce e pianifica processi di business.
BeanTech risponde a questi bisogni mettendo in campo forze sinergiche: “In BeanTech abbiamo risorse di sviluppo, risorse consulenziali, competenze per la gestione del machine learning, data scientist e data analyst che creano algoritmi complessi, sicuramente più efficaci rispetto a componenti standard. Per i suoi clienti, BeanTech sviluppa algoritmi ad hoc”.
La proposta di BeanTech poggia su alcuni assi portanti dell’offerta Microsoft, PowerBI in primis e Azure come piattaforma abilitante.

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