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Customer Experience: significato, esempi e vantaggi

La Customer Experience è un elemento di differenziazione tra aziende e ha un impatto determinante sui risultati di business. In questa guida scopriamo di cosa si tratta, quali sono i suoi elementi fondanti e come ottimizzarla e misurarla, tenendo conto di un cliente sempre più connesso ed esigente

Pubblicato il 25 Nov 2021

CUSTOMER EXPERIENCE

Secondo il Global Customer Experience Benchmarking Report di NTT Data, il 90,9% delle aziende ritiene che la Customer Experience sia un primario elemento di differenziazione. La percentuale scende al 57,9%. Ma resta comunque molto alta, se si considera invece il punto di vista dei consumatori. La percezione che gli acquisti siano più indirizzati dall’esperienza che dal prodotto o servizio è ormai un dato di fatto e influenza le strategie delle aziende.

Cos’è la Customer Experience

La Customer Experience (CX) è la somma di tutti i momenti di contatto tra il brand e il cliente. È un concetto ampio e avvolgente perché non riguarda solo il percorso d’acquisto, ma anche tutte le fasi, le situazioni e i momenti di relazione con il marchio. Dal modo in cui l’azienda riesce a soddisfare un cliente sempre più connesso ed esigente, che si muove con disinvoltura sul terreno dei canali fisici (il punto vendita) e virtuali (e-commerce, social, app), dipende infatti buona parte del suo successo sul mercato, e non è un caso che molte imprese si stiano muovendo (a livello strategico e operativo) proprio sul terreno della customer-centricity.

Il concetto di centralità del cliente, che esiste da sempre, assume così nuovi connotati e plasma strategie e processi aziendali. Ne risultano impattati non soltanto le vendite e il marketing, ma anche la comunicazione, la gestione della Supply Chain e le operations, per non parlare del customer care, altro pilastro fondante della Customer Experience.

La stessa logistica, per molto tempo un centro di costo, è diventata un fortissimo elemento di differenziazione strategica. Si pensi ad Amazon e a tutte le imprese, anche nel B2B, che fondano il proprio successo su spedizioni rapide, sicure, con tracking evoluto, tecnologie di Geofencing e servizi a valore aggiunto integrati. Tutto ciò va a comporre l’esperienza del cliente: dalla relazione con l’addetto alle vendite in negozio alla possibilità di conversare con un chatbot per organizzare la restituzione di un prodotto difettoso, dalla consegna on-demand alla possibilità di acquistare online e ritirare nel punto vendita più vicino.

Gli esempi di Customer Experience di riferimento non mancano. Abbiamo già citato Amazon a livello di efficienza logistica. Ma pensiamo anche a Starbucks, che ha permesso ai clienti fidelizzati di creare le proprie bevande personalizzate tramite app. A Sephora, che utilizza la realtà aumentata per simulare l’effetto dei propri prodotti sulle persone e via dicendo. Il mix di efficienza, visione customer-centric, creatività e sfruttamento delle potenzialità del digitale è alla base del successo.

Perché la CX è importante per le aziende

La Customer Experience è importante per le aziende perché è un fattore primario di fidelizzazione. Ovvero, usando la terminologia del marketing, perché abbatte i costi di retention. Le aziende sanno bene quanto sia alto il valore di un cliente fidelizzato. Cresce il Customer Lifetime Value, il tasso di abbandono cala drasticamente e si rafforza il legame tra la persona e il brand. Ciò non indirizza unicamente i suoi acquisti futuri, ma anche la capacità di condizionare le scelte degli altri, fungendo da Ambassador del brand.

La Customer Experience è importante per le aziende per via del rapporto tra la retention e i profitti. Bain & Company dichiarò che nel mondo della finanza un aumento di retention del 5% potesse portare fino a un +25% di profitto e che le aziende in grado di creare ottime CX ottenessero revenue tra il 4% e l’8% al di sopra della media di mercato, motivi più che sufficienti per intraprendere il percorso verso la vera customer-centricity.

Come migliorare l’esperienza del cliente nel modello omnicanale

Le aziende si interrogano quotidianamente su come migliorare l’esperienza del cliente. Come detto, il tema è ampio e va affrontato con una visione sistemica, che non si limiti a perfezionare un segmento della CX (es, i KPI del Contact Center). Ma che gradualmente trasformi l’impresa mettendo il cliente al centro delle sue scelte strategiche e operative.

Oggi, viviamo nel mondo dell’omnicanalità. I punti di contatto (touchpoint) attraverso i quali si sviluppa la relazione tra il brand e il cliente sono moltissimi: il punto vendita, il sito istituzionale, l’e-commerce, il contact center, i canali social e le newsletter, per esempio. L’azienda deve essere in grado di presidiarli tutti e di farli convergere in un’unica esperienza integrata. In questo si manifesta il concetto di omnicanalità.

L’approccio omnicanale è talmente centrale nelle strategie aziendali, che sempre più spesso si parla di omnichannel Customer Experience, cioè della capacità di abbattere la frammentazione dei canali (di vendita e di contatto) garantendo un’esperienza il più possibile integrata.

L’esempio è quello dei canali di vendita online e offline nel retail. Nonostante le aziende abbiano punti vendita, e-commerce, canali social, marketplace e centri logistici separati, l’esperienza d’acquisto deve essere una sola a prescindere da come il cliente decide di percorrere il suo journey. Se anche oggi è del tutto normale acquistare online e ritirare in negozio, ciò che abilita questa fattispecie non è banale. Si tratta di integrare i sistemi del punto vendita con quelli dell’e-commerce. Ma anche di coordinare i processi e gestire la logistica facendo in modo che il prodotto arrivi in negozio in tempo utile per il ritiro.

Quella riportata, oltretutto, è la fattispecie più semplice di omnicanalità. Ma nulla vieta di acquistare il prodotto in negozio tramite app e ritirarlo poche ore dopo in un locker a due passi da casa, così da evitare il peso del trasporto. Si stanno anche sperimentando ipotesi di consegna on-demand, basata sulla geolocalizzazione del cliente. Non ci sono limiti alle potenzialità del modello omnicanale. Ed è piacevole constatare che, complice l’accelerazione digitale data dalla pandemia, molte aziende stiano investendo in tal senso. Così da massimizzare la soddisfazione del cliente e legarlo a sé a tempo indeterminato.

Comunicazione omnicanale per migliorare l’esperienza del cliente

Un altro ambito nel quale le aziende devono investire per migliorare l’esperienza del customer è la comunicazione. Oggi, il cliente è solito comunicare su svariati canali, a partire dalle classiche telefonate ma più frequentemente attraverso app di messaggistica, video e canali social. È un cliente che, eccezioni escluse, conosce bene le dinamiche della comunicazione multicanale e non ha nessuna difficoltà a passare da un canale all’altro. Conosce le differenze e, soprattutto, ha ben chiari i vantaggi e gli svantaggi di ogni canale, strumento e app.

A tal proposito, si parla di omnichannel contact center perché il cliente si aspetta di poter decidere come interagire con il brand. Non gli basta un indirizzo e-mail o un numero di call center, lui vuole poter chattare con un operatore o con un bot. Vuole poter inviare un’e-mail ed essere ricontattato in altro modo, magari con una telefonata. Inoltre, per contattare il brand e ricevere le informazioni di cui ha bisogno, desidera utilizzare le sue app di messaggistica preferite, tra cui WhatsApp, Telegram e Messenger. Dalla capacità del marchio di assecondare questa libertà di comportamento in modo agile e veloce dipende buona parte della soddisfazione del cliente. E quindi il ritorno dell’investimento.

Per migliorare l’esperienza del cliente, l’azienda non deve semplicemente supportare tutti i canali di comunicazione in ingresso (inbound). Ma deve poterli miscelare in modo sinergico andando a plasmare un contact center moderno. Una struttura che di fronte a una richiesta via e-mail inoltra un documento su WhatsApp. E dà seguito alle richieste telefoniche attivando immediatamente un canale video per aiutare il cliente a risolvere il problema. La capacità di miscelare liberamente, o meglio, a seconda delle preferenze del cliente, i canali in ingresso e uscita è ciò su cui si basa l’omnichannel contact center, pilastro della Customer Experience.

Quando invece è l’azienda (o meglio, il marketing) a contattare il cliente (outbound), magari per una promozione personalizzata, valgono considerazioni analoghe. Un’impresa customer-centric ha strumenti ad hoc (come le piattafome CPaaS, e/o le Customer Data Platform) che permettono di capire in che modo relazionarsi col cliente e su quale canale. Così da massimizzare il successo delle campagne.

Il ruolo del Customer Journey nella Customer Experience

Customer Journey e Customer Experience sono due espressioni complementari. Se CX ha una forte valenza emozionale, ovvero rappresenta il feeling del cliente rispetto alla relazione con il brand, il Customer Journey è il percorso all’interno del quale si sviluppa l’esperienza. Il Journey è popolato di elementi di contatto e di interazione (diretta o indiretta), che il marketing chiama touchpoint. E, tradizionalmente, si estende a tutto il ciclo di vita del cliente. Le caratteristiche portanti del Customer Journey moderno sono la sua complessità e la difficoltà di prevedere le mosse del cliente. Cliente che si può muovere liberamente tra decine di touchpoint pretendendo comunque un’esperienze integrata ed engaging.

Mappare e perfezionare il Customer Journey è un’attività molto complessa ma, parimenti, di straordinaria utilità. È complessa perché nel corso del tempo e con l’avanzata del digitale i touchpoint sono aumentati esponenzialmente. E non tutti sono sotto il diretto controllo dell’azienda. L’obiettivo è riuscire a visualizzare il percorso del cliente attraverso i touchpoint. E questo cercando di capire se vi siano opportunità di miglioramento. E come fare per rendere il journey sempre più fluido e piacevole per il cliente. L’avanzata del digitale in ogni ambito di interazione ha sì complicato il quadro. Ma ha anche abilitato un approccio data driven. Un approccio che permette di andare molto in profondità nella comprensione delle dinamiche di acquisto, del comportamento dei clienti e delle cause di eventuali punti di attrito.

Le tecnologie Customer Experience, dal CRM all’IoT

Il digitale aiuta le imprese ad affrontare le sfide della CX e del customer engagement. In un mondo fortemente data-driven, tutte le interazioni tra l’azienda e il suo cliente possono essere monitorate al fine di personalizzare il rapporto. Altro elemento che incide in modo determinante sulla CX, e di conseguenza sulla customer satisfaction e sulla retention.

Nell’esperienza digitale tutto può essere tracciato e valorizzato. E questo vale per una conversazione con un chatbot, un’e-mail, lo storico degli acquisti, la percentuale di abandoned carts, il percorso all’interno dell’e-commerce, anche i contenuti delle telefonate al contact center. L’obiettivo è la segmentazione finissima del target, al limite del “segmento di uno” ovvero della personalizzazione massima del rapporto tra il brand e il cliente. Si aprono sfide tecniche importanti, legate soprattutto all’integrazione tra i touchpoint e anche tra i canali di comunicazione, che le aziende hanno sempre gestito a silos. Di seguito, alcune piattaforme, tecnologie e strumenti fondamentali per perfezionare la CX e che appartengono al cosiddetto MarTech.

CRM (Customer Relationship Management) e CDP (Customer Data Platform)

Il CRM contiene tutti i dati delle relazioni tra il cliente e l’azienda. Nato come strumento a supporto delle vendite, il Customer Relationship Management traccia e riunisce le informazioni su clienti, lead e prospect lungo il percorso di acquisto. Le fonti dei dati sono solitamente interne all’azienda, cioè le attività di marketing, le vendite e il contact center, ovvero le interazioni dirette tra il brand e il cliente.

Non è prevista l’integrazione con fonti esterne, come i comportamenti sui social media, le conversioni delle newsletter e altro ancora. Per una maggiore livello di integrazione, da cui una segmentazione molto più fine, viene in soccorso una Customer Data Platform. Questo nasce come strumento a supporto diretto delle strategie di marketing. Il suo obiettivo è riuscire a integrare il maggior numero di fonti possibili (e quindi di dati). E questo per poter condurre analisi sul comportamento e le abitudini dei clienti, raggiungendo il famoso “segmento di uno”. Insieme, una CDP e una piattaforma CPaaS (vedi dopo) permettono di inviare al cliente il messaggio giusto, al momento giusto e sul canale più appropriato.

Contact Center as-a-service (CCaaS)

Sono software cloud-based (SaaS) che integrano tutti i canali di comunicazione a supporto di un contact center moderno e flessibile. Le soluzioni CCaaS miscelano la scalabilità del cloud. E offrono il modello di costo a consumo con la possibilità di assecondare le esigenze di un cliente imprevedibile sotto il profilo dei canali di contatto. Inoltre, gestiscono tutti i processi del contact center. Essi permettono di miscelare i canali di contatto a seconda delle esigenze dei clienti. Integrano funzionalità di data analysis al fine di migliorare le performance della struttura.

Communications Platform as-a-service (CPaaS)

Rispetto al caso precedente, non siamo di fronte ad un software fornito come servizio (SaaS) ma ad una piattaforma (PaaS). Piattaforma che permette di integrare (via API) canali e funzionalità di comunicazione all’interno delle applicazioni che le aziende mettono a disposizione dei propri clienti. Le piattaforme migliori permettono un’orchestrazione fine dei vari canali in funzione del comportamento dei clienti stessi, grazie alla connessione con il CRM, con le CDP e altri database.

Automazione

L’impiego di assistenti virtuali (chatbot) può condizionare positivamente l’esperienza introducendo l’elemento self e la disponibilità 24/7. Tutto ciò, a patto che il software sia in grado di comprendere ciò che viene richiesto e di agire di conseguenza. Rispetto a qualche anno fa, in cui i chatbot rispondevano unicamente a domande predefinite, l’integrazione con il CRM ha abilitato un livello maggiore di contestualizzazione. Inoltre, l’impiego del Natural Language Processing, dei motori semantici e di AI ha permesso loro di migliorare notevolmente sia sul fronte della comprensione che dell’azione.

Internet of Things

IoT ha due ambiti principali di impiego nel mondo della CX: in store e all’interno dei prodotti. In punto vendita, i sensori e i dispositivi IoT vengono usati per comprendere i comportamenti e i percorsi d’acquisto, personalizzando l’esperienza dei visitatori. Se inseriti all’interno dei prodotti, i dispositivi IoT permettono all’azienda di capire come questi vengano usati dai clienti. Questo per anticipare le loro esigenze e necessità future.

Customer Experience KPI: oltre il Net Promoter Score

Il mondo dei Customer Experience KPI, ovvero degli indici che misurano la qualità dell’esperienza, è talmente ampio da non poter essere racchiuso in un quadro sintetico. Inoltre, i KPI utili per comprendere la voice of the customer non sono gli stessi per tutte le aziende. La scelta deve essere indirizzata dalle strategie, dagli obiettivi, dal settore in cui si opera, dalla maturità della CX offerta. Dipende dal posizionamento sul mercato, dalla cultura aziendale, da trend in atto e da moltissimi altri fattori. Ciò premesso, è comunque possibile riportare i più comuni Customer Experience KPI, quelli usati da buona parte delle imprese per misurare l’efficacia delle proprie strategie e attività.

Net Promoter Score

È l’indice più comune per la valutazione della brand experience, con un livello di adozione in continuo aumento dal 2003, anno in cui venne introdotto. I clienti devono rispondere a una semplice domanda. “In una scala da 0 a 10, con quale probabilità raccomanderesti il nostro prodotto/la nostra azienda a un amico o a un collega?”. Seguita da un modulo per motivare la valutazione. È molto utile per capire il livello di fedeltà del cliente all’impresa.

Customer Satisfaction

Alternativa comune al Net Promoter Score, ha diverse varianti. Ma solitamente è una semplice valutazione da 1 a 5 relativa all’efficacia del servizio appena usufruito (un pagamento, un acquisto, una interazione con il contact center…).

Customer Effort Score (CES)

Serve a misurare l’impegno (effort) che il cliente deve investire per trovare soddisfazione alle proprie esigenze. Aiuta l’azienda ad analizzare la complessità del servizio. Nel caso in cui essa abbia adottato un percorso di transizione verso il paradigma omnicanale, CES aiuta a misurare il livello di maturità di tale percorso.

Customer Retention Rate

Posto che la fidelizzazione è un obiettivo centrale di ogni strategia di CX, la customer retention è un indicatore fondamentale per misurare il successo (o meno) delle attività attuate. A questo KPI è strettamente connesso un altro indicatore molto comune: il churn rate, ovvero la percentuale di abbandono dei clienti.

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