Mercati

Intelligenza Artificiale: è importante essere “ai blocchi di partenza”

Un mercato che per ora, in Italia, è valutato intorno agli 85 milioni di euro, ma le cui prospettive di crescita sono enormi. Ad oggi, tuttavia, la maggior parte delle aziende ha ancora una visione confusa di cosa si intenda per intelligenza artificiale. L’Osservatorio Artificial Intelligence del Politenico di Milano, che presenta oggi i dati della seconda edizione illustrati in anteprima a ZeroUno dal direttore della ricerca Giovanni Miragliotta, lancia un messaggio forte e chiaro alle imprese: preparatevi ai blocchi di partenza. Il rischio è, altrimenti, di rimanere fermi al palo nella nuova competizione globale

Pubblicato il 19 Feb 2019

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“Le organizzazioni hanno una visione dell’Artificial Intelligence confusa, che deriva da una fase di frenetica attenzione da parte dei media”, è la prima considerazione di Giovanni Miragliotta, Direttore della ricerca, insieme a Nicola Gatti e Alessandro Piva, dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano nell’intervista rilasciata in anteprima a ZeroUno sui risultati di un anno di lavoro che vengono presentati oggi nel Convegno Artificial Intelligence: on your marks!

La seconda edizione dell’Osservatorio, dopo l’approccio più descrittivo e didascalico che ha contraddistinto l’edizione 2018, ha introdotto, in linea con la caratteristica peculiare degli Osservatori Digital Innovation di analisi concreta del mercato e dei suoi trend evolutivi, tre novità importanti dal punto di vista metodologico: una survey, indirizzata alle grandi organizzazioni operanti in Italia, l’analisi del mercato dell’Artificial Intelligence e un percorso di workshop tecnici di approfondimento delle principali tematiche emergenti.

Ed è proprio sulla base delle evidenze emerse da queste analisi che Miragliotta dice: “Le imprese intervistate pensano perlopiù a un’intelligenza artificiale capace di replicare completamente l’intelligenza umana (Intelligenza Artificiale Generale), un concetto che ha poco a che fare con i risvolti pratici della disciplina”.

Definire il perimetro dell’intelligenza artificiale

Il primo ambito di approfondimento è dunque quello di comprendere il perimetro del dominio dell’intelligenza artificiale e qual è la percezione delle aziende di questi confini.

Partiamo dalla definizione di intelligenza artificiale che fornisce l’Osservatorio: “L’Artificial Intelligence è il ramo della computer science che studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di capacità tipiche dell’essere umano (interazione con l’ambiente, apprendimento e adattamento, ragionamento e pianificazione), capaci di perseguire autonomamente una finalità definita, prendendo delle decisioni che, fino a quel momento, erano solitamente affidate a delle persone”.

grafico che mostra La conoscenza dell’AI nelle aziende italiane
Figura 1 – La conoscenza dell’AI nelle aziende italianeFonte: Osservatorio Artificial Intelligence del Politenico di Milano

Siamo dunque lontani dall’idea che l’AI possa rimpiazzare l’intelligenza umana eppure, fa notare Miragliotta, “l’elemento maggiormente indicato dalle imprese come rappresentativo dell’AI (dal 58% del campione) è quello relativo alla capacità dei sistemi di intelligenza artificiale di emulare i processi cognitivi dell’essere umano. Tale aspetto si lega al concetto di Intelligenza Artificiale Generale, il campo di ricerca che si occupa di studiare un sistema capace di replicare completamente l’intelligenza umana. Quest’area, tuttavia, ha ricevuto poco interesse da parte della comunità scientifica che, in buona parte, segue la teoria per cui l’intelligenza umana è troppo complessa per essere replicata completamente”. Come si vede in figura 1, un terzo dei rispondenti (35%) associa l’AI a un gruppo di tecniche come, ad esempio, il Machine Learning, individuando un ruolo predominante nella costruzione di modelli e algoritmi: “Che poco meno di un terzo del campione associ l’AI a uno dei suoi principali campi di applicazione dimostra una conoscenza ancora circoscritta del fenomeno”, constata il Direttore, evidenziando poi che “solo il 14% del campione ha compreso che l’AI si caratterizza per lo sviluppo di sistemi dotati di capacità tipiche dell’essere umano, un aspetto che ricalca la definizione fornita dall’Osservatorio. Ecco perché si può affermare che tra le imprese italiane prevale una visione dell’intelligenza artificiale ancora influenzata dai media”.

Secondo le stime dell’Osservatorio stiamo parlando di un mercato ancora agli albori in Italia, valutato per il 2018 intorno a 85 milioni di euro. Una cifra che comprende, oltre alle spese sostenute dalle aziende end user per sviluppare direttamente algoritmi di intelligenza artificiale, anche la spesa dedicata all’hardware di base a supporto dell’immagazzinamento e dell’elaborazione dei dati, ai software di ingestion, gestione e manipolazione dati e ai servizi di integrazione e personalizzazione, qualora queste ultime voci fossero propedeutiche all’implementazione della nuova soluzione di intelligenza artificiale. “È però un mercato che già oggi – afferma Miragliotta – lascia intravedere l’enorme portata e le implicazioni. Per questo abbiamo scelto questo titolo per il Convegno: ‘on your marks!’ è un messaggio forte a tutti gli attori perché prendano posto ai blocchi di partenza per una trasformazione che, oggi, è solo all’inizio e di cui non si conoscono ancora appieno le regole e la durata, ma che non può trovare le aziende impreparate”.

La diffusione delle soluzioni di AI in Italia

Qual è dunque il livello di diffusione oggi di soluzioni di intelligenza artificiale? L’Osservatorio rileva che solo il 12% delle imprese intervistate ha portato a regime almeno un progetto di intelligenza artificiale (dove il Virtual Assistant/Chatbot risulta la classe di soluzioni più diffusa, figura 2), mentre quasi un’organizzazione su due non si è ancora mossa. Un dato interessante è che tra le aziende che hanno in corso un progetto, ben il 68% si dichiara soddisfatto dei risultati ottenuti, dato non scontato quando si tratta dell’implementazione di tecnologie nuove che hanno anche un impatto non secondario sull’organizzazione aziendale.

Figura 2 – Lo stato di avanzamento dei progetti di AI in ItaliaFonte: Osservatorio Artificial Intelligence del Politenico di Milano

“Quando si parla di Artificial Intelligence – spiega Miragliotta – si fa riferimento, implicitamente, a una molteplicità di classi di soluzioni: alcune di queste nascono proprio con l’AI, altre, invece, hanno radici provenienti da ambiti diversi (Analytics, IoT e Industria 4.0, tra gli altri)

, ma sono state trasformate e potenziate dall’AI in maniera tale da giustificarne l’appartenenza anche a quest’ambito. Uno degli obiettivi perseguiti durante il secondo anno di Ricerca dall’Osservatorio è stato individuare quali tra le soluzioni identificate lo scorso anno siano d’interesse per le medie e grandi aziende e quali vedano già avviate iniziative concrete”.

A seconda dei livelli di diffusione (progetti che hanno raggiunto almeno la fase di sperimentazione in scala ridotta) e d’introduzione prevista (idee progettuali per le quali è già stato stanziato un budget), l’Osservatorio ha identificato tre cluster nei quali si colloca ciascuna soluzione (figura 3):

  • Emergenti: sono soluzioni caratterizzate da una buona diffusione attuale e introduzione prevista. Le classi di soluzioni appartenenti a questo cluster sono Language Processing, Demand Forecast, Predictive Maintenance, Image Processing, Fraud Detection, Recommendation e infine Virtual Assistant/Chatbot, che spicca sulle altre in entrambe le dimensioni;
  • Mature: sono caratterizzate da una buona diffusione, ma con un’introduzione prevista inferiore alle emergenti, ne fanno parte Robotic Process Automation e Pattern Discovery;
  • Incognite: sono caratterizzate dai tassi di diffusione e introduzione prevista più bassi. A farne parte sono Churn Prediction, Dynamic Pricing, Autonomous Robot, Intelligent Object, Content Design e Autonomous Vehicle. In questo cluster vi sono due tipologie di soluzioni: quelle che hanno un bacino ristretto di utilizzo, come per esempio il Content Design, e altre con potenzialità più ampie, ma sulle quali le aziende non sono ancora pronte a investire, come ad esempio gli Autonomous Vehicle.
grafico che mostra Lo scenario applicativo dell’AI in Italia
Figura 3 – Lo scenario applicativo dell’AI in ItaliaFonte: Osservatorio Artificial Intelligence del Politenico di Milano

Cosa succede nel mondo?

L’Osservatorio non si è limitato ad analizzare la situazione italiana, ma ha gettato lo sguardo anche all’estero per cercare di capire come si stanno muovendo gli altri paesi: “L’Artificial Intelligence si sta dunque preparando a generare un forte impatto sulla società, pertanto, sono molti i Paesi che stanno sviluppando dei piani nazionali finalizzati a competere con successo in questo mercato”, ricorda Miragliotta, che aggiunge: “Sebbene ogni Stato abbia sviluppato la propria strategia coerentemente con il tessuto sociale e imprenditoriale della nazione, non mancano alcuni elementi ricorrenti”.

Prima di tutto le implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale che, come abbiamo approfondito nella Storia di Copertina di febbraio, è un tema cruciale. In secondo luogo, ricorda Miragliotta, “vi sono aspetti legati all’istruzione e allo sviluppo di competenze legate all’AI: molti Paesi hanno già compreso che, per riuscire a estrarre il giusto valore dall’AI, è necessario sia sviluppare nuove figure professionali sia aumentare la conoscenza dei cittadini. Per questo motivo, molte nazioni hanno avviato dei piani di formazione coinvolgendo il sistema d’istruzione: la Finlandia è uno degli Stati più attivi su questo fronte e nel 2018 il governo ha promulgato un piano d’istruzione per oltre 50.000 cittadini, finalizzato a divulgare la conoscenza delle tecniche di machine learning”.

Se questi due temi hanno conquistato l’attenzione dei media, ve ne sono altri, meno noti, che hanno un impatto importante nella capacità dei “sistemi paese” di cogliere realmente le opportunità dell’AI. “Uno di questi – spiega il Direttore – è la centralità del dato: il cuore di tutte le applicazioni di intelligenza artificiale non può che essere il dato, da cui l’AI è in grado di estrarre del valore. Secondo un report di McKinsey, le nazioni che promuoveranno libero accesso e condivisione dei dati, saranno quelle che avranno maggiori probabilità di vedere i progressi dell’AI. A tal proposito, per esempio, la Francia punta su una politica di data sharing, un piano per rendere dataset pubblici e privati disponibili per le applicazioni di intelligenza artificiale, che serviranno l’interesse pubblico in settori quali Sanità e Gestione del patrimonio ambientale”.

È poi importante creare un ecosistema orientato a condividere conoscenze e competenze sul tema: “Sono auspicabili collaborazioni tra pubblico e privato, tra le diverse aziende, ma anche tra i vari Stati. In Europa, per esempio, Francia e UK hanno siglato un accordo di cooperazione per mettere a fattor comune e sfruttare le competenze dei due Paesi al fine di sviluppare progetti che contribuiscano alla crescita digitale di entrambe le nazioni”, spiega Miragliotta.

Infine, bisogna favorire la nascita di centri di ricerca, parte essenziale dell’ecosistema, necessari per approfondire le aree dell’Artificial Intelligence, comprendere le nuove tecnologie e sviluppare algoritmi per le possibili applicazioni: “Il Canada è stato il primo Paese a rilasciare un Piano per l’AI che ponesse al centro la ricerca: la sua strategia, Pan-Canadian Artificial Intelligence Strategy, ha come obiettivo quello di aumentare il numero di ricercatori e laureati altamente qualificati, migliorando le capacità di ricerca attraverso la collaborazione di tre diversi centri d’eccellenza. Anche l’Italia si sta muovendo in questa direzione con la nascita del Laboratorio Nazionale CINI AIIS (Artificial Intelligence and Intelligent Systems), un ente che coinvolge otto università e tre centri di ricerca con la volontà dichiarata di creare le basi per un efficace ecosistema italiano dell’intelligenza artificiale”.

Vi sono poi alcuni Stati che hanno sviluppato strategie più differenziate poiché focalizzate sugli aspetti distintivi del proprio Paese: l’India, per esempio, ha come punto cardine del suo Piano non solo la crescita economica, ma anche l’inclusione sociale; l’obiettivo, denominato #AIforAll, è quello di aumentare le competenze dei cittadini per consentire loro di trovare lavori gratificanti e diffondere le soluzioni di intelligenza artificiale sviluppate in India agli altri Paesi in via di sviluppo. Gli UAE (United Arab Emirates) hanno istituito il primo ministero per l’intelligenza artificiale con l’intento di utilizzare l’AI per migliorare le performance del governo in 9 settori: trasporti, salute, spazio, energie rinnovabili, acqua, tecnologia, educazione, ambiente e traffico. “Infine – conclude Miragliotta – la Russia, sebbene non abbia un’esplicita politica nazionale sull’AI, ha intensificato gli investimenti per volontà del presidente Putin, il quale ha sottolineato pubblicamente il legame che secondo lui esiste tra Artificial Intelligence e ‘dominio del mondo’, lasciando dunque trasparire la volontà di fronteggiare Cina e USA per la leadership mondiale sul tema”.

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