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Chip: si torna ai wafer da 200mm ed è una buona notizia

Entro il 2026 la capacità produttiva di chip creati da wafer con diametro da 200mm segnerà un +14%. Secondo SEMI non si tratta di un ritorno agli anni Novanta ma dell’inizio di una svolta: la supply chain sarà più resiliente, fluida, ricca e sicura

Pubblicato il 11 Ott 2023

Immagine di Foryoui3 su Shutterstock

Lasciandosi alle spalle, per ora, le emergenze legate alla carenza di silicio, il mondo dei semiconduttori resta irrequieto. Secondo gli esperti SEMI (associazione che raggruppa i principali produttori di semiconduttori al mondo), la supply chain a supporto delle tecnologie del futuro è destinata a subire ancora forti scossoni. Cambiamenti, evoluzioni, non per forza negativi, ma che richiedono massima attenzione e, soprattutto, una grande elasticità. La forte variabilità che oggi imperversa, per esempio, è una mera ma seria questione di dimensioni non immediata da comprendere, interpretare e gestire.

Produzione in aumento e verso est

I buoni osservatori si saranno accorti che i principali fornitori di chip, come Bosch, Fuji Electric, Infineon, Mitsubishi, Onsemi, Rohm, STMicroelectronics e Wolfspeed, stanno aumentando i loro progetti caratterizzati da una produzione focalizzata su wafer da 200 mm. Non è un caso, questo numero, e nemmeno un ritorno agli anni Novanta, come capita nel mondo fashion. Si tratta di un trend confermato anche dal nuovo report SEMI che, tra il 2023 e il 2026, prevede una crescita del 14% della capacità produttiva globale dei wafer con esattamente questo diametro.

Vedremo spuntare 12 fabbriche di questo genere, ad alto volume, che arriveranno a stupirci con un picco di oltre 7,7 milioni di wafer al mese. A crescere sarà soprattutto la categoria dei semiconduttori automobilistici (+34%), seguita da MPU/MCU (+21%) e dai MEMS (+16%). Dal punto di vista tecnologico, i protagonisti saranno i nodi di processo da 80 nm a 350 nm, con una crescita del 10% per i nodi da 80 nm a 130 nm e del 18% per i nodi da 131 nm a 350 nm, nel periodo di previsione.

Le aree geografiche maggiormente “responsabili” di questi dati, le più floride e produttive, sono quelle del Sud-Est asiatico, che si distinguono con un + 32% di capacità, ma la Cina, con il suo +22%, si difende bene e punta a raggiungere un tasso di produzione di oltre 1,7 milioni di wafer al mese entro il 2026. Vuole dominare in modo assoluto oltre un quinto di questo mercato entro 3 anni, lasciando il 16% al Giappone e altre quote ancor meno significative ad America e Medio Oriente. E qualche punto percentuale anche all’Europa che, secondo SEMI, si dovrà accontentare del 14%, se riuscirà a registrare un aumento di produzione dell’11%.

Perché i 200mm restano interessanti per il mercato

Si delinea un quadro chiaro sul destino delle fabbriche di semiconduttori che saranno sempre più per wafer da 200 mm. Uno scenario non scontato, quello annunciato dal report, visto che attualmente il diametro più comunemente utilizzato è di 300 mm, con quello da 450 mm pronto all’orizzonte. Razionalmente, infatti, si dovrebbe procedere con un continuo aumento delle dimensioni, per poter inserire su un singolo wafer un maggior numero di chip, o lo stesso numero ma di chip più grandi.

C’è però un “ma”: adattare ogni volta le fabbriche per gestire diametri crescenti è costoso e richiede molto tempo. Costruirle da zero, è ancor meno opportuno di questi tempi. Si ripiega quindi su un approccio più equilibrato, ragionevole e possibile: una soluzione di compromesso tra capacità all’avanguardia e convenienza economica che porta a fabbriche per wafer più piccoli. Da 200mm, appunto.

Si tratta perlopiù di strutture in grado di produrre una vasta gamma di circuiti integrati e dispositivi a semiconduttore, anche quelli destinati ad applicazioni che non richiedono kit avanzati. Dai microcontrollori e microprocessori, ai chip di memoria e analogici utilizzati in televisori e monitor, ai circuiti integrati a segnale misto per l’elettronica di consumo. Tutti chip fondamentali, come anche quelli impiegati anche nel vivace automotive. Proprio questo settore è indicato da SEMI come uno dei responsabili del ritorno ai 200mm, grazie all’impennata dell’adozione dei veicoli elettrici (EV) e alle iniziative per ridurre al minimo i tempi di ricarica. Oltre ai dispositivi di consumo e ai sensori, anche i grandi data center contribuiscono in modo significativo alla domanda di questi “piccoli wafer”.

Il trend fotografato dal report andrà monitorato nei prossimi mesi, ma ha tutta l’aria di un chiaro segnale di svolta nella supply chain dei semiconduttori. Le previsioni (e le speranze) di SEMI sono quelle di vederla diventare più resistente e ricca di risorse, per prevenire potenziali colli di bottiglia e promuovere un flusso continuo nella pipeline di produzione. Potrebbero essere in arrivo, per chi usa chip, per tutti noi, tempi migliori.

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