Il printing 3D spinge il Digital Manufacturing

La diffusione della stampa 3D a livello di massa è destinata a modificare profondamente il sistema manifatturiero e contribuirà all’avvio della terza rivoluzione industriale, guidata dal digital manufacturing. Già oggi sta modificando la produzione e la supply chain di imprese tradizionali aprendo nuove possibilità per nuove realtà creative. Per il made in italy si schiudono nuove opportunità

Pubblicato il 12 Feb 2014

La tecnologia per la stampa 3D (3DP) abilita il cosiddetto additive manufacturing, ossia la produzione di oggetti tridimensionali attraverso la sovrapposizione di successivi strati di vari materiali. La tecnologia è nota fin dagli anni ’70, ma si avvaleva di macchine molto costose che operavano solo con materie plastiche. Le nuove stampanti 3D, questa è una delle novità, lavorano invece anche con i metalli e una molteplicità di materiali ampliando immensamente le possibili applicazioni.
Siemens, per esempio, inizierà nei prossimi mesi a ‘stampare’ in modo routinario le parti di ricambio delle turbine per il gas, mentre Tensive, uno spin-off della Fondazione Filarete di Milano, premiato nell’edizione mondiale dell’Intel Global, ha sviluppato una tecnologia per la ricostruzione ossea e dei tessuti adiposi attraverso la produzione, grazie alla stampa 3D, di biomateriali vascolarizzabili.
In passato si utilizzava la 3DP soprattutto per la creazione di prototipi industriali, mentre oggi dimensioni e costi ridotti (si parte attorno ai 600 euro) la rendono accessibile anche al mondo consumer. Quest’evoluzione è testimoniata dal successo in occasione del Ces 2014 di Las Vegas, appena concluso, del settore 3DP, a cui è stata dedicata un’area nella TechZone con circa 30 espositori mentre nel 2010 era presente un solo espositore (Makerbot).

Esempi di oggetti prodotti con la stampa 3D realizzati da Siemens

Gartner stima una crescita del 49% nel 2013 del mercato mondiale delle stampanti 3DP da meno di 100mila dollari (oltre 56mila unità), per un totale 412 milioni di dollari, 325 milioni nel segmento imprese e 87 milioni nel consumer, con un incremento anche nei prossimi due anni per arrivare a superare le 98mila unità nel 2015. In Europa la stima è di oltre 14mila unità in 2013, con un incremento del 42,6%, per sfiorare le 25mila unità nel 2014.

I nativi digitali diventano maker
“Una nuova rivoluzione industriale è alle porte. Anzi è già cominciata”, aveva preannunciato suo libro Makers, pubblicato nel 2012, Chris Anderson, ex-direttore della rivista Wired, abbandonata per diventare Ceo of 3D Robotics, un’azienda che produce droni [velivoli che viaggiano in assenza di pilota, controllati da un computer a bordo ndr] per uso personale. Ricordiamo che Anderson aveva coniato nel 2004 il termine long tail, per indicare il trend relativo a nuovi modelli di business basati su Internet. “Come nella prima rivoluzione industriale fu una macchina, quella a vapore, a innescare un cambiamento epocale, anche in questo caso c’è di mezzo una macchina: la stampante 3D”, afferma Anderson, che aggiunge: “I nativi digitali sono affamati di vita oltre lo schermo; qualcosa che all’inizio è virtuale ma che diventa rapidamente un oggetto che si può toccare e fa parte della vita di tutti i giorni dà, in un certo senso, più soddisfazione dei semplici pixel”.
Più recentemente Mark Hatch, Ceo di TechShop (realtà che fornisce spazi in co-location negli Usa dove ai membri della community vengono messi a disposizione veri e propri studi di progettazione/produzione con tecnologie e personale specializzato www.techshop.ws) ha pubblicato The Maker Movement Manifesto, alla base del movimento dei maker, nato negli Stati Uniti. Il movimento sta creando un nuovo ecosistema e sviluppa nuovi prodotti e servizi coniugando creatività e capacità innovativa. Supportato da tecnologie quali il microcontroller Arduino (schedina elettronica con un microcontrollore e circuiteria di contorno, utile per creare rapidamente prototipi, ideata dalla società italiana Smart Projects) e le 3DP di basso costo, sta portando innovazione nella produzione, nella progettazione, nell’industrial design, nella tecnologia hardware, nella formazione. I due catalizzatori principali per la diffusione a livello internazionale sono stati la rivista Make e le Maker Faire, punto di incontro e dibattito per il movimento. Un segno della pervasività del fenomeno è la sua diffusione anche in Cina. Le autorità di Shanghai hanno per esempio annunciato piani per lanciare centinaia di “makerspace”, mentre la Lega della gioventù comunista cinese si è attivata per reclutare visitatori alle Maker Faire, note in Cina come Maker Carnivals. Altri catalizzatori sono i Fab Lab spazi che (nati a imitazione del Fab Lab del Mit di Boston) mettono disposizione gli strumenti tecnologici che consentono a chiunque di co-progettare e realizzare i propri oggetti. In Italia dopo il primo FabLab, nato a Torino, al Lingotto (http://fablabtorino.org), in partnership con Arduino, altri ne sono stati realizzati, con caratteristiche diverse, in molte città fra cui Reggio Emilia, Milano, Firenze, Bologna…

Un punto di svolta per il mercato Italiano
Si è tenuta a Roma lo scorso ottobre la prima Maker Faire europea, con la sponsorizzazione di Intel e la presenza del Ceo Brian Krzanich, che ha visto una grande partecipazione (900 espositori, 120mila visitatori). L’evento ha messo in luce un mondo di imprenditori o aspiranti tali pronti a sfruttare le basse barriere di accesso per portare sul mercato prodotti di nuova generazione. Si fa strada infatti un nuovo modello di business: produzione artigianale basata sul design, la personalizzazione e l’unicità dei prodotti sono abilitati dalla possibilità di costi di produzione indipendenti dalla quantità. Un modello che sembrerebbe fatto su misura per le caratteristiche del mercato italiano, a cui manca tuttavia ancora la capacità di essere visibile sul mercato internazionale. Risponde a questa domanda il marketplace MakeTank, pensato per l’artigianato digitale con l’obiettivo di “rendere ogni maker imprenditore di se stesso, trasformando la sua passione in un business sostenibile”, come sottolinea Laura De Benedetto, co-founder della start-up. MakeTank in pochi mesi ha raccolto circa 80 maker e ha ottenuto, in occasione della Maker Faire di Roma, il primo premio di Techgarage fra 20 finalisti selezionati dal Barcamper Makers Tour. MakeTank raccoglie imprenditori che abbinano la tradizione artigianale e di design con le nuove tecniche di digital fabrication e l’open hardware (stampa 3D, taglio laser, Arduino,…). Vi si trovano designer e architetti provenienti da diversi paesi europei che propongono le loro creazioni (gioielli, oggetti di design, mobili…) accanto ad aziende come .bijouets, che offre gioielli e accessori moda, realizzati utilizzando tecnologie 3DP e le competenze maturate negli anni nel centro tecnologico Hsl specializzato nell’industrial design e nella prototipazione soprattutto nel settore automotive.
Il movimento dei maker non solo può creare nuove attività e posti di lavoro, ma potrebbe trasformare le città riportando una produzione, sostenibile e rispettosa dell’ambiente, nelle aree urbane, rivitalizzando il territorio.

Dall’ufficio di progettazione alla fabbrica, come cambia il manufacturing
Sul movimento dei maker alla posizione di chi li considera solo hobbisti di talento si contrappone quella di chi li vede come una minaccia per l’industria tradizionale. In realtà le grandi imprese si stanno riposizionando per sfruttare le opportunità offerte dalla tecnologia 3DP di nuova generazione, come gli esempi che seguono evidenziano.
Un’azienda lungimirante come General Electric (GE) ha analizzato le prospettive in un Summit dedicato all’additive manufacturing ospitato presso il Research center di New York che ha evidenziato lo spostamento in atto dalla prototipazione rapida alla produzione ad alto valore e la capacità di realizzare prodotti che prima non si potevano fabbricare. Al tempo stesso questo spostamento rende necessaria una nuova supply chain e la standardizzazione dei test necessari per questo settore nascente (indispensabile soprattutto se l’attività di verifica sarà fatta in modo distribuito): cambieranno le materie prime usate, i sistemi e i luoghi di produzione e assemblaggio, riducendo la necessità di trasportare i componenti (saranno soprattutto i progetti e le relative informazioni a viaggiare) e riducendo anche le scorte a magazzino, ma rendendo necessaria la riorganizzazione complessiva della logistica. È dunque indispensabile creare team con competenze tecnologiche in diversi ambiti come i sistemi avanzati per additive manufacturing, esperti in metallurgia, ingegneri di produzione, esperti nel testing non distruttivo, sviluppatori specializzati di software.
Un ruolo importante viene assegnato da GE alla crowdsourcing innovation (interna ed esterna all’azienda) che si concretizza nel lancio di ricerche aperte sui temi dell’additive manufacturing con premi in denaro per i vincitori. Approccio analogo è seguito da Intel.
In concreto General Electric (GE) inizierà a produrre dal 2016, nel settore aeronautico, i primi componenti, come gli ugelli per il carburante di alcuni motori per aerei di nuova generazione. Secondo i tecnici GE grazie alla stampa 3D, un ugello composto attualmente da 20 diversi componenti che devono essere lavorati e assemblati, possono essere saldati in un unico pezzo di metallo, che si prevede possa avere una durata cinque volte superiore con una riduzione del peso del 25%.
Avio Aero, azienda leader nella produzione di componenti per l’industria aeronautica, recentemente passata sotto il controllo di GE Aviation, ha da poco inaugurato uno stabilimento a Cameri, in provincia di Novara, destinato all’additive manufacturing. Vi saranno realizzate componenti anche complesse a partire da un modello digitale sfruttando l’aggregazione di polveri di leghe metalliche fuse da un fascio di luce laser o da un fascio di elettroni.
L’italiana Crp Technology, specializzata in 3D printing e processi industriali alternativi, ha presentato negli Usa (dove ha una filiale) un prototipo funzionante di Energetica, una moto elettrica completamente realizzata utilizzando tecnologia 3DP che sarà lanciata sul mercato a partire dal 2015. La moto è realizzata direttamente dal progetto digitale con il sistema di sovrapposizione di strati del materiale ad alte prestazioni Windform, un materiale composto da diverse tipologie di polveri di materiali poliammidici, sviluppato internamente dal dipartimento R&S di Crp Technology e commercializzato in tutto il mondo.
Il digital manufacturing induce anche un nuovo approccio alla distribuzione. Nel caso di Siemens, è in atto una vera rivoluzione nella fornitura delle parti di ricambio delle turbine che, invece di essere prodotte in grandi quantità, immagazzinate ed esser spedite singolarmente su richiesta, potrebbero essere prodotte dove servono, nel punto più vicino al cliente. Un approccio analogo viene seguito da Nokia per la produzione di accessori come le cover dei cellulari. Per alcuni modelli di cellulari viene messo a disposizione il file che consente di stampare in modo personalizzato le cover a casa del cliente (che dispone di una 3DP), presso un qualunque service.
In sintesi, come sostiene Paul Brody, Vice President & Global Industry Leader, Electronics di Ibm, tre forze di tipo tecnologico (le stampanti 3D, la robotica intelligente e l’elettronica open source) sono destinate a modificare profondamente il settore manifatturiero così come oggi lo conosciamo, con una completa riorganizzazione della catena logistica in direzione di una “software defined supply chain”, che sarà più breve e semplice, più flessibile, vicina ai centri di progettazione o ai mercati finali. Risulta dunque sempre più necessario un ripensamento non solo della supply chain ma anche delle modalità di progettazione e distribuzione dei prodotti, ridefinendo processi con una componente software sempre più pervasiva.

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