I vertici Eni e il governo al nuovo green data center

Inaugurato ufficialmente il nuovo data center di Ferrera Erbognone (Pv). Efficienza energetica da record, con un valore di Pue pari a 1,2 e un sistema di free-cooling che garantisce il raffreddamento degli impianti per il 75% dei giorni l’anno. Numeri che fanno concorrenza a Google, secondo il Cio Gianluigi Castelli.

Pubblicato il 30 Ott 2013

FERRERA ERBOGNONE (PV) – Oltre 7.000 sistemi, con più di 60.000 core Cpu, in uno spazio fino a 5.200 mq. Sono questi i numeri che fanno del data center di Eni, inaugurato il 29 ottobre 2013 dopo due anni di lavori, uno dei primi Ced in Europa per tipologia, dimensione e green orientation.

Il vero primato della nuova struttura è infatti relativo ai valori di efficienza energetica: secondo le dichiarazioni dell’azienda è stato raggiunto il record mondiale con un valore di Pue (Power usage effectiveness, ovvero l’indice che misura il rapporto tra l’energia totale utilizzata dall’impianto e quella dedicata all’alimentazione degli apparati It) pari a 1,2.

Numeri che fanno concorrenza alla stessa Google, come ha affermato Gianluigi Castelli, Cio di Eni, durante la giornata di apertura del centro, a cui erano presenti Giuseppe Recchi e Paolo Scaroni, rispettivamente presidente e amministratore delegato del gruppo, nonché Flavio Zanonato, Ministro dello Sviluppo Economico.

Da sinistra nella foto: Giuseppe Recchi, Presidente di Eni, Flavio Zanonato, Ministro dello Sviluppo Economico, Gianluigi Castelli, Cio di Eni e Paolo Scaroni, Amministratore Delegato di Eni

Con una potenza It fino a 30Mw, una concentrazione di potenza elettrica fino a 50kW/mq e parametri ambientali di funzionamento molto elevati (che consentono ai sistemi di lavorare a 25°C di temperatura, contro i 20-21°C dei data center tradizionali, e 60% di umidità; il dato center infatti è costruito in una zona con temperature, in estate, molto elevate), il nuovo “mega-center” sorge a Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia, nell’immediata prossimità della centrale Enipower, che provvede all’alimentazione elettrica dell’impianto (la produzione di energia avviene mediante turbogas a metano, utilizzando quindi la più pulita tra le fonti fossili). La vicinanza con la Centrale consente di eliminare la quota di dispersioni derivanti dal trasporto su rete elettrica geografica (normalmente pari al 5-6% , fonte Autorità per l’energia), contribuendo all’obiettivo dell’efficienza energetica.

L’efficienza dell’infrastruttura deriva soprattutto dal sistema di free-cooling, che, con i suoi sei camini, permette il raffreddamento degli apparati informatici attraverso l’utilizzo dell’aria esterna.

“Utilizziamo sistemi di condizionamento e ventilazione forzata – spiega Castelli – solo per il 25% dei giorni all’anno. L’efficienza raggiunta ci permette di abbattere l’emissione di CO2 di 335 mila tonnellate annue, ovvero circa l’1% dell’obiettivo italiano di Kyoto per l’energia” afferma, giustamente con orgoglio, Castelli.

Il supercomputer nel nuovo Ced

Sviluppato con il coinvolgimento del mondo accademico (fin dai primi stadi di inizio lavori, il cantiere è stato concepito come un laboratorio aperto di sperimentazione scientifica, progettazione e realizzazione industriale: gli atenei e gli istituti di ricerca – Politecnico e Università degli Studi Bicocca di Milano, con le università di Bologna e Firenze in primis – sono stati i benvenuti per studi specifici, visite, anteprime e brainstorming), il green data center ospita i sistemi informativi di elaborazione centrale di Eni per attività gestionali e di amministrazione contabile, dalle applicazioni di  Crm e billing alla posta elettronica, ma anche per l’High performance computing. All’interno dell’infrastruttura, infatti, si trova un supercomputer Ibm, in grado di garantire capacità di calcolo superiore a 3 Petaflop e tra i primi supercalcolatori al mondo per potenza secondo la classifica Top500, dove girano le applicazioni proprietarie sviluppate da Eni per l’elaborazione dei dati sismici in profondità e la modellizzazione dei sistemi petroliferi.

Panoramica degli edifici che compongono il green data center Eni

Il sistema (che ha, tra gli altri, il merito di migliorare l’accuratezza e la risoluzione degli studi geologici e geofisici, al fine di individuare nuove riserve di idrocarburi, pianificare la perforazione in maniera ottimale, effettuare simulazioni di giacimento e così via) è basato su un’architettura di tipo cluster  costituita da 1.500 nodi di calcolo dotati di microprocessori di ultima generazione potenziati dall’aggiunta di 1.300 acceleratori  grafici denominati General Purpose Graphics Processing Unit (Gpgpu). All’ interno del cluster,  i nodi di calcolo  sono collegati tra loro da una rete di interconnessione ad altissime prestazioni. La memorizzazione dei dati è garantita da un sottosistema disco con una capacità di 5 Petabyte ad accesso parallelo e larga banda di trasferimento.

A disposizione dei centri R&D di tutto il mondo

Rimanendo sul fronte dell’innovazione, un contributo importante alla costruzione del data center è venuto dai partner tecnologici: “Con Riello e Bordi – ricorda Castelli – sono stati sviluppati e certificati gruppi di continuità ad hoc, che saranno commercializzati e resi disponibili sul mercato dagli stessi costruttori”.

A differenza di moltissime installazioni che prevedono impianti Ups di grande taglia, collegati tra loro in parallelo in configurazione ridondata (n+1), sempre in funzione, almeno come raddrizzatori di tensione, Eni ha scelto di adottare per il green data center una soluzione in controtendenza.

Sono stati adottati, infatti, Ups statici di taglia media (200kW), che operano però in tecnologia off-line cioè sono sempre spenti, in stato di stand-by, e intervengono solo quando avviene una effettiva discontinuità di alimentazione elettrica rilevante. Questi apparati di nuova concezione raggiungono un’efficienza del 99,4% già al 50% del carico.

Ma se gli Ups sviluppati appositamente per il green data center sono stati messi a catalogo dai due produttori a scopo di vendita, l’eccellenza tecnologica e infrastrutturale raggiunta da Eni verrà messa gratuitamente a disposizione della ricerca: dati tecnici e informazioni relativi alla realizzazione del Ced saranno condivisi liberamente con le università e i centri R&D di tutto il mondo. E, proprio a sottolineare che know-how e innovazione non saranno utilizzati a scopo di lucro, i vertici Eni escludono l’eventualità che l’azienda possa diventare un provider di servizi conto terzi attraverso il proprio data center.

Ridondanza di livello Tier IV

Passando in ambito sicurezza, invece, il data center si distingue per la totale ridondanza impiantistica, che gli ha permesso di ottenere la classificazione Tier IV (secondo tale standard, una struttura deve risultare resistente al primo guasto e totalmente manutenibile senza interruzioni di servizio). Grazie alla ridondanza delle sorgenti di generazione e delle reti di trasporto elettrico è stato possibile eliminare i generatori diesel che normalmente entrano in funzione in caso di emergenza, contribuendo a migliorare l’efficienza totale e l’ecosostenibilità del data center.

Il progetto del green data center è costato in tutto circa 100 milioni di euro. “Un buon investimento – commenta Scaroni – perché ci consente di risparmiare almeno 30 milioni all’anno sui costi operativi; l’investimento iniziale sarà quindi ripagato nel giro di tre anni”.


Come si costruisce un data center ad alta efficienza

Con le sue caratteristiche di alta efficienza e sostenibilità ambientale, il nuovo green data center di Eni rappresenta un esempio di eccellenza tecnologica e infrastrutturale. Ma come si arriva a costruire una struttura di così alta portata innovativa? Quali passi è necessario compiere? Come evidenzia Gianluigi Castelli, Cio di Eni, “la migrazione dei sistemi di elaborazione centrale al nuovo Ced rappresenta solo l’ultimo tassello di un ben più lungo progetto di razionalizzazione e consolidamento dell’It aziendale”. Per consentire, infatti, il passaggio dal vecchio al nuovo data center senza creare discontinuità operativa e riducendo al minimo i costi, ma soprattutto nell’ottica di garantire più elevati livelli di efficienza e ottimizzazione, si è scelto di riprogettare completamente l’infrastruttura di calcolo passando all’utilizzo di server industry standard. Questo ha comportato la necessità di cambiare i sistemi operativi (da molte versioni diverse di Unix a Linux) e le versioni di software sovrastanti; è stata questa l’occasione per avviare il consolidamento applicativo del portfolio software di Eni, che ha ridotto il numero delle applicazioni da 575 a 400 prima della migrazione al nuovo Ced. Costituita da un elevato numero di processori omogenei, l’infrastruttura così ridisegnata ha permesso di introdurre meccanismi dinamici di allocazione della potenza di calcolo alle applicazioni, sulla base delle effettive necessità di utilizzo: in sostanza, Eni è arrivata a realizzare un modello di IaaS (Infrastructure as a Service). L’ultimo passo di questa imponente opera di ristrutturazione ha riguardato, infine, la costruzione delle competenze interne per consentire la corretta gestione delle infrastrutture It in autonomia, abbandonando il ricorso all’outsourcing.


Tutti i numeri del green data center di Eni

  • Superficie area: 100.000mq
  • Superficie utile sale It (6 sale): 5.200mq
  • Superficie utile sala Tlc (2 sale): 500mq
  • Potenza utile It/Tlc massima: 30MW
  • Consumo totale massimo (stima): 315 GWh/anno
  • PUE L3,YC < 1,2 (medio annuo, per qualsiasi livello di carico)
  • Configurazione impianti (elettrici e meccanici): Tier IV (non certificato da Uptime Institute)
  • Densità energia IT:
    • media 5,7 kW/mq
    • in sala HPC 10kW/mq
    • max 50kW/mq
  • Ferro utilizzato complessivo: 6.000 ton
  • Cavi vari di rame: 210km
  • Saving energia (vs DC con PUE 3,3): 550 GWh/anno
  • Saving di CO2 (vs DC con PUE 3,3): 335.000 ton/anno

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