Manifattura additiva

Stampante 3D: cos’è, come funziona e i modelli migliori

Mediante un processo additivo è possibile stampare oggetti in vari materiali, dalle resine ai metalli, e in diversi colori. Ecco le varie tipologie di stampanti, da quella a filamento (FDM o FFF) alla stereolitografica (SLA) a quella a sinterizzazione (SLS) e i migliori modelli in commercio

Pubblicato il 23 Giu 2020

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Ciò che rappresenta una vera e propria rivoluzione in ambito civile e industriale di questo millennio è certamente la stampa 3D, un concetto di stampa che consente di creare oggetti tridimensionali partendo da modelli disegnati e progettati digitalmente attraverso specifici applicativi.

La stampa 3D è un modo nuovo di poter realizzare componenti, che permette a una azienda, un professionista e anche a ognuno di noi, di rendere reale e tangibile un progetto o un’idea. Mediante la stampa 3D siamo in grado di produrre da un solo pezzo personalizzato per un’esigenza specifica a decine di pezzi per un mercato di proporzioni contenute.

Con la stampa 3D, i progettisti hanno la capacità di trasformare rapidamente concetti in modelli o prototipi 3D e implementare rapidi cambiamenti di progettazione. Consente ai produttori di produrre prodotti su richiesta anziché in grandi tirature, migliorando la gestione delle scorte e riducendo lo spazio del magazzino.

Le persone, anche da remoto, possono fabbricare oggetti che altrimenti sarebbe impossibile realizzare se non in laboratori specializzati.

A differenza delle modalità produttive definite “sottrattive”, come ad esempio le frese a tre o più assi, macchine a controllo numerico che permettono di asportare (da qui sottrattiva) materiale da un blocco per ottenere la forma desiderata (una sorta di scultura automatica) le stampanti 3D si definiscono additive, ossia permettono di creare nuovi oggetti aggiungendo materiale mediante stratificazione progressiva di resine, polveri e filamenti plastici.

Da un punto di vista pratico, la stampa 3D può far risparmiare denaro e materiale rispetto alle tecniche sottrattive, poiché viene sprecata pochissima materia prima. Inoltre consente un mercato più ampio dato dalla semplicità con la quale anche un consumatore può accedere a file di prodotti sofisticati da autoprodursi con una propria stampante.

Nel seguito analizzeremo la tecnologia additiva, che viene comunemente chiamata stampa 3D.

Cos’è e come funziona una stampante 3D

Il processo di stampa 3D inizia molto prima del reale utilizzo di una stampante. Per poter riprodurre un oggetto esistente o realizzarne uno nuovo è necessario disporre di un file 3D. Il formato di stampa più comunemente utilizzato è l’STL.

A oggi esistono diversi metodi che ci permettono di recuperare un file 3D stampabile, possiamo utilizzare un software di modellazione 3D (CAD – Computer Aided Design) con il quale sviluppare in ambiente tridimensionale la nostra idea oppure possiamo accedere ad innumerevoli risorse online che ci permettono di scaricare in autonomia file già confezionati e pronti per essere stampati.

Possiamo utilizzare uno scanner 3D che ci permette di ricavare, da un oggetto fisico, una sua immagine virtuale da modificare con un software di modellazione o semplicemente da replicare mediante una stampante 3D. Quindi un processo che va da atomo a bit e di nuovo ad atomo.

Una volta disponibile il nostro file STL non ci rimane che decidere tramite il software della stampante, più comunemente chiamato CAM (Computer Aided Manufacturing), come vogliamo che il nostro oggetto venga realizzato.

Potremo scegliere il materiale e il colore più adatto, decidere in base al suo utilizzo quale livello di resistenza strutturale dovrà disporre o la qualità superficiale che dovrà possedere aumentando o diminuendo la risoluzione di stampa.

Una volta impostati i parametri ritenuti migliori, potremo avviare il processo di stampa.

Ma come avviene il processo di creazione di un oggetto mediante una stampante 3D?

Possiamo dire che, nella sua forma più semplice, la stampa 3D è un processo di fabbricazione in cui un materiale plastico viene estruso e strato dopo strato forma un oggetto tridimensionale.

Questo è considerato un processo additivo, perché l’oggetto è costruito da zero, al contrario dei processi sottrattivi in ​​cui il materiale viene tagliato, forato, fresato o lavorato (come ad esempio nei casi delle sculture ricavate da blocchi di marmo o intagli ricavati da ceppi di legno).

A seconda della tipologia di stampante il processo di stampa può avvenire con metodi produttivi diversi, ma rimane sempre identico il concetto di stratificazione. Con una stampante a filamento (FDM o FFF) il materiale plastico, sotto forma di filamento, viene scaldato, sciolto e depositato da un estrusore. Con una stampante stereolitografica (SLA) il materiale di base non è più solido ma liquido, un laser polimerizza resina liquida fino a indurirla e renderla resistente oppure con una stampante a sinterizzazione (SLS) dove sempre attraverso l’utilizzo di un laser, polvere generalmente di Nylon (PA12) viene scaldata a una temperatura prestabilita così da permettere alle molecole del materiale plastico di unirsi.

Quali materiali vengono utilizzati per le stampe in 3D

I progettisti utilizzano le stampanti 3D per creare rapidamente modelli e prototipi, ma vengono sempre più spesso utilizzati anche per la realizzazione di prodotti finiti. Tra gli oggetti realizzati con le stampanti 3D ci sono prototipi di ogni genere ma anche prodotti finiti. Si spazia dalla produzione di oggetti hobbistici come cover per telefoni, gadget, accessori per la casa o indumenti e accessori per il cosplay, fino a produzioni più importanti di carattere meccanico ingegneristico o addirittura per l’ambito bio-medicale. Un esempio sono le industrie automobilistiche e aeronautiche che utilizzano le stampanti 3D per realizzare parti e prototipi nella fase di ricerca e sviluppo.

Gli artisti possono creare sculture e gli architetti possono fabbricare plastici e modelli dei loro progetti. Gli archeologi stanno utilizzano le stampanti 3D per ricostruire modelli di fragili manufatti.

Allo stesso modo, i paleontologi e i loro studenti possono duplicare scheletri di dinosauri e altri fossili. Ma non solo, i medici e i tecnici medici possono utilizzare la stampa 3D per realizzare protesi, apparecchi acustici, denti artificiali e innesti ossei, nonché replicare modelli di organi, tumori e altre strutture corporee interne dalle TAC in preparazione all’intervento chirurgico.

Inoltre, sono in fase di sviluppo stampanti 3D in grado di deporre strati di cellule per creare organi artificiali (come reni e vasi sanguigni). C’è persino un posto per la stampa 3D in medicina legale, ad esempio per replicare un proiettile alloggiato all’interno di una vittima.

Ecco che la tecnologia di base ha rappresentato una rivoluzione ma tutto ciò si è potuto concretizzare grazie al grande sviluppo della chimica relativa ai polimeri plastici quindi ai materiali.

A seconda della tecnica, le stampanti 3D possono utilizzare una varietà di materiali, inclusi ma non limitati a metalli (acciaio inossidabile, saldatura, alluminio e titanio tra loro); materie plastiche e polimeri (compresi i compositi che combinano la plastica con metalli, legno e altri materiali); ma anche ceramica, gesso, vetro e persino prodotti alimentari come formaggio, glassa e cioccolato.

Chiaramente è la plastica a fare da padrona tra i materiali più usati per questo particolare ambito di applicazione.

ABS, PLA, Nylon, PET sono i più conosciuti e utilizzati ma ne esistono di molto particolari per necessità ben precise. Ad esempio materiali come il Pet Carbon o il Nylon Carbon uniscono le qualità tecniche e meccaniche del polimero plastico con il carbonio permettendo la realizzazione di oggetti molto resistenti oppure filamenti di TPE e TPU, elastomeri che permettono di realizzare oggetti flessibili. Ultimamente la stampa 3D a filamento è molto utilizzata anche nel settore medicale e tutto ciò a portato alla nascita di nuovi materiali bio-compatibili antibatterici come il PLA Active e l’MD Flex della Copper 3D utilissimi per la realizzazione di ortesi o protesi che verranno messe a contatto con il nostro corpo.

Inoltre l’innovazione punta a sostituire il derivato dal petrolio con nuovi prodotti a base biologica ed ecosostenibile, come polimeri ottenuti da mais e barbabietola da zucchero.

Ultimamente un materiale che fa da padrone è certamente il metallo.

Le stampanti DMLS (Direct Metal Sintering) e SLM (Selective Laser Melting) solo le due tecnologie utilizzate per stampare i metalli e, a differenza della stampa di materie plastiche, possono essere utilizzate per realizzare un prodotto industriale finito. L’industria aeronautica è uno dei primi sostenitori e utilizzatori di queste tecnologie di stampa per semplificare le operazioni e produrre componenti pronti per l’installazione.

La crescita e la popolarità della stampa 3D di metalli ha il potenziale di produrre e creare parti di macchine più efficaci che attualmente non possono essere prodotte in serie in loco.

Anche l’industria dei gioielli ha subito recepito l’innovazione tanto che esistono stampanti SLA (stereolitografiche) molto precise che abbreviano il workflow tradizionale dell’orafo permettendogli di realizzare le proprie creazioni direttamente in resina fondibile dalla quale ottenere il prodotto finito in metallo prezioso.

Principali tipologie di stampanti 3D

Si è accennato a diverse tipologie di stampanti 3D ma è importante capire quali sono queste tecnologie ed effettivamente in cosa differiscono.

Stampanti FDM/FFF – Fused Deposition Modeling / Fused Filament Fabrication

Le stampanti FDM o FFF sono attualmente le più utilizzate e anche le più versatili. Ne esistono di svariate dimensioni con aree di stampa che generalmente variano dal classico 20x20x20cm ad aree che superano anche i 3 metri. Il vantaggio di utilizzare questo tipo di tecnologia risiede anche nell’economicità e nella varietà delle tipologie di materiali e colori disponibili sul mercato. Il processo di stampa inizia con una bobina di filamento plastico che viene spinto tramite uno spingifilo nella canula dell’estrusore. In base al materiale che si utilizza viene impostato manualmente o automaticamente la temperatura di estrusione corretta. Il materiale fuso fuoriesce da un ugello (ne esistono di diverse dimensioni) e viene steso su un piatto di stampa generalmente riscaldato per evitare ritiri del materiale plastico in fase di raffreddamento.

Stampanti SLA – Stereolitography

La stereolitografia SLA è un processo in cui un serbatoio viene riempito con resina foto-polimerica di tipo plastico. Il piatto di stampa si immerge nella resina contenuta nel serbatoio. Un laser UV impostato ad una precisa frequenza polimerizza lo strato di resina indurendolo e creando lo strato. Generalmente il processo di stampa avviene dall’alto verso il basso al contrario delle macchine a filamento. Ultimata la stampa sarà necessario effettuare due ulteriori passaggi, il lavaggio della stampa ottenuta tramite alcol isopropilico e una ulteriore polimerizzazione tramite un forno UV. Generalmente questo tipo di tecnologia viene utilizzata nei settori dell’odontotecnica, oreficeria ed ingegneria data l’alta precisione di stampa ottenuta.

Stampanti DLP – Digital Light Processing

La digital light processing DLP è un processo simile alla stereolitografia in quanto funziona con i fotopolimeri. La principale differenza è la fonte di luce. La DLP utilizza una fonte di luce più convenzionale che agisce sull’intera superficie della vasca di resina liquida in un unico passaggio, rendendo questa tecnologia generalmente più veloce della SLA ma con aree di stampa di dimensioni più piccole.

Stampanti SLS – Selective Laser Sintering

Con questo tipo di tecnologia il processo di stampa avviene sempre tramite un laser ma a differenza della stereolitografia non polimerizza ma sinterizza le particelle del materiale di stampa. Il materiale di stampa si presenta sotto forma di polvere. Anche per questo tipo di stampa sono disponibili diverse varietà di materiali ma i più utilizzati sono la poliammide PA12 e il TPU. Un strato di polvere viene steso da un rullo all’interno della camera di stampa. La camera di stampa è preriscaldata ad una temperatura di poco inferiore al punto di sinterizzazione del materiale. Questo fa si che il laser al suo passaggio possa facilmente sinterizzare le particelle di materiale che si andranno ad unire una all’altra formando lo strato. Strato dopo strato si formerà l’oggetto stampato. Il vantaggio di questa tecnologia risiede nel fatto che la polvere non sinterizzata fungerà da supporto per l’oggetto realizzato come se fosse una sorta di stampo. Una volta terminata la stampa sarà necessario estrarre dalla stampante il blocco di polvere compatto e, posizionandolo in una postazione di pulizia, si estrarranno le parti stampate dalla polvere in eccesso. In seguito sull’oggetto stampato si effettuerà una ulteriore pulizia tramite l’utilizzo di una sabbiatrice. I vantaggi principali di questa tecnologia risiedono nella possibilità di produrre oggetti meccanicamente molto resistenti e soprattutto di evitare l’utilizzo dei supporti di stampa. Ciò permette di ottenere forme molto complesse.

Stampanti DMLS – Direct Metal Laser Sintering

Tecnologia di stampa molto simile alla SLS. In questo caso non si utilizzerà più polvere plastica ma a base metallica come alluminio, acciaio, oro, bronzo, platino ecc. La fusione delle particelle avviene sempre tramite un laser ad alta potenza. Questa tecnologia permette di realizzare parti altamente resistenti e con proprietà estetiche e meccaniche anche superiori ad oggetti realizzati con i metodi industriali tradizionali.

Stampanti SLM – Selective Laser Melting

A differenza della tecnologia di stampa DMLS con questo tipo di stampante il laser non sinterizza ma fonde il materiale di stampa (sempre metallico). La sinterizzazione infatti avviene portando il materiale ad una temperatura poco al di sotto del suo punto di fusione mentre in questo caso il materiale fonde completamente.

Stampanti EBM – Electron Beam Melting

Altra tecnologia simile alla SLM è l’EBM poiché entrambi sono stampanti a polveri metalliche. La polvere depositata viene preriscaldata e fusa tramite un raggio laser costituito da elettroni in una camera sottovuoto. Questo fa si che si ottengano stampe metalliche ad alta densità.

Stampanti LOM – Laminated Object Manufacturing

Più di nicchia è la tecnologia LOM che si basa su strati di plastica o carta che vengono fusi o laminati insieme usando calore e pressione e quindi tagliati nella forma desiderata con una lama o un laser controllati da computer.

Qual è la migliore stampante 3D? Guida ai modelli migliori per tipologia

Tra i tanti modelli di stampanti 3D presenti attualmente sul mercato, segnaliamo i migliori per caratteristiche tecniche e performance per le tre categorie principali, FFF, SLA ed SLS.

FFF – Ultimaker S3/S5

Ultimaker S3 e Ultimaker S5 sono i due prodotti top di gamma del marchio Ultimaker, produttore di stampanti 3D olandese. Sono tra le migliori stampanti 3D in commercio sia per uso hobbistico che per uso professionale. Tecnicamente sono molto simili tra di loro, le differenzia l’area di stampa. Ultimaker S3 dispone di un area di lavoro di 200x200x200mm mentre Ultimaker S5 di 330x240x300mm. Sono ambedue equipaggiate di doppio estrusore, connettività USB, Ethernet e Wifi, telecamera interna, display touch, piatto riscaldato, livellamento attivo del piatto di stampa, sensore di flusso del filamento e chiusura frontale in vetro. Possono utilizzare filamenti Ultimaker ma anche di altre marche. Altro punto di forza è il software di slicing Cura che permette di interfacciarsi con le stampanti Ultimaker sia in rete locale che in cloud gestendo il processo di lavorazione, le code di stampa, pianificando la manutenzione e monitorando e analizzando tutti i processi di stampa eseguiti.

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Meet the Ultimaker S3

Meet the Ultimaker S3

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SLA – Formlabs Form 3 e 3L

Negli ultimi anni l’azienda americana Formlabs ha prodotto diversi modelli di stampanti stereolitografiche a prezzi contenuti rispetto a quello che offriva il mercato mantenendo però un’eccellente qualità di stampa. Gli ultimi due prodotti sono la Form 3 e la Form 3L. Tutte e due le stampati adottano il nuovo sistema di stampa LFS (Low Force Sterelotography) brevetto Formlabs che permette stampe molto dettagliate e precise. La risoluzione varia da un minimo di 300 micron ad un massimo di 25 micron a seconda della resina utilizzata. Punto di forza è anche l’offerta Formlabs riguardante il materiale di stampa. I possessori di queste stampanti possono contare sulla disponibilità di resine estetiche, ingegneristiche, calcinabili e bio-compatibili. Tutte e due i prodotti sono dotati di connettività USB, Ethernet e WiFi, display touch e software di slicing dedicato. Inoltre è disponibile una dashboard in cloud per il controllo della stampante da remoto, l’analisi dei processi di stampa e la possibilità di calendarizzare le code di stampa su più stampanti. La differenza tra la Form 3 e la Form 3L risiede nell’area di stampa, 145x145x185mm per la prima e 335x200x300mm per la seconda. La Form 3L inoltre dispone di una doppia testina laser (LPU) che permette di velocizzare il processo di stampa date le dimensioni più generose.

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SLS – Sinterit Lisa e Lisa Pro

Sinterit, azienda polacca, può vantarsi di essere una delle prime aziende a proporre una stampante a sinterizzazione a prezzi abbordabili. Propone due modelli, la Lisa e la Lisa Pro. Come per le altre stampanti la differenza principale è l’area di stampa. La lisa Pro dispone si un’area maggiore rispetto alla Lisa, 110x150x250mm contro i 110x150x150 della Lisa. Inoltre la versione Pro permette di utilizzare tutti i materiali Sinterit quali PA12, PA11, TPU e TPE. Sempre con questa versione a seconda del software di stampa che si acquista esiste la possibilità di customizzare i parametri del materiale di stampa in modo da poter utilizzare polveri anche di altri produttori.

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Esempi di cosa puoi fare con la stampa 3d (2020 e futuro)

Il presente e il futuro della stampa 3D in Italia è molto articolato. La patria del design ha già imparato che dalla stampa 3D è possibile aspettarsi un vero e proprio boom del mercato del design grazie alle possibilità che offre questa tecnologia e dagli svariati campi in cui può essere applicata: dal settore della componentistica di arredi domestici di design al settore dell’arte dei gioielli, della moda ma non solo.

Design del prodotto e nuove tecnologie

Le spinte verso una continua innovazione in questo settore arrivano anche e soprattutto dai big del mercato della tecnologia. Microsoft e Google sviluppano i propri hardware implementandoli con funzioni che permettono di eseguire la scansione 3D, un chiaro segnale che i futuri dispositivi portatili come gli smartphone avranno scanner 3D integrati.

La digitalizzazione di oggetti reali in modelli 3D diventerà facile come scattare una foto. È chiaramente una rivoluzione che porterà a dover rivedere anche le regole basilari del commercio in quanto si va verso un futuro che in molti ambiti azzererà la produzione e la commercializzazione del bene, includendo servizi come la logistica, a favore di sistemi che vedranno solamente la vendita del “progetto” o del “disegno” lasciando che sia il consumatore finale ad autoprodurlo tramite il proprio sistema di stampa tridimensionale.

Questo grazie all’ampliamento del mercato di questi prodotti che porterà inevitabilmente ad un abbassamento dei costi di tutta la filiera, dalla macchina alla materia prima impiegata per la stampa. Un futuro che sembra scalpitare per diventare il presente. Con la manifattura additiva professionale delle odierne stampanti 3D desktop si possono facilmente creare tools, dime, prototipi, ma anche prodotti finiti in serie, con materiali di qualità industriale.

Passi avanti nella moda e nello shoe design

Stampa 3D e altre tecnologie innovative stanno modificando la produzione di abiti e accessori. Software di progettazione e programmazione vengono utilizzati per creare capi di abbigliamento interattivi e smart, spesso con tecnologie wearable integrate. Ampia parte viene dedicata alla ricerca di nuovi materiali stampabili in 3D, biocompatibili e indossabili. E non finisce qui: le maglie modulari stampabili in 3D che compongono l’abito sono progettate su misura esatta del cliente grazie all’avatar ottenuto dalla scansione 3D del suo corpo.

Il 2020 sancisce un definitivo cambio di paradigma anche nel settore calzaturiero. Stampa 3D, scansione 3D e industria delle scarpe sono ambiti sempre più interconnessi. Le stampanti 3d hanno preso di diritto un loro posto al fianco di macchinari per modelleria, taglio, giunteria, montaggio, incollaggio suole e pulizia di pelle e tomaie. Illustriamo un case history di spicco: la collaborazione fra Formlabs e New Balance per personalizzare calzature e scarpe sportive. Una storia incentrata su ricerca nel design e nei materiali. Per dar vita ad un nuovo sistema di produzione capace di rispondere alla crescita della domanda di articoli personalizzati. Dai primi prototipi stampati in 3D ora Formlabs ha sviluppato TripleCell, una rivoluzione nel settore calzaturiero. Tramite produzione additiva infatti si abbandona la creazione di diversi pezzi di schiuma incollati per passare alla progettazione di un reticolo alveolare dall’interno delle suole. Una soluzione quindi che garantisce ammortizzazione e stabilità, grazie anche alla esclusiva Rebound Resin, progettata per creare strutture reticolari elastiche e resilienti con un ritorno di energia. Grazie a questa vera e propria piattaforma tecnologica basata su stampanti 3D a resina, New Balance può ora stampare direttamente una vasta gamma di parti della scarpa a seconda delle necessità di un modello specifico.

Breve storia della stampa 3D

La storia della stampa 3D parte dalla stereolitografia (SLA), tecnologia già presente nella metà degli anni ‘80, che consente di realizzare un oggetto tridimensionale da dati digitali (tipicamente un disegno in 3D). Questa tecnologia è impiegata tendenzialmente per la realizzazione di modelli 3D di ricerca e sviluppo, ovvero per la prototipazione rapida. Tra i benefici della stampa 3D esiste infatti la capacità di realizzare prototipi a basso costo per verificarne la funzionalità, e di poterli modificare velocemente in modo da migliorarne le caratteristiche tecniche ed estetiche.

La prima stampante 3D fu realizzata nel 1984 da Charles Hall, fondatore di 3Dsystem, una della più importanti aziende del settore. Le innovazioni più importanti sono state però realizzate nei primi anni 2000. Innovazioni che l’hanno portata a quello che è oggi: una tecnologia alla portata di tutti sia dal punto di vista economico che tecnologico.

Le prime stampanti 3D sul mercato, realizzate a metà degli anni ’90 dall’azienda Stratasys con l’aiuto di IBM, utilizzavano l’acronimo FDM (marchio registrato da Stratasys), così come la maggior parte delle stampanti 3D rivolte a consumatori e università. In seguito con la nascita del mondo maker e delle community su Internet (vedi progetto RepRap) vennero alla luce le prime stampanti desktop open-source con acronimo FFF.

Infatti nel 2007 nasce la prima stampante open-source, la Darwin che consente agli utenti di stampare la maggior parte dei suoi componenti (60% circa), una sorta di stampante “autoreplicante non intelligente” che permette di ricostruire se stessa con l’aiuto umano. Sicuramente un aspetto affascinante dal punto di vista fantascientifico e nell’ottica di ricostruire stampanti in maniera esponenziale.

Nel 2009 viene realizzata la prima protesi stampata in 3D e utilizzata su un essere umano, permettendo quindi alla persona di camminare nuovamente. Tutte le parti della gamba, del ginocchio, del piede e dell’incavo sono state stampate nella stessa struttura complessa senza bisogno di alcun assemblaggio.

Minifactory produttive con i robot

Cosa può fare un robot con una stampante 3D? Una minifactory per la produzione additiva. Ossia un esempio di automazione e workflow produttivo Industry 4.0. Il robot manda in stampa 3D i modelli a ciclo continuo, intercettando errori ed evitando dimenticanze. Si coniuga così l’automatizzazione e la versatilità di un braccio robotico industriale con la potenzialità delle stampanti 3D desktop. In altre parole nuove metodologie di Fabbrica 4.0 disponibili per le PMI. Queste soluzioni vanno a incrementare la velocità di produzione con un miglioramento generale e una riduzione di rischi ed errori.

In questa coppia il protagonista è il braccio robotico, la stampante 3D è uno strumento nelle sue mani. Il robot diventa così centro di un ecosistema composto da software e hardware interconnessi e intelligenti. È uno strumento versatile, capace di adattarsi alle nuove esigenze produttive tramite linguaggi di programmazione open-source. Velocizza i tempi di produzione. Può lavorare a ciclo continuo 24h/7. In questo processo produttivo l’operatore umano diventa un “direttore d’orchestra”. L’uomo ottiene un upgrade del proprio ruolo professionale, diventando supervisore del ciclo produttivo. Interviene in modo creativo nella risoluzione di problemi o nell’ottimizzazione delle routine tramite programmazione diretta sul robot.

Stampa 3D nel settore medicale

Anche l’applicazione in campo medico è tra le possibilità che promettono di più per il futuro. Il settore della stampa 3D e manifattura additiva ad esempio sta svolgendo un ruolo di primo piano nel quadro emergenziale in atto causato dalla pandemia Covid19. L’esempio più famoso è la stampa in 3D della valvola Charlotte ideata dal Fablab Isinnova per trasformare le maschere Decathlon in respiratori per terapia intensiva. Nel frattempo anche aziende produttrici di stampanti 3D hanno dato il loro contribuito contro il Coronavirus, in differenti modi. Davvero tante le sperimentazioni attualmente in corso incentrate sulla stampa 3D contro il Covid-19. Per prima cosa valvole per i respiratori. In secondo luogo face shield, parafiato e visiere protettive, realizzabili anche con laser-cutter. In aggiunta a questi dispositivi medici vengono stampate in 3D anche mascherine con alloggio per filtri. Oltre che strumenti open source di vario tipo per la salute dei lavoratori che continuano a operare in situazione emergenziale da Coronavirus.

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