I nuovi Managed Services nell’era del cloud

Le criticità di governance nei modelli cloud, soprattutto in quelli ibridi, stanno di fatto contribuendo alla nascita di nuove offerte di servizi gestiti, i cui provider si fanno carico della definizione di una gestione che richiede la definizione di piani, ruoli e responsabilità di tutti coloro che sono coinvolti nell’erogazione del servizio It al business. A dirlo sono Gartner e Forrester che offrono alcuni spunti per spiegare alle aziende come ‘districarsi’ nel mare magnum dell’offerta.

Pubblicato il 19 Mag 2016

Moltissimi progetti di managed services ‘falliscono’ nel loro obiettivo primario di semplificazione della governance dei sistemi da parte dell’It aziendale perché mancano, alla base, dei cosiddetti ‘fondamentali’ sul fronte del change management. Far gestire ad un soggetto esterno all’azienda i propri asset It richiede una pianificazione organizzativa non banale che deve tenere conto di una serie di fattori che vanno ben al di là del livello di servizio concordato e coinvolgono aspetti quali i ruoli, le responsabilità e le competenze dell’It interno. Un quadro valido anche quando si parlava ‘semplicemente’ di outsourcing e che oggi si complica ulteriormente quando l’oggetto non è l’esternalizzazione dei sistemi ma la loro gestione (interna od esterna che sia), decisamente più complessa quando ad entrare in gioco ci sono ambienti cloud sempre più ibridi, integrati e distribuiti. Di come la richiesta da parte di molte organizzazioni di modelli di cloud pubblico ‘di classe enterprise’ stia influenzando significativamente anche il mercato dei servizi gestiti abbiamo avuto modo di parlarne in precedenza [a tal proposito si rimanda alla lettura dell’articolo “Managed services Vs. Cloud, un mondo che cambia” – ndr]. Qui ci interessa approfondire alcuni importanti aspetti che le aziende devono prendere in considerazione nel momento in cui decidono di affidare a fornitori esterni la gestione dei propri ambienti cloud pubblici o, in toto, dell’intero It aziendale.

Secondo le ultime analisi condotte da Gartner, entro il 2017 le aziende avranno ‘spostato’ oltre il 50% del proprio modello di sourcing It verso i sistemi gestiti (all’interno dei quali Gartner fa ricadere anche la gestione dei servizi di cloud pubblico da parte di un fornitore esterno, area per la quale ha recentemente lanciato uno specifico ‘Magic Quadrant’). Al di là dei numeri, apparentemente piuttosto elevati e che, come sempre nelle analisi di Gartner, fanno riferimento più che altro al mercato delle grandi aziende che operano negli Stati Uniti, ciò su cui a nostro avviso è interessante riflettere è il segnale di cambiamento che si evince dai numeri: a fronte di una costante crescita dell’offerta di public cloud, sempre più matura in tutti e tre gli ambiti principali (Iaas, Paas, Saas), e di un esponenziale aumento di adozione di servizi da parte delle aziende, anche per ambienti e workflow mission-critical, si registra un incremento del livello di complessità di gestione dell’It. Il cloud diventa una risposta di agilità ed efficienza ma al tempo stesso influenza pesantemente la governance dei sistemi e dei servizi It, spingendo quindi sempre più le aziende a ricorrere ai managed services quale chiave di volta per non finire nuovamente intrappolati nella rigidità del mantenimento della ‘macchina operativa It’. Sembrerebbe un controsenso, ma nei fatti non lo è, spiegano gli analisti di Gartner Ruby Jivan, Frances Karamouzis e Neil Barton: “La continua ricerca di flessibilità spinge i modelli di sourcing ad una continua evoluzione; il cloud ha rappresentato una prima risposta per l’accesso ai servizi infrastrutturali e architetturali, ora ci si sposta sulla ricerca delle modalità di gestione di questi servizi”.

Alcune ‘regole’ per capire come scegliere

A delineare come districarsi nella scelta del più opportuno managed services provider contribuisce anche l’analista di Forrester, Jeff Pollard, il quale suggerisce dei veri e propri ‘step procedurali di analisi’ per aiutare le aziende a districarsi nel mare magnum dell’offerta dei provider che, proprio sul fronte dei managed services di ambienti cloud, stanno modellando la loro ‘nuova offerta’. Vediamo in breve quali sono questi passaggi:

1) focus sull’intera ‘filiera’ del servizio: un provider che offre il monitoraggio solo dell’ambiente tecnologico non è più ‘concorrenziale’, soprattutto se l’ambiente in questione è esterno e arriva al data center sotto forma di servizio cloud pubblico. Bisogna focalizzare l’attenzione su quei provider che, anche attraverso servizi di consulenza, siano in grado di tracciare e gestire l’intero ciclo del servizio tecnologico.

2) grado di innovazione: per capire quanto il provider sia realmente in grado di gestire l’intera filiera del servizio It bisognerebbe comprendere qual è il suo ‘grado’ di innovazione, ossia che tipo di progetti ha gestito negli ultimi due anni e con che risultati tangibili per il mercato (in sostanza, si tratta di capire se la sua capacità di innovazione è sufficientemente rapida rispetto alle aspettative ed alle esigenze aziendali: nel caso dei servizi gestiti di ambienti cloud, per esempio, andrebbe valutata, prima ancora della capacità di gestione, la conoscenza stessa dei cloud provider, dei servizi che offrono, delle modalità con cui operano… per poi capire come riescono ad intervenire sul fronte della gestione e del sourcing);

3)  Poc e demo per ‘eliminare’ i contendenti: la regola del proof of concept vale sempre; l’analista di Forrester suggerisce di ‘mettere alla prova’ i provider anche attraverso delle vere e proprie demo che simulano la gestione dei workflow e degli ambienti che saranno interessati dal servizio di gestione, in particolare spingendosi sulle eventuali problematiche che possono nascere nell’integrazione dei servizi cloud in ambienti ibridi (dal loro provisioning fino all’utilizzo da parte degli utenti);

4) specializzazione contro proposta generale: se con l’outsourcing e la ‘prima era’ dei servizi gestiti si poteva parlare di ‘proposta generale’, ossia di servizi di gestione degli ambienti It in termini ampi (andando a declinare eventualmente i termini del servizio gestito direttamente nel contratto di fornitura), con l’attuale complessità dei sistemi e l’ingresso dei servizi cloud, le aziende devono guardare sempre più alla specializzazione dei provider (affidarsi ad un super esperto nella gestione degli ambienti Amazon quando si è optato per servizi di Google, Microsoft, Ibm o altri, solo a titolo di esempio, potrebbe ovviamente non essere una buona scelta).

Figura 1: lo schema di tutti i componenti che dovrebbero rientrare in quello che Gartner definisce essere l’ottimale piano di transizione – Fonte: Gartner

Ciò che serve, fanno notare gli analisti di Gartner, è un vero e proprio ‘transition plan’ (figura 1) che definisca le effettive responsabilità non solo del provider, ma dell’azienda stessa nella transizione verso un nuovo modello di gestione dei servizi It. Come accennato all’inizio di questo articolo, Gartner pone l’accento sul change management quale elemento di base imprescindibile in percorsi evolutivi così complessi dai quali dipendono non solo nuove modalità di accesso e fruizione di servizi, ma un vero e proprio cambio organizzativo che vede nella relazione tra il dipartimento It e il managed services provider l’anello di maggior criticità. Perché produca risultati efficaci, tale relazione deve essere costruita tenendo conto di moltissimi tasselli, da quelli di natura più tecnica (non dimenticandone tuttavia gli impatti anche sul fronte Hr, legale, finanziario, per esempio) fino a quelli di tipo organizzativo e di processo, così come mostra lo schema di tutti i componenti che dovrebbero rientrare in quello che Gartner, come specificato, definisce essere l’ottimale piano di transizione (vedi ancora figura 1).

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