Come costruire un ambiente multicloud flessibile e sotto controllo

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Come costruire un ambiente multicloud flessibile e sotto controllo

Il webinar di ZeroUno e VMware svela le mosse per implementare ambienti multivendor che garantiscono la piena libertà di innovazione applicativa, senza perdere il controllo su costi, infrastrutture e lock-in

Pubblicato il 15 Dic 2021

di Redazione

L’approccio multicloud sta guadagnando popolarità in virtù dei benefici resi, come la flessibilità o la sicurezza. Tuttavia, nasconde sfide importanti, dall’integrazione dei servizi al controllo dei costi. Come bilanciare pro e contro all’interno di una strategia corretta e strutturata?

Il webinar organizzato da ZeroUno in collaborazione con VMware propone una serie di buone pratiche metodologiche e tecnologiche per traguardare l’obiettivo. Moderato dalla giornalista Arianna Leonardi, l’evento online ha visto la partecipazione di Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, e Rodolfo Rotondo, Business Solutions Strategist Director (EMEA), VMware.

Cloud in forte ascesa e pronto al sorpasso

La diretta prende avvio con gli ultimi dati dell’Osservatorio, che definiscono il mercato italiano del cloud nel 2021. Entro fine anno, il valore complessivo equivarrà a 3.836 milioni di euro, in aumento del 16% rispetto al 2020. “Dopo la corsa al cloud dettata dall’emergenza pandemica – commenta Mainetti – gli investimenti hanno mantenuto una crescita costante, confermando un trend che non conosce recessione”.

La componente di Public & Hybrid Cloud, in seguito all’impennata 2019-2020 (+28%), prosegue la scalata, registrando un fatturato 2021 pari a 2391 milioni di euro (+19%). La novità riguarda piuttosto la distribuzione della spesa tra i segmenti SaaS, IaaS e PaaS: l’effetto Covid ha determinato un’estemporanea accelerazione del mercato Software-as-a-Service, ma oggi a crescere maggiormente sono le soluzioni infrastrutturali e soprattutto le piattaforme.

L’Osservatorio fornisce un altro dato di rilievo, sondando un campione di 157 grandi imprese considerate “trend setter”: “Siamo pronti per il sorpasso – suggerisce Mainetti -: il 46% del parco applicativo aziendale risiede nel cloud o nell’edge, mentre il restante è on-premise”. Insomma, l’inversione di tendenza è vicina e presto la maggioranza dei workload migrerà sulla nuvola.

Oggi l’80% delle grandi aziende italiane vive una situazione ibrida, che viene gestita grazie ai tool di orchestrazione, soprattutto in materia di sicurezza (81%), integrazione (54%), governance (48%) e automazione (31%). Le statistiche dell’Osservatorio rivelano anche una significativa diffusione del multicloud, scelto dal 41% del campione (la crescita 2021 su 2020 si è attestata al 7%).

La trasformazione delle applicazioni

Un altro punto di attenzione dell’Osservatorio sono le strategie di migrazione applicativa, dove nel 2021 si segnala un’importante crescita delle iniziative di replatforming (+11) e refactoring (+4%). Aumenta quindi il numero delle applicazioni aziendali che soddisfano le caratteristiche cloud native (continuous delivery, architetture a microservizi, strumenti di orchestrazione e automazione, container). “Le aziende – argomenta Mainetti – abbracciano i paradigmi cloud native perché offrono una serie di benefici: scalabilità, flessibilità, portabilità, velocità di sviluppo, manutenibilità, sicurezza”.

Tuttavia, l’introduzione del cloud computing, lungi dall’essere una mera questione tecnologica, richiede non solo competenze specializzate ma anche una riorganizzazione interna. Se il 56% delle grandi aziende intervistate ha pianificato nel 2021 l’assunzione di figure ad hoc per i progetti cloud, nel 61% dei casi non è stato apportato nessun cambiamento organizzativo.

Mainetti chiude il suo intervento con una nota positiva: “Il cloud ha il vento in poppa per una serie di eventi favorevoli: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha stanziato 50 miliardi di euro per la trasformazione digitale in sei anni; sono stati effettuati 2,6 miliardi di investimenti per la costruzione di datacenter localizzati in Italia; è stato istituito il progetto Gaia-X con l’obiettivo di creare un’infrastruttura europea federata di dati e rafforzare la sovranità digitale”.

L’invito insomma è a “non perdere l’occasione” e cavalcare l’onda lunga del cloud. Ma come?

Bilanciare libertà e controllo nel multicloud

Con Rotondo di VMware, approfondiamo il tema, mettendo sul piatto una serie di considerazioni sulle sfide e sulle opportunità del modello multicloud: “I clienti – racconta – vogliono usufruire dei migliori servizi di cloud pubblico disponibili sul mercato, ma si chiedono come evitare il vendor lockin… L’exit strategy va sicuramente pianificata a monte, ma non è un’operazione banale, soprattutto se le soluzioni cloud acquistate hanno un elevato grado di specializzazione”.

Il panorama tecnologico in cui si muovono le aziende è sempre più complesso: secondo statistiche recenti, come riporta Rotondo, le organizzazioni più grandi gestiscono mediamente quasi 500 applicazioni; il 75% utilizza attualmente più di 2 cloud provider e il 40% almeno tre.

“Nello scenario multicloud – prosegue Rotondo – costruire o modernizzare ambienti e applicazioni pone sfide importanti, che, a livello operativo, sono identiche per le piccole aziende come per le grandi imprese”. La strategia corretta consiste nel trovare il giusto equilibrio tra poli opposti, riuscendo a mantenere sia la libertà di innovazione applicativa sia il controllo su infrastrutture, costi e sicurezza.

Piattaforme di gestione e cloud sovrano

Tradotto in termini tecnici, per superare la sfida, VMware propone la piattaforma Cross-Cloud services , che agisce su cinque direttrici: fornisce un ambiente per lo sviluppo e la distribuzione delle app cloud-native; permette di costruire una solida infrastruttura cloud dove eseguire i software aziendali; garantisce il monitoraggio di performance e costi delle app su nuvole differenti; estende funzionalità di sicurezza e networking sull’intero ecosistema multivendor; abilita un digital workspace per tutti gli utenti aziendali, con un focus sull’edge computing.

Come sottolinea Rotondo, VMware ha anche lanciato recentemente il programma Sovereign Cloud, che certifica i cloud-service provider circa il rispetto di precisi requisiti in termini di controllo giurisdizionale, compliance normativa e sovranità dei dati, promuovendo l’interoperabilità dei servizi, la portabilità delle applicazioni e la sicurezza secondo le normative nazionali. L’iniziativa rappresenta un ulteriore passo avanti rispetto al progetto Gaia X di cui VMware è uno dei sostenitori originari.

“La modernizzazione dell’infrastruttura cloud – afferma Rotondo – va di pari passo alle esigenze di trasformazione applicativa. Per definire una strategia di successo, bisogna quindi: avere una chiara visione del parco software aziendale; capire quali competenze di development sono disponibili all’interno dell’organizzazione; individuare per ciascun applicativo il servizio cloud più adatto”. Il segreto per il multicloud flessibile e sotto controllo insomma è racchiuso in un semplice assioma: “Più un’azienda è padrona della piattaforma di sviluppo – conclude Rotondo – più ha la possibilità di portare le applicazioni ovunque nel cloud, evitando il vendor lock-in”.

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Nel corso degli anni ZeroUno ha esteso la sua originaria focalizzazione editoriale, sviluppata attraverso la rivista storica, in un più ampio sistema di comunicazione oggi strutturato in un portale, www.zerounoweb.it, una linea di incontri con gli utenti e numerose altre iniziative orientate a creare un proficuo matching tra domanda e offerta.

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