Green IT: tra mito e realtà

I Cio hanno la responsabilità delle infrastrutture Ict e dunque devono capire come massimizzare gli asset in nome del business. E il business sempre più passerà anche attraverso il risparmio energetico, ottenuto da nuove tecnologie, disegni architetturali innovativi, ottimizzazione nella distribuzione della capacità elaborativa.
I vendor di soluzioni e prodotti Ict rispondono alla richiesta del mercato con il Green IT

Pubblicato il 30 Gen 2009

Siamo abituati ormai da decenni agli allarmismi “temporanei” cha hanno spesso la durata di una stagione o di una moda. Ma quanto c’e di vero nella contribuzione dell’Information Technology al problema dell’inquinamento? Uno studio condotto dalla britannica Eilt (Environmental IT Leadership Team) asserisce che l’Ict è responsabile del 3-4% delle emissioni globali di anidride carbonica a livello planetario. Lo studio, meglio noto come Global Action Plan, è stato presentato alla conferenza sul clima di Bali, e sostiene addirittura che i computer e di data-center inquinano più degli aerei.
Dal rapporto emerge inoltre che circa l’80% degli IT Manager considera le “politiche ambientali IT” assolutamente inefficaci. Pertanto risulta evidente che, aldilà degli annunci e dei proclami a livello mondiale, manchi ancora quella consapevolezza dei rischi e soprattutto delle conseguenze derivanti dall’inquinamento di Co2. “L’86% dei dipartimenti Ict presi in esame – afferma Trewin Restorick, direttore dell’Eilt – non conosce il peso della propria attività in termini di emissioni di anidride carbonica. E meno del 20% delle organizzazioni conosce la bolletta elettrica della propria aziende”. Inoltre l’aspetto di maggiore criticità è dovuto alla mancanza di consapevolezza del livello di memorizzazione dei dati all’interno dei propri sistemi di mass-storage. Infatti la maggior parte degli IT manager o responsabili IT delle diverse organizzazioni non ha una visione aggiornata e corretta sui volumi e sulla disposizione dei database contenuti nei molteplici server che affollano i Data Center delle proprie organizzazioni. Tutto ciò può determinare inesorabilmente oltre ad una frammentazione dei Dbms su vari server anche la conseguente mancanza di ottimizzazione ed efficiente utilizzo dei vari database. “Una corretta memorizzazione dei dati consentirebbe alle aziende di abbattere del 30% il fabbisogno energetico, con effetti positivi sull’ambiente”, afferma Restorick. “I Cio hanno la responsabilità delle infrastrutture Ict e dunque devono capire come massimizzare gli asset in nome del business. E il business passa anche attraverso il risparmio energetico, considerando l’impatto sulle spese”. Quindi il problema esiste e tutto lascia intendere che oltre al raddoppio del consumo di energia avuto tra il 2000 e il 2005, ci sarà un ulteriore “doppio salto” per il 2010.
I dati raccolti da Forrester Research (www.forrester.com) e pubblicati nel rapporto “Green Progress In Enterprise IT” asserisce che il 15% delle aziende ha già un piano generale per l’implementazione del Green IT, il 25% è in procinto di crearlo e il 39% lo sta valutando. Secondo il vice presidente di Forrester, Christopher Mines, la vera sorpresa riscontrata nei risultati dell’inchiesta è data dal fatto che il rispetto dell’ambiente rappresenta la seconda ragione che motiva gli acquisti IT ecologici, quasi a pari merito con quella, prevedibile, connessa al risparmio economico.
La tendenza del Green IT non deve essere identificata solo come una nuova “new epoch” delle tecnologie informatiche, ma piuttosto come un nuova metodologia di “pensare dell’IT del futuro”. Non a caso anche il riutilizzo di materiali di “scarto” tecnologici rappresenta una nuova frontiera per il Green It.

Il Consorzio “Green Grid”
Green Grid è un consorzio mondiale, a cui aderiscono diverse aziende leader nel settore, il cui obiettivo è incentrato sulla riduzione del consumo energetico dei Data Center mondiali mediante metodologie, processi produttivi, criteri di costruzione e nuovi processi di misurazione del consumo dei dispositivi tecnologici. Autorevoli e prestigiose aziende Ict lavorano da anni sulla ricerca di tecnologie efficienti che consentano il risparmio energetico e la riduzione di Co2. Quali sono state le innovazioni introdotte dal Green Grid? E quali sono gli ostacoli e i vincoli imposti a livello internazionale? E soprattutto, la vera “mission” delle aziende che sostengono il consorzio è davvero l’effettivo miglioramento dell’ambiente o solo una nuova e più velata metodologia di “svecchiamento forzato” dei datacenter mondiali?
Sicuramente l’obiettivo principale è quello di ridurre il consumo energetico dei sistemi informativi a livello planetario. Una prima risposta è stata data dalla realizzazione dei server blade, progettati per minimizzare i consumi e la generazione di calore. Tuttavia la Green Grid intende dar vita ad una comunità di aziende e di esperti del settore che condividano informazioni, linee guida e best practice relative al risparmio energetico dei sistemi informativi.
Pertanto è possibile riassumere gli obiettivi del consorzio nei seguenti punti: definire modelli comportamentali per gli utenti e metodologie di utilizzo dei dispositivi tecnologici; sviluppare standard, metodologie, processi di misurazione e nuove tecnologie per il miglioramento delle performance dei Data Center; promuovere l’adozione degli standard, processi, tecniche di misurazione e nuove ed efficienti tecnologie per la riduzione dei energia. Oltre al consorzio citato, altre strutture di diversi paesi, governative e non, lavorano alacremente su studi e indagini che possano consentire di comprendere la reale portata dei bisogni energetici dei server a livello planetario.
L’Epa (Environmental Protection Agency) del Dipartimento dell’Energia statunitense, nell’agosto del 2007 ha rilasciato un report al Congresso americano in cui venivano definite le opportunità per un corretto risparmio energetico dei server e i Data Center (sia pubblici che privati) negli Stati Uniti. Il progetto di studio analizza la crescita del consumo di energia dei computer e dei Data Center presenti nel paese, valutando i costi e il potenziale risparmio di energia prodotti dal miglioramento dell’efficienza energetica, elencando una serie di raccomandazioni e potenziali incentivi realizzabili sia su base volontaria sia attraverso programmi di promozione del risparmio di consumo di energia elettrica appoggiati dal governo centrale.
Anche in Europa, attraverso il progetto Efficient Servers, condotto nell’ambito del programma EU Intelligent Energy Europe, si intende dimostrare quanto possano essere rilevanti gli assorbimenti di energia elettrica dei sistemi informatici e quanto sia determinante stabilire politiche e metodologie per la riduzione dei consumi. I processi sono focalizzati sulle seguenti misure: studi analitici per l’ottimizzazione dell’efficienza dell’energia assorbita dai sistemi informatici che possano consentire una sostanziale riduzione di energia elettrica e costi relativi; linee guida pratiche per supportare il management aziendale per la riduzione dei bisogni energetici all’interno dell’organizzazione; sviluppo di contratti e testing di piani di rimborso per supportare lo sviluppo del marketing.
In conclusione, appare evidente che siamo giunti ad una fase di ripensamento dell’architettura del moderno Data Center. Attualmente le infrastrutture IT della maggior parte delle organizzazioni sono costituite da un “affastellamento” di server, molto spesso utilizzati al 15 o 10% o poco utilizzato da un punto di vista di contenimento dati. La parola d’ordine pertanto è “consolidamento” e “virtualizzazione” in modo tale da raggiungere rendimenti pari all’80%. Tuttavia “virtualizzare” è complesso anche nella gestione e spesso richiede un ripensamento degli stessi ambienti. Il primo, importante, passo da compiere è riflettere attentamente sulle effettive esigenze della propria organizzazione, sui costi sostenibili e sulle differenti architetture disponibili per una gestione ottimizzata dei servizi IT. ]

* Antonio Teti è responsabile del supporto tecnico
informatico dell’I.C.T.S. (Information and Communication Technology Service) dell’Università di Chieti-Pescara.

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