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Il consenso come motore della leadership: le logiche, le forme e i rischi



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Il consenso è il cuore della leadership e ne determina stabilità, efficacia e fragilità. Dalla logica del nemico alla logica del progresso, fino alle tre forme della leadership, un quadro completo delle dinamiche che generano adesione e dei rischi connessi al suo esercizio 

Pubblicato il 24 nov 2025

Luca Baiguini

Docente alla POLIMI Graduate School of Management



Consenso leadership

Abbiamo iniziato questo percorso definendo che cosa è il potere: una forma di causazione sociale, la capacità di un attore A di determinare la condotta di un attore B. Abbiamo poi chiarito che la leadership è una delle forme del potere, distinta dal potere coercitivo e da quello economico, fondata sul consenso. Successivamente abbiamo analizzato attributi e dinamiche del potere, scoprendo che si misura lungo dimensioni precise e cambia nel tempo.

Arriviamo ora all’ultimo tassello: comprendere in che modo la leadership si fonda sul consenso, quali strategie permettono di generarlo, quali forme può assumere e quali rischi porta con sé.

Consenso come riconoscimento

Il consenso è il fondamento della leadership. Non basta avere un titolo formale, un ruolo definito o il controllo di risorse: senza il riconoscimento da parte di chi segue, non c’è leadership. Questo riconoscimento deve essere volontario e attivo. È una forma di adesione: la disponibilità a seguire perché si percepisce legittimità, credibilità e coerenza in chi guida.

Il consenso, però, non è mai garantito una volta per tutte. È instabile, può crescere o calare, e la sua creazione e gestione hanno (come le altre forme del potere) un costo.

Strategie di generazione del consenso

Se il consenso è una risorsa determinante, è importante capire come lo si costruisce. Due strategie fondamentali si alternano e si intrecciano nella pratica delle organizzazioni: la logica del nemico e la logica del progresso.

La logica del nemico 

Il consenso può essere costruito identificando un avversario. In questa logica, il leader centra la coesione del gruppo attorno alla lotta contro una minaccia comune. Il nemico può essere esterno o interno, reale o simbolico: un concorrente aggressivo, un sistema burocratico che rallenta, un rischio percepito.

È una strategia potente perché compatta e semplifica: crea un “noi” contrapposto a un “loro”, mobilita energie, riduce i conflitti interni. Ma è anche rischiosa. Può generare polarizzazione, irrigidire le posizioni, impedire un confronto costruttivo. Soprattutto, è fragile nel tempo: se il nemico scompare o smette di essere credibile, il consenso si dissolve.

La logica del progresso 

Il consenso, oltre che compattando il gruppo contro un nemico, può essere costruito attorno a un orizzonte positivo: un futuro desiderabile da raggiungere insieme. Qui il leader non mobilita contro qualcuno, ma per qualcosa. Non per evitare un pericolo, ma per raggiungere un obiettivo.

È la logica del progresso. È più difficile da attivare nell’immediato, perché richiede di convincere senza fare leva sulla paura, ma quando funziona produce consenso più solido e duraturo. Permette di motivare anche in assenza di nemici esterni, e di mantenere coesione lungo periodi di cambiamento.

Bilanciare le due logiche 

Nessuna delle due logiche è sufficiente da sola. In momenti di crisi, identificare un nemico può essere utile per creare urgenza e compattare il gruppo. Nei momenti di stabilità, è indispensabile indicare un progresso, per alimentare motivazione e dare senso al lavoro quotidiano. La leadership matura sa bilanciare le due logiche, senza dipendere esclusivamente né dalla paura né dalla pro-azione.

Il triangolo della leadership

Oltre alle strategie, è utile guardare alle forme che la leadership assume. Possiamo distinguerne tre, che compongono un triangolo ideale, sulla base di dove si centra il consenso stesso: leadership carismatica (il consenso è centrato sulla figura del leader), ideologica (su idee e valori) e pragmatica (su progetti e obiettivi).

Leadership carismatica 

Qui il consenso si concentra sulla persona del leader, sul suo magnetismo, sulla capacità di affascinare e attrarre. È una forma di leadership che mobilita rapidamente, che può entusiasmare e galvanizzare. Ma è fragile, perché dipende interamente dal leader: se la persona scompare, si ritira o perde credibilità, anche il consenso si dissolve.

Leadership ideologica 

In questo caso, il consenso si radica in un sistema di valori, di idee e di principi condivisi. I follower seguono non tanto per la persona, quanto perché si riconoscono in un orizzonte simbolico. È una forma più stabile della leadership carismatica, perché sopravvive alla persona. Ma può diventare rigida, dogmatica, incapace di adattarsi quando i valori vengono tradotti in ideologia inflessibile.

Leadership pragmatica 

La terza forma si fonda sulla capacità di ottenere risultati concreti, di risolvere problemi, di mostrare progressi tangibili. Qui il consenso nasce dalla fiducia che seguire quel leader porti benefici pratici. È meno spettacolare del carisma e meno totalizzante dell’ideologia, ma spesso più efficace nel medio periodo, soprattutto nei contesti organizzativi.

Nessuna leadership reale è solo carismatica, solo ideologica o solo pragmatica. Ogni leader combina queste dimensioni in dosi diverse, e la vera sfida è trovare un equilibrio coerente con il contesto.

Le critiche alla leadership

Così descritta, la leadership è una forma di potere certamente attraente, ma non per questo sempre più efficace rispetto alle altre forme del potere. È bene, quindi, sfatare alcuni miti:

La leadership è qualcosa di diverso dal potere? No: è una delle sue forme

La leadership è intrinsecamente migliore delle altre forme di potere? No: ci sono situazioni in cui l’esercizio delle altre forme di potere è il modo più efficiente per ottenere comportamenti e condotte (per fare accadere le cose).

Anche la leadership, infatti, ha un costo: il costo della costruzione e del mantenimento del consenso. A volte questo costo si paga edulcorando il contenuto delle proposte, delle idee, dei progetti (il populismo non esiste solo in politica).

Inoltre, il consenso, a volte, crea dipendenza in chi lo crea e lo gestisce (rispettivamente, overconfidence e conformismo).

Consenso, strategie e forme: una sintesi

Mettere insieme queste prospettive ci offre un quadro realistico rispetto a questo tema così complesso, ma che innerva le relazioni in qualsiasi organizzazione o progetto.

In sintesi:

  • Il consenso è il meccanismo proprio della leadership, la risorsa che la distingue da altre forme di potere (caratterizzate, invece, dai meccanismi della sanzione e della remunerazione). 
  • Le strategie per generarlo sono due: la logica del nemico e la logica del progresso, entrambe utili ma parziali. 
  • Le forme della leadership sono tre: carismatica, ideologica, pragmatica, che si intrecciano e vanno bilanciate. 
  • Le critiche ci ricordano che la leadership non è un bene in sé, ma una relazione di potere soggetta, come le altre, a calcoli costo / beneficio di tipo situazionale. 

La leadership vive di consenso. È potere fondato sul riconoscimento volontario, che si può costruire contro un nemico o per un progresso, e che può incarnarsi in forme diverse: nella persona, nei valori, nei risultati.

Per chi guida organizzazioni complesse, il compito non è scegliere una volta per tutte una strategia o una forma, ma bilanciare e rinnovare continuamente il consenso. È esercitare leadership con la consapevolezza che il consenso è fragile, che le retoriche del leader-eroe o della leadership come panacea sono fuorvianti, e che il vero potere della leadership sta nella capacità di costruire adesione attiva e duratura.

In questo senso, guidare non significa semplicemente decidere, ma creare le condizioni perché le persone scelgano di seguire e continuino a farlo nel tempo. È questa la sfida che distingue la leadership matura: un equilibrio dinamico tra strategie e forme, sostenuto dalla lucidità di chi sa riconoscere anche i limiti della leadership stessa.

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