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Brexit: i possibili effetti diretti sul mercato Ict

Secondo le prime considerazioni rilasciate dal gruppo di analisti di Forrester diretto da Laura Koetzle e le valutazioni di Ajay Sule, practice director EIA e Adrian Drozd, research director Digital Transformation di Frost & Sullivan, ecco di seguito quelle che potrebbero essere le primarie implicazioni dell’effetto Brexit sul mondo It e, in generale, Tech.

Pubblicato il 04 Lug 2016

Brexit
  1. Lo spostamento dei talenti: l’innovazione tecnologica necessita in questo storico momento di ‘disruption’ di persone altamente competenti e qualificate, skill che oggi circolano liberamente nell’Unione Europea e sono quindi reperibili anche dal mercato Uk. La Brexit potrebbe portare con sé un’esigenza di ri-negoziazione privata tra Uk e singoli paesi europei per stabilire nuove regole e alleanze che prevedano anche l’accesso alle competenze. Non solo, le barriere all’immigrazione potrebbero spingere molti professionisti europei del settore It a prendere in considerazione altri paesi, anziché il Regno Unito, dove migrare per cercare opportunità di crescita e carriera.
  1. La ricerca di un nuovo hub digitale: come accennato, negli ultimi dieci anni e più il Regno Unito, Londra in particolare, è diventato quasi naturalmente il punto di accesso al mercato Usa soprattutto per le start-up It e Tech che guardano alla Silicon Valley più ai fini della coopetition che non come ‘nemico concorrenziale’. “Con tale incertezza, i principali fornitori di soluzioni It vorranno mantenere la loro sede europea nel Regno Unito, o saranno più attratti ad operare all’interno dell’UE a beneficio di Parigi, Francoforte o altre città? Inoltre, non essere parte del mercato unico digitale potrebbe comportare un ulteriore isolamento e privare il Regno Unito dei benefici del commercio ed e-commerce oltre confine?”, si chiedono gli analisti di Frost & Sullivan.
  1. Il trattamento dei dati e la privacy: l’Europa è sempre stata caratterizzata da una forte attenzione alle questioni della privacy e al trattamento dei dati delle aziende e degli utenti, come dimostra l’ennesimo regolamento in materia emanato solo qualche settimana fa e che impone, entro il 2018, nuove direttive per la protezione dei dati (EU General Data Protection Regulation). Con la Brexit il Regno Unito non sarebbe più di fatto tenuto all’osservanza delle direttive europee [il condizionale in questo caso è d’obbligo non solo perché i tempi per verificare i reali effetti post referendum non sono ancora maturi ma anche perché per avviare concretamente le procedure di uscita dall’Unione Europea servirà tempo – ndr], complicando un po’ la vita alle aziende che in quel mercato comunque operano o intrecciano relazioni di business e transazioni commerciali. La Brexit potrebbe rendere più difficile per le aziende districarsi tra le normative e garantire che rispettino le diverse regole nei diversi paesi.

“Molte altre questioni affioreranno nei prossimi mesi, non appena le acque inizieranno a calmarsi. Ad esempio, i contratti pan-europei dovranno essere rinegoziati, e proprietà intellettuale e marchi registrati potrebbero richiedere un trattamento separato per il Regno Unito e l’Unione europea. I privati e le aziende valuteranno le diverse possibilità e molti non aspetteranno che si concludano i negoziati dopo l’uscita formale per attuare i propri piani. Ciò nonostante, il Regno unito ha da tempo dimostrato di avere un settore tecnologico innovativo e resistente e ci aspettiamo che riesca ad attraversare indenne la turbolenza iniziale e l’incertezza risultante dal voto per la Brexit”, scrivono in chiusura Sule e Drozd di Frost & Sullivan cercando di guardare ad un roseo futuro.

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