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Gli elementi cardine di una strategia di data driven innovation

Usare il dato per creare valore: come e perché le aziende dovrebbero e possono implementare un approccio strutturato per estrarre valore dai dati. La visione di The Information Lab

Pubblicato il 12 Mag 2021

data driven innovation

La digitalizzazione ha imposto alle aziende una trasformazione radicale sul piano strategico, operativo e strutturale. Oggi qualsiasi impresa deve essere capace di agire secondo le logiche della data driven innovation, sfruttando le enormi moli di informazioni-dati a supporto di qualunque processo decisionale.

Ma quali sono gli elementi cardine per implementare correttamente un piano di evoluzione basato sulla certezza dei dati? Davide Donna ed Emanuele Farotti, i due fondatori di The Information Lab, offrono spunti di riflessione interessanti, riportando la visione aziendale sul tema.

Che cosa si intende per innovazione guidata dai dati

“Avviare un percorso di data driven innovation – afferma Donna – significa sostanzialmente usare il dato per creare valore, intervenendo su più livelli. Stimolando un utilizzo strategico delle informazioni, si libera il potenziale dei dipendenti; aumentando la visibilità sui processi grazie ai dati, si possono introdurre elementi di automazione per sostituire l’intervento manuale; adottando modelli e software analitici avanzati, si riescono a indirizzare razionalmente le scelte aziendali”.

Nell’elencare gli elementi cardine della data driven innovation, Farotti mette l’accento sull’importanza della data literacy e sulla scelta di applicazioni intuitive: “Le persone – asserisce – devono essere incoraggiate e preparate all’impiego esteso delle informazioni. Ecco perché diventano fondamentali la formazione e l’adozione di strumenti semplici, che possono essere utilizzati facilmente anche dagli utenti non tecnici”.

Perché bisogna investire nella data driven innovation

Diventare una data driven enterprise richiede impegno verso le persone e investimenti in tecnologia. Ma quali sono i vantaggi ottenibili e perché un’azienda dovrebbe perseguire questo modello?

“Il mercato – risponde Farotti – si muove a ritmi sempre più frenetici e per rimanere competitivi diventa necessario accelerare il decision making e la capacità di azione, raggiungendo ulteriori traguardi di efficienza. Sfruttare le informazioni permette di ottimizzare e automatizzare i processi, riducendo i costi operativi e generando risparmi. Si pensi banalmente ai savings sulle ore uomo ottenibili grazie all’automazione abilitata dall’uso intelligente delle informazioni”.

Tuttavia, la data driven innovation non si ferma al recupero di efficienza e alla riduzione dei costi. “Avere le informazioni sotto controllo – dichiara Farotti – significa ottenere maggiore visibilità sui processi aziendali e sulle dinamiche di mercato, con la possibilità di studiare nuovi modelli di business e generare ulteriore profitto”. L’obiettivo è monetizzare sull’immenso patrimonio informativo disponibile, migliorando prima l’organizzazione interna (ottimizzazione dei processi) e successivamente l’approccio verso l’esterno (innovazione del business).

Il modello data driven inoltre diventa un fattore di engagement verso i lavoratori: “Le persone – suggerisce Donna – si sentono parte di un’azienda moderna, che fornisce loro una serie di strumenti avanzati per esprimere al meglio il proprio potenziale. Cresce quindi il livello di soddisfazione e conseguentemente di produttività”.

Come implementare l’approccio data driven

Se la data driven innovation risulta un’opzione conveniente e addirittura indispensabile ai fini della competitività aziendale, come è possibile implementare correttamente il modello?

The Information Lab, come spiega Farotti, procede attraverso un metodo consolidato che punta sull’evoluzione graduale dei processi, delle tecnologie e delle persone. “La fase iniziale prevede l’assessment della condizione esistente per capire come i dati vengono gestiti all’interno dell’organizzazione aziendale”. Poi si definisce un modello di governance che, partendo dalla mappatura dei processi, permette di implementare un sistema di selezione, raccolta, archiviazione, analisi e distribuzione delle informazioni.

La scelta delle tecnologie che abilitano le attività di data analytics e visualization è un nodo cruciale: bisogna puntare su strumenti moderni, con un’interfaccia utente semplice e intuitiva, che permettano di ottenere risultati scalabili e misurabili. L’utilizzo delle applicazioni deve essere esportabile su diversi processi e dipartimenti, restituendo vantaggi di business per l’azienda che possano essere valutati in base a precisi indicatori di performance.

“L’enablement delle persone attraverso l’adozione di software facili da utilizzare e imparare – prosegue Farotti – è fondamentale per il successo delle iniziative data driven. L’utente deve cogliere le opportunità derivanti dall’uso delle informazioni, senza percepire l’utilizzo delle tecnologie come un obbligo calato dall’alto. Le attività di formazione ed engagement diventano quindi una priorità: bisogna procedere alla definizione di una strategia mirata al coinvolgimento dei dipendenti, che includa, ad esempio, le attività di gamification per incoraggiare l’uso dei nuovi strumenti e la creazione di una community interna deputata a stimolare la cultura dell’innovazione”.

L’approccio di The Information Lab

La data driven innovation se correttamente implementata permette di ottenere risultati concreti, trasversalmente a qualsiasi settore, dalla Farmaceutica all’Abbigliamento alle Telecomunicazioni. “Introducendo una soluzione di analytics self-service – esemplifica Donna – una telco nostra cliente ha ottenuto subito nella prima fase del progetto un risparmio di 800 giorni uomo, con un pilota della durata di un anno limitato ad alcune progettualità di quattro dipartimenti. Con l’estensione programmata dell’approccio sui successivi ambiti i risparmi economici decuplicheranno”.

Il caso citato da Farotti, relativo a un’importante società del Fashion italiana, dimostra invece come l’adozione di tecnologie per la data driven innovation possa essere gradualmente estesa a diverse unità aziendali, via via che si constatano e apprezzano i risultati ottenuti. “Inizialmente – chiarisce Farotti – l’azienda aveva adottato la soluzione per ottimizzare le Operations IT, ma poi ha proseguito su ambiti più complessi come la sentiment analysis per intercettare le intenzioni dei clienti. Il nostro approccio si basa sull’implementazione progressiva di progetti circoscritti, che garantiscono un rapido ritorno sugli investimenti. Puntiamo insomma a ottenere dei quick-win e a sviluppare dei templates metodologici che possono essere facilmente esportati su processi e funzioni differenti, amplificando i risultati”.

L’approccio strategico rientra sicuramente tra le caratteristiche vincenti di The Information Lab, che secondo Donna e Farotti presenta una serie di altri vantaggi strutturali. “Siamo un’azienda italiana – evidenzia il primo –, con un’organizzazione snella capace di garantire vicinanza al cliente e flessibilità rispetto alle richieste specifiche. Tuttavia, facciamo parte di un network multinazionale di altre sette aziende, con cui condividiamo esperienze e best practice. Insomma, non siamo ingessati come tante grandi realtà, ma garantiamo comunque una struttura solida, respiro internazionale e molte referenze”.

“Abbiamo da sempre sposato il modello degli analytics self-service – aggiunge Farotti –: rispetto ai competitor che hanno cavalcato l’onda e seguito il trend tecnologico, The Information Lab è nata proprio sulla scorta di questo approccio tecnologico. Il valore aggiunto è rappresentato sia dall’importanza che dedichiamo alla formazione sia dalla nostra proposizione come partner: vogliamo trasferire agli utenti le competenze per essere autonomi nella capacità di sfruttare i dati a vantaggio del processo decisionale”.
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