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Dall’oncologia all’egittologia: ora le reti neurali potranno svelare misteri egizi

Riconoscere i simboli dei geroglifici con lo stesso algoritmo utilizzato per i tumori e arrivare a identificare le diverse sintassi tipiche di ogni epoca e le calligrafie delle diverse scuole scribali se non del singolo scriba. È questa la sfida agli scettici sull’ingresso dell’AI nel mondo dell’arte che un team eterogeneo di fisici, ingegneri ed egittologi ha lanciato con dei primi risultati già tangibili e pronti per diventare un’app.

Pubblicato il 16 Nov 2021

misteri egizi

Contaminazione e collaborazione, determinazione e creatività assieme a profonde competenze di intelligenza artificiale ed egittologia sono i punti di forza di un progetto che oggi fa intravvedere già con dei risultati concreti la possibilità di utilizzare reti neurali artificiali per scavare sempre più a fondo nella cultura di civiltà di cui restano numerosi reperti enigmatici e non sempre ben conservati. I protagonisti sono cinque esperti, Andrea Barucci e Costanza Cucci dell’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifac), Fabrizio Argenti, Marco Loschiavo e Tommaso Guidi del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Firenze, e l’egittologo Massimiliano Franci del Centro Studi Camnes (Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies). È lavorando assieme, accettando di studiare un po’ della materia altrui per trovare la strada vincente, che questo team ha ottenuto importanti risultati applicando reti neurali su geroglifici egizi ed è solo l’inizio perché nei loro computer ci sono algoritmi quasi pronti per fornire al mondo la chiave di molti misteri di questo e di altri popoli.

Reti neurali convoluzionali per riconoscere simboli egizi da un click

Nato da un dialogo tra Barucci e Franci, entrambi convinti che l’intelligenza artificiale potesse mostrarsi un alleato formidabile per gli egittologi alle prese con i reperti coperti di segni a volte anche rovinati, il progetto Athena (ArTificial intelligence applications in ancient egyptian HiEroglyphs aNd archeological, historical and artistics Assets) consiste nell’applicazione di algoritmi intelligenti per riconoscere e trascrivere i geroglifici con un’accuratezza oggi testata pari al 97%. “Fornendo un’immagine, il software è in grado di riconoscere i simboli al suo interno dopo averla segmentata, ridimensionata e riscalata in modo da renderla utilizzabile dalla rete neurale che classifica i simboli rifacendosi al dataset con cui è stata addestrata – spiega Franci – ad ogni simbolo abbiamo associato anche una stringa con informazioni sulla sua funzione e questo permette, con un lavoro ibrido uomo-macchina, di arrivare ad una ipotesi di traduzione”.

Per un egittologo questo si traduce in un significativo risparmio di tempo e di energie, tanti giorni se non mesi di confronti fatti “manualmente”, e la possibilità di ampliare la sfera di studio e approfondimento arricchendo con il tempo il database per ottenere ipotesi sempre più accurate. “Questo vantaggio diventa essenziale soprattutto quando i resti sono molto rovinati e il segno risulta corrotto – precisa Franci – l’algoritmo è e sarà sempre più fondamentale perché riesce a bypassare limiti visivi umani rendendo possibile un riconoscimento laddove oggi non lo è”.

Non si parla di traduzione del geroglifico per una precisa scelta procedurale: il team ha infatti preferito non utilizzare la rete sulla trascrizione di un egittologo ma direttamente su un testo originale, anzi, causa Covid-19, su immagini ad alta definizione, per ipotizzare una trascrizione precisa dei segni in modo da ottenere un maggior numero di informazioni dal punto di vista egittologico. La distribuzione dei segni in righe e colonne e in generale negli spazi, le imperfezioni e le correzioni: tutte scelte estetiche o pratiche che è interessante indagare come chiave per meglio comprendere la cultura e le logiche che hanno governato una civiltà.

Apprendimento con doppio dataset per algoritmi più flessibili performanti

Le reti neurali oggi impegnate a svelare i misteri dei geroglifici sono quelle che Barucci ordinariamente utilizza per l’imaging clinico applicato all’oncologia, operando nel campo della radiomica. “Abbiamo trasposto alcune tecniche del campo biomedico in quello storico partendo dalla reti convoluzionali con cui si possono riconoscere i pattern legati alla presenza di tumori ma anche quelli legati ai simboli all’interno delle scritte: alla macchina non interessa di cosa si tratta e questo ha giocato a nostro favore” spiega il fisico.

Figura 1: Schema di elaborazione dei simboli egizi nel software Glyphnet

A livello di algoritmi infatti non sono stati effettuate grosse variazioni, reti note come VGGNet, ResNet, e Inception applicate ai geroglifici, una volta adattate al contesto hanno dati ottimi risultati. È sul software che è stato fatto il lavoro più impegnativo, durato 6-8 mesi, in cui è stato necessario “mettere assieme i diversi pezzi sviluppati con strumenti open source, codice Python e librerie liberamente accessibili per arrivare a Glyphnet, nome dato alla rete tra quelle utilizzate che, una volta riscalata e ritagliata, è risultata la più performante”.

Un altro passaggio impegnativo e decisivo al tempo stesso è stata la fase di apprendimento in cui il team ha scelto di procedere con due dataset, uno “perfetto”, disponibile in letteratura relativo alla famosa piramide di Unas – con dati omogenei tutti provenienti dallo stesso luogo e in scrittura monumentale (concettualmente paragonabile al nostro maiuscolo) -, e l’altro creato da Franci, eterogeneo con immagini di geroglifici su papiro, pietra, legno e parete, con pigmenti e stili di diversi autori ed epoche senza trascurare la qualità degli scatti e dei reperti stessi non sempre ottima. E’ proprio quest’ultimo database che rende Glyphnet utile e allo stesso tempo sfidante perché sarà sempre più in grado, con l’ampliarsi delle tipologie di inputi ricevuti, di riconoscere segni egizi nelle più svariate situazioni in cui un egittologo si può trovare a rilevare un geroglifico.

Un’app, la traduzione e la scoperta di origini e autori nel futuro del progetto

Mentre Glyphnet ha fatto notizia e, nonostante sia stato scritto in piena logica collaborativa e open e reso liberamente riproducibile, alcuni egittologi sparsi per il mondo scrivono ai suoi creatori per saperne di più. L’idea del team è quella non solo di renderlo scaricabile ma di trasformarlo in una app. “Mancano solo i fondi per creare l’architettura dell’applicazione ma tutta la parte di software è pronta“, spiegano Barucci e Franci già immaginandosi egittologi fotografare e interpretare geroglifici direttamente sul campo solo con lo smartphone tra le mani con la possibilità di inserire nuovi segni e contribuire all’accuratezza e alla profondità dell’analisi e di scegliere tra diverse features. Ci sono infatti altre reti allo studio che nei prossimi mesi si trasformeranno in nuovi risultati da svelare, reti convoluzionali come Glyphnet, ma non solo.

Figura 2: Esempio di identificazione dei simboli fatto con una delle reti a disposizione del team del progetto ATHENA

Con la prima si potrà presto identificare specifici simboli all’interno di una enorme parete come anche leggere insiemi di segni per ricostruire il linguaggio entrando nell’area della topo-sintassi. “Si tratta di studiare l’interazione tra simboli e vedere come formano la parola egizia per comprendere quali sono e come evolvono le scelte stilistiche – spiega Franci – ogni epoca tende ad avere un ordine di scrittura molto fisso e iniziare a conoscerli e poi riconoscerli ci permetterebbe di datare i reperti più facilmente. Studiandoli singolarmente non arriveremmo mai a questo risultato ma grazie all’intelligenza artificiale possiamo analizzarne un grande numero e identificare pattern che all’uomo sfuggono”.

Per una datazione più certa ma anche per una più accurata localizzazione e contestualizzazione, si lavora anche sul riconoscimento della calligrafia che indicherebbe l’appartenenza a precise scuole scribali e quindi ad aree ed epoche precise. Una vera conquista per gli egittologi e gli appassionati che oggi devono fare ancora i conti con gli effetti dell’Egittomania che già nel Rinascimento ha permesso che preziosi reperti venissero depredati e poi sparsi nel mondo rendendo difficile se non impossibile studiarli se non ipotizzandone storia e origini con un grado di affidabilità scarso. L’ambizione di Franci e Barucci è quella di arrivare a riconoscere anche la grafia del singolo scriba e nel frattempo lavorare sulla rete neurale per la traduzione automatica di geroglifici. In questo caso, come spiega Barucci, “si utilizzerebbero le stesse che oggi ci forniscono la traduzione tra l’italiano e l’inglese on line, come la LSTM, che tengono conto della struttura di collegamento delle parole”. Sarebbe un ulteriore tassello di questo grande progetto in cui Fisica e Archeologia collaborano, un progetto pilota che dopo i geroglifici, una volta affrontati anche quelli “in corsivo”, più difficili, potrebbe poi essere applicato anche alla scrittura cuneiforme dei Sumeri. Franci lo ha già anticipato al team con cui sta lavorando e che, ammette, lo ha messo a dura prova regalandogli però la possibilità di guardare con occhi diversi l’egittologia e le proprie ricerche. “Collaborando con esperti di materie totalmente lontane dalla mia sono stato costretto a fermarmi a spiegare spesso le ragioni di concetti o conclusioni a cui io giungevo ormai in automatico – racconta- questo punto di vista diverso, questo tornare all’ABC ha certamente arricchito il lavoro del team e il mio allargando gli orizzonti della ricerca su cui alcuni non scommettevano temendo l‘intrusione dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’arte invece che considerandola, come si sta rivelando, un supporto indispensabile se vogliamo fare di passi avanti consistenti”.

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