Le tante facce del corporate blog

Non solo nuovi strumenti di comunicazione esterne, i corporate blog rappresentano un’interessante opportunità anche nelle relazioni interne all’azienda. E mentre negli Usa il fenomeno è ormai diffuso inizia anche in italia qualche esperimento di corporate blog

Pubblicato il 03 Ott 2006

Fluida, dinamica e interattiva, quella dei blog è una comunicazione che può portare interessanti benefici alle aziende o impattare molto negativamente sulla sua immagine se snobbata o “gestita” in modo inappropriato.
Ne deriva, per le imprese, l’interesse a monitorare, e partecipare direttamente, alle attività dei blog più autorevoli nella propria area di mercato; ma un fenomeno che va a toccare direttamente l’organizzazione interna delle aziende e che da qualche anno ha iniziato (a partire dagli Usa) a diffondersi è quello dei “corporate blog”.
Come ci spiega Carmelo Cutuli

che ha lanciato nel 2003 il primo circuito di corporate blog in Italia (www.intersito.it) e gestisce un proprio blog personale dedicato al mondo dell’innovazione (www.cutuli.it), “rappresentano, di fatto, la naturale evoluzione dei Weblog nel mondo delle aziende in quanto pubblicano notizie e informazioni inerenti un’azienda, un distretto industriale o un progetto destinato al relativo mercato di riferimento”.

Quando il Ceo fa scuola
Nello scorso giugno si è tenuto a Roma un workshop organizzato da Tils (Telecom Italia Learning services) dall’esplicativo titolo “Alle aziende piace blog” durante il quale si sono confrontate diverse realtà, nazionali e internazionali, per comprendere in quale modo il fenomeno del corporate blog influenza la comunicazione online e il dialogo tra le aziende e i loro clienti”.
All’evento ha partecipato Simon Phipps di Sun Microsystems azienda che, in questo ambito (come in molti altri dell’innovazione), ha fatto scuola. È noto che il Ceo della società di Santa Clara, Jonathan Schwartz, è un attivissimo blogger ed è stato il primo n. 1 di un’azienda Fortune 500 a lanciare un proprio blog .
Il giochetto è piaciuto talmente tanto (ed evidentemente l’esperienza ha avuto effetti positivi) che è stato deciso di localizzare il blog in 10 lingue (italiano, danese, cinese semplificato, coreano, portoghese, tedesco, francese, russo, spagnolo, giapponese). Nel corso dell’evento romano, Phipps, dopo avere ricordato che Sun ha implementato una piattaforma sulla quale oltre 3.000 dei suoi dipendenti hanno creato il proprio blog, ha sottolineato l’importanza dell’impegno di Schwartz in questa direzione e, soprattutto, nel mantenere la massima trasparenza sul blog. Phipps ha poi evidenziato come questa strategia di corporate blogging (dove nei blog si mischiano contenuti personali a contenuti di business) “trasmetta agli utenti la sensazione che l’azienda è composta da esseri umani che parlano delle loro vite e non da semplici marketer robotizzati”.

In Italia siamo ancora in fase embrionale
L’esempio di Schwartz ha fatto proseliti e negli Usa ormai si contano decine di blog di top manager… e in Italia? È ancora Cutuli che ci risponde: “In Italia abbiamo qualche esempio di ottimo blog che tratta argomenti di business, pur essendo ancora blog personali, come quello di Mauro Lupi presidente di ADMaiora oppure quello di Layla Pavone, presidente di Iab Italia (http://laylapavone.blogspot.com/).
Sembrerebbe però ancora prematuro, nel nostro paese, un fenomeno di endorsement da parte delle aziende del blog di un proprio dipendente … mentre segnalo con soddisfazione due Govern-Blog o blog ministeriali ovvero quelli del ministri Paolo Gentiloni (www.paologentiloni.it) e Linda Lanzillotta (www.lindalanzillotta.it)”. E aggiunge: “Cortocircuitare personale interno e utenza esterna può essere un’ottima occasione per aprire ‘le Porte dell’azienda’ all’utente, ma questo non è un concetto che stia molto a cuore alle aziende italiane, che tendono invece a mantenere uno strettissimo, quasi esoterico, riserbo su quanto succede al proprio interno mentre è molto più diffuso nelle realtà anglosassoni dove il concetto di trasparenza è molto sentito e, specialmente nelle grandi corporate, aumenta il livello di integrazione tra le varie componenti e il mondo esterno”.
Ne è una dimostrazione Microsoft con l’esperienza di Channel 9 (http:channel9.msdn.com). Era il 1998 e Lenn Pryor, ex director platform evangelism dell’azienda, si rese conto di un pericoloso divario tra le aspettative del cliente e la percezione che l’azienda aveva di tali aspettative. Per colmare il divario diede vita a Channel 9 appunto, un video blog dove tutti possono intervenire e condividere esperienze, problemi, confronti con gli sviluppatori Microsoft. “È un esempio – dice Carlo Rossanigo, Direttore Relazioni Esterne e Corporate Marketing di Microsoft Italia – di come un’azienda possa utilizzare uno strumento come il blog per indirizzare un’audience particolare e, nel nostro caso, molto importante come quella degli sviluppatori.

Di blog di questo tipo ne abbiamo parecchi, anche a livello locale. In Italia, per esempio, un blog di taglio tecnico che ha acquisito una certa autorevolezza è quello del nostro collega Fabio Santini (http://blogs.msdn.com/fabiosantini)”.
Tra i top manager nostrani merita invece la palma dell’intraprendenza Federico Minoli, Ceo di Ducati, la cui decisione di entrare personalmente nella blogsfera ) non raccolse, all’interno della stessa azienda, particolari entusiasmi, a giudicare da quanto ricordato da Patrizia Cianetti, responsabile area community di Ducati, all’evento romano: il reparto web era spaventato per il tema della continuità e la paura era quella di trovarsi di fronte a un blog morto per mancanza di tempo; alcune aree interne all’azienda (commerciale e customer service) si erano inizialmente addirittura opposte. Minoli ha proseguito per la sua strada e anche in questo caso ha prevalso la linea della trasparenza, nessun commento negativo ha subito censure. E oggi Cianetti ha potuto dichiarare che il feedback che si ottiene dai commenti dei blogger, per capire dove Ducati può intervenire per migliorare aspetti critici del proprio business, è fondamentale.
Un aiuto a presidenti e amministratori delegati poco avvezzi a “mettersi in gioco” con questa modalità, può venire dal Ceo Blog Club (http://prplanet.typepad.com/ceobloggers/) nato in Francia circa un anno fa e il cui scopo è quello di aprire a manager che occupano posizioni di vertice nelle aziende e che credono nella blogsfera un luogo di incontro e confronto sulle esperienze nel mondo dei blog. Sono due le idee sulle quali si basa il Ceo Blog Club: creare una risorsa online fruibile da ogni visitatore che voglia imparare e/o condividere come il blog possa prendere parte allo sviluppo di un’azienda confrontandosi anche con le esperienze altrui; organizzare incontri bimestrali dove i membri potranno discutere e condividere le proprie esperienze off line.

Dagli sponsored blog ai blog “interni"
Quando un fenomeno si afferma inizia a svilupparsi anche tutta una specifica tassonomia e così oggi cominciamo a distinguere tra corporate blog (su temi generali dell’azienda), product blog (specifici su un prodotto o una linea di prodotti), corporate sponsored blog e blog “interni”. Ci soffermiamo sugli ultimi due. I corporate sponsored blog sono quelli dove un’azienda sponsorizza una redazione per la produzione di informazioni su temi particolarmente importanti per l’azienda stessa. Un esempio è http://inflighthq.com/ ufficialmente sponsorizzato da Boeing (come si può leggere nella sezione “About”) dove ci si confronta su varie problematiche legate ai viaggi in aereo. Un altro esempio, più vicino alle tematiche di ZeroUno, è , un blog interamente dedicato alla tecnologia e sponsorizzato da Microsoft. Questo tipo di blog è il più “a rischio” in termini di etica e trasparenza ed è fondamentale che la sponsorizzazione sia dichiarata ed evidente perché, anche presupponendo la perfetta buona fede della redazione, chi partecipa, per esempio, a un blog sulle biotecnologie deve pur sapere se i fondatori del blog sono sponsorizzati dalla Monsanto (secondo produttore mondiale di prodotti transgenici)!
I blog “interni” sono invece quei blog il cui accesso è riservato ai dipendenti o, comunque, è regolamentato da precise policy di accesso. Anche in questo caso è interessante l’esperienza Microsoft (mentre sappiamo essere in corso un’esperienza-pilota in CA): “I blog sono una fonte straordinaria ed eccellente per condividere informazioni. Microsoft ha circa 1300-1500 blog creati da dipendenti e che non sono aperti al pubblico. Utilizzando la piattaforma Microsoft Sharepoint, questi blog consentono a diversi team che lavorano in parallelo di tenersi aggiornati sullo stesso progetto in varie parti del mondo. Ci si confronta, si esprimono dubbi, problemi, perplessità che vengono costantemente condivisi”. Si, ma nei blog, per loro stessa natura, si viaggia a “ruota libera”: in quale modo l’azienda riesce a istituzionalizzare gli spunti che emergono? “L’owner del blog, o anche chi partecipa, nel momento in cui ritiene che sia emerso un tema che deve essere portato a livello aziendale, utilizza poi altri strumenti per farlo uscire dal blog e fare in modo che raggiunga chi di dovere”, spiega ancora Rossanigo.

Un linguaggio particolare?
Quello del linguaggio da utilizzare nei corporate blog è uno dei temi più dibattuti dagli esperti di comunicazione. Ma parlare di codici e linguaggi per i blog, che per loro essenza dovrebbero essere spontanei, non è una contraddizione? “È questa la vera sfida del corporate blogging alle aziende – dice Cutuli – il blogging è nato come sistema di comunicazione informale, dinamica, veloce e altamente interattiva; qualsiasi forma che si allontani da questa impostazione correrebbe il rischio di snaturare il mezzo e renderne inefficiente, o al peggio, inefficace l’utilizzo. È compito quindi del team che progetta e gestisce operativamente il blog riuscire a mediare toni, linguaggio e contenuti in modo da rispettare l’impostazione comunicazionale propria dell’azienda ed al contempo mantenere il blog fresco e credibile agli occhi dell’utente”. E allora, quali linguaggi di comunicazione utilizzare per non far venire meno la natura stessa del blog? E’ ancora Cutuli a rispondere: “Il corporate blog rappresenta un momento in cui l’azienda dialoga informalmente con l’utenza, sarebbe poco credibile quindi l’utilizzo di un linguaggio formale, della terza persona o addirittura del plurale maiestatis. Per quanto riguarda il livello di comunicazione, dipende dal tipo di utente che si desidera fidelizzare e dagli obiettivi comunicativi che ci si pone verso questo target. In ogni caso, data l’alta interattività di questo strumento, per riuscire a raggiungere efficacemente il proprio obiettivo comunicazionale sarà utile creare un rapporto di tipo empatico, quasi un “transfert” tra utenza e blog, utilizzando grafiche semplici ma accattivanti”. Il tutto senza dimenticare che il blog è, prima di tutto, personale, come, molto efficacemente scrive Stefano Villa in www.bloggers.it, commentando il workshop “Alle aziende piace blog”: “ Sembra ancora sfuggire ai più che il blog è uno strumento di conversazione per singoli individui. Pensare che un’azienda possa essere un singolo individuo è fuorviante. Sono le persone a parlare, a prescindere dal ruolo aziendale che ricoprono. Non interessa carpire informazioni strategiche delle aziende, interessa conoscere le persone che le compongono. Tra il corporate blog, come oggi è inteso in Italia, e Ceo blog come quelli di Jonathan Schwartz o Martin Varsavsky (http://english.martinvarsavsky.net/) ci sono ancora anni luce. Sono le persone a rendere interessante un blog e non il marchio che c’è sopra alla testata”.

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