È in crescita e promette bene il settore agrifood italiano che assume sempre maggior importanza e livello mondiale e dimostra una certa vivacità nel proporre idee e soluzioni che per ora arrivano più dagli attori tradizionali che da quelli emergenti. Ma l’effetto Covid-19 potrebbe scompigliare le carte e regalare alle startup un ruolo di primo piano nella fase di reazione alla pandemia perché grazie alla loro innata agilità, sono loro le prime a riuscire a proporre soluzioni di digital innovation regalando al settore una certa resilienza se non anche la capacità di cogliere le opportunità che il lockdown ha creato. L’agroalimentare, tra tutti, non è stato certo il comparto più colpito essendo il cibo un bene primario, la pandemia non ne ha ostacolato la crescita ma è interessante vedere come ne ha modificato regole innescando dei cambiamenti di cui in questi mesi possiamo al momento solo coglierne i segnali, ma sono incoraggianti.
Italia sempre più importante a livello mondiale
Con 450 milioni di euro di fatturato nel 2019 (figura 1) e una crescita su base annua del 22% il mercato dell’Agricoltura 4.0 italiano rappresenta il 5% di quello globale che vale 7,8 miliardi di dollari, una percentuale che deve renderci orgogliosi considerando quelli relativi alla superficie italiana (0,6%) e alla popolazione (1%).
Il vero boom nel Paese è avvenuto dal 2017 al 2018, quando è cresciuto del 270% ma nel 2019 ha comunque mantenuto un buon tasso di crescita, doppio rispetto a quello del mercato globale pari all’11%. Quello a cui si assiste quindi è un emergere dell’Italia tra i Paesi che possono essere protagonisti e motori del cambiamento nell’agrolimentare, proponendo soluzioni tecnologiche che rispondano alle esigenze del mercato, anche a quelle “nuove” emerse dalle due crisi, quella sanitaria legata al Covid-19 e quella climatica, non certo nuova ma sempre più evidentemente urgente.
Sostenibilità e sistemi di supporto decisionale 4.0
Se sulla carta il passaggio all’Agricoltura 4.0 è già avvenuto, non è ancora evidente dai dati raccolti dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano. È infatti ancora in atto l’evoluzione del concetto di “agricoltura di precisione” verso una più ampia strategia che consente all’azienda agricola di impiegare in maniera sinergica e interconnessa tecnologie avanzate allo scopo di rendere più efficiente e sostenibile la produzione. Questo emerge dal fatto che la maggior parte del fatturato delle soluzioni tecnologiche oggi presenti sul mercato proviene da quelle di agricoltura di precisione come i sistemi di monitoraggio e controllo di mezzi agricoli e delle attrezzature (39%) seguiti dai software gestionali (20%) che più che soluzioni sono “abilitatori” di tecnologia. A seguire ci sono i macchinari nativamente connessi (14%) ma rispetto agli anni precedenti iniziano a comparire i sistemi di supporto decisionale (5%) in grado quindi di suggerire all’agricoltore o all’azienda quali azioni mettere in atto per aumentare la produttività, rendere il proprio business più sostenibile – dal punto di vista economico ma anche ambientale – e anche ridurre costi e sprechi (figura 2).
Questi obiettivi, emersi come prioritari per le aziende della filiera, sono molto chiaramente ribaditi se non imposti dalla strategia “Farm to Fork” (F2F) inclusa nel Green Deal della Commissione europea. Questo piano decennale, messo a punto per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, richiede infatti tra le altre cose anche di ridurre del 50% dell’uso di pesticidi chimici e di almeno il 20% l’uso di fertilizzanti entro il 2030, anno in cui si dovrebbe veder trasformato il 25% dei terreni agricoli in aree destinate all’agricoltura biologica. Ambiziose, queste richieste, ma che non fanno che confermare una direzione che già diverse aziende hanno preso e non è un caso se tra le soluzioni tecnologiche più richieste, dopo gli ormai ben poco innovativi software gestionali (66%), compaiono anche quelle che concorrono al raggiungimento degli obiettivi dettati dalla Commissione Europea come ad esempio la mappatura delle coltivazioni e dei terreni (40 %), i sistemi di monitoraggio e controllo delle macchine agricole (39%) e i sistemi di supporto decisionale (31%). Robot e droni sono per ora delle soluzioni ancora di nicchia anche se non certo rimaste inesplorate, anzi spesso incluse in sistemi di monitoraggio più articolati che aggregano e integrano dati provenienti da più fonti.
Sarà arrivato il momento delle startup smart agrifood?
Nel mercato dell’Agricoltura 4.0 per ora la spinta all’innovazione arriva dagli attori più tradizionali come i fornitori di macchine, attrezzature o input produttivi e solo il 14% delle soluzioni tecnologiche arriva da quelli emergenti, molto spesso focalizzati sull’erogazione di servizi digitali innovativi di consulenza tecnologica, oppure sulla raccolta e la gestione dei dati. A livello mondiale però è ben chiaro il ruolo decisivo che le startup possono giocare nel processo di innovazione del settore.
Lo si deduce dai dati raccolti dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano da cui emerge una crescita di numero ma anche di finanziamenti. Nel 2019 hanno raggiunto i 13,5 miliardi di dollari, un bel balzo rispetto ai 2,9 dell’anno precedente. Se l’America del Nord resta la zona più “popolata” di startup, l’Asia riesce a compiere il sorpasso per quanto riguarda i finanziamenti assicurandosene il 42%, contro il 37% dell’America del Nord e il misero 8% dell’Europa che in solo anno crolla di 27 punti percentuali. Per quanto concerne l’Italia, se in termini percentuali non riesce ad essere competitiva ma come singolo Paese lo è in termini assoluti assieme a Germania, Francia, Israele e Regno Unito (figura 3).
Dopo l’e-commerce che fagocita il 90% degli investimenti e a cui le 5 startup più finanziate al mondo non a caso si dedicano, tra i trend globali messi in luce dall’Osservatorio Smart Agrifood al secondo posto c’è l’Agricoltura 4.0 con il 20% delle startup analizzate e il 5% degli investimenti nel settore. In tale ambito il 70% delle soluzioni innovative proposte sono mirate e supportare gli operatori nel loro processo decisionale ma trovano spazio anche diversi sistemi di monitoraggio da remoto dei campi e dei macchinari grazie all’uso dell’IoT (51%) che durante il lockdown si sono dimostrati più che mai utili per assicurare la business continuity. Secondo Chiara Corbo, Coordinatrice e Ricercatrice dell’Osservatorio Smart Agrifood, “l’emergenza sanitaria e le conseguenti limitazioni hanno messo in luce l’utilità di molte soluzioni innovative e hanno reso il settore più consapevole della necessità di operare un cambio di passo nell’adozione di nuove tecnologie”.
L’effetto Covid-19 nell’agrifood è una spinta all’innovazione
Già predominante tra gli attori emergenti della filiera, l’e-commerce a seguito dell’emergenza sanitaria è stato il primo ad avvertire un’inedita ma anche prevedibile impennata: stando ai dati di Sinottica durante il lockdown gli italiani hanno aumentato del 70% l’utilizzo dei servizi di food delivery e del 122% l’abitudine di fare la spesa online, manifestando tra l’altro uno spassionato attaccamento per i prodotti Made in Italy tra cui verdure, pasta e frutta. Se già l’e-commerce nell’agrolimentare era il settore che contava più investimenti e più realtà attive nel 2019, nel 2020 non si hanno ancora i dati ma si può prospettare una ulteriore crescita.
Guardando il quadro complessivo del settore agroalimentare ai tempi del Covid19 si può dire che un impatto c’è stato ma non ai livelli di altri come il turismo e non del tutto negativo. Lo si potrebbe definire più che altro propulsivo verso una ancora maggiore digitalizzazione e innovazione.
“Uno dei primi temi che si è dovuto affrontare è stato quello dell’approvvigionamento – spiega Corbo – e si può dire che il settore alimentare ha tenuto perché è emersa fortemente la necessità di produrre di più per l’aumento della domanda da parte dei consumatori ma allo stesso tempo c’è stata una forte diminuzione sul canale Horeca [acronimo di Hotellerie-Restaurant-Café/Catering ndr]. La filiera di fronte a questo cambiamento di mercato ha dovuto ri-organizzarsi e ha dovuto farlo in tempi molto celeri”.
“Anche dal punto di vista della produzione la pandemia ha avuto il suo impatto soprattutto per quel che riguarda la mancanza di manodopera che in molti casi, arrivando dall’estero, è venuta a meno” continua Corbo ammettendo che “il lockdown non ha solo creato disagi nel comparto ma ha anche dato una forte spinta all’innovazione. Per sopravvivere e rispondere alla domanda dei consumatori sia le grandi aziende che i piccoli negozianti si sono maggiormente aperti all’online per trovare una alternativa alla chiusura. In tutta Italia molti sono stati numerosi i servizi di prossimità che si sono organizzati con l’e-commerce e anche con l’utilizzo dei social non solo per promuoversi ma anche per gestire gli ordini dei clienti”.
In una situazione come quella odierna in cui è essenziale reagire agilmente con idee innovative e “pronte all’uso”, secondo Corbo “le startup possono portare valore, in tutte le diverse fasi della filiera. In quella finale di vendita, con l’e-commerce, ma anche in quelle precedenti. Ce ne sono molto attive, per esempio, nell’ambito della tracciabilità e dell’agricoltura 4.0, proponendo sistemi in grado di rilevare dati sulla coltivazione e sui terreni a distanza oppure di monitorare la salute degli animali nelle stalle. È importante ricordare anche che l’effettiva e crescente importanza delle startup nell’agrifood è legata a tutta quella serie di bandi europei e regionali che sono stati promossi in questi ultimi mesi per stimolare la ricerca di soluzioni atte a fronteggiare l’emergenza Covid-19”. Se l’agrifood è uno degli ambiti più agevolati, come sembra, dalla progressiva digital transformation del settore ci si possono aspettare numerose altre sorprese.