L’evoluzione dell’intelligenza artificiale generativa sta aprendo scenari inediti, capaci di ridefinire ruoli professionali, processi aziendali e persino la struttura stessa del web.
Durante l’Artificial Intelligence Talk organizzato dall’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, Florindo Palladino, CTO e Founder di Artea.com, ha illustrato come il futuro passi sempre più attraverso la collaborazione tra agenti intelligenti e la standardizzazione dei protocolli di connessione con la realtà esterna.
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L’evoluzione degli agenti intelligenti
Secondo Palladino, i modelli generativi hanno compiuto un salto di qualità negli ultimi anni, dimostrando capacità in campi che vanno dalla traduzione al copywriting fino alla scrittura di codice.
Professioni un tempo considerate immuni all’automazione, come il prompt engineering, sono oggi affiancate – e in alcuni casi superate – dalle performance delle macchine. «È evidente che moltissimi mestieri verranno probabilmente sostituiti in futuro dall’AI generativa», ha spiegato, sottolineando come anche lo sviluppo software possa beneficiare di questi strumenti, in grado di operare con efficienza pari, se non superiore, a quella di programmatori alle prime esperienze.
Tuttavia, i modelli presentano ancora limiti rilevanti: la loro conoscenza è vincolata ai dati di addestramento e non comprende la realtà aggiornata. Da qui nasce l’esigenza di sistemi capaci di integrare in tempo reale informazioni e funzioni provenienti dall’esterno.
Dalla customizzazione al modello standardizzato
Fino a oggi l’integrazione tra modelli e dati aziendali è stata realizzata attraverso processi fortemente personalizzati, con orchestrazioni complesse e uso di system prompt e tecniche RAG. Questo approccio ha permesso di sviluppare agenti su misura, ma al prezzo di una notevole rigidità e di una limitata scalabilità.
Il protocollo MCP (Model Context Protocol), introdotto da OpenAI, rappresenta il primo vero tentativo di superare questi limiti. Come ha spiegato Palladino, «questo protocollo ci permette sostanzialmente di avere un agente del tutto generico e di poter, dando solamente un punto di collegamento al server MCP, conoscere di fatto tutta una serie di informazioni sulla realtà». La standardizzazione diventa così il passaggio chiave per rendere gli agenti capaci di interrogare database, applicazioni aziendali e servizi, riducendo la necessità di un addestramento mirato. Spesso l’MCP viene paragonata alla “porta USB-C dell’AI”, fornendo un’interfaccia standard per collegare modelli AI e strumenti esterni, in maniera simile a come l’USB-C è un connettore universale per dispositivi hardware.
Un catalogo di servizi per gli agenti
L’adozione del protocollo MCP consente di mettere a disposizione degli agenti un catalogo di funzionalità descrittive e autoesplicative. Questo permette loro di scegliere autonomamente quale servizio utilizzare durante un processo di ragionamento o un’interazione conversazionale. Le applicazioni possono spaziare dalla prenotazione di viaggi alle operazioni bancarie, fino alla generazione di documenti strutturati o preventivi.
In questa senso, la collaborazione tra agenti non richiede più framework dedicati, ma diventa implicita grazie alla possibilità di interrogarsi a vicenda attraverso MCP. Per le aziende ciò significa predisporre infrastrutture in grado di esporre in modo standardizzato i propri servizi di backend, creando un ecosistema più flessibile e interoperabile.
Il caso dell’automotive
Palladino ha citato un esempio concreto: una multinazionale del settore automotive con 17.000 utenti interni. L’introduzione di un Enterprise Service Bus integrato con MCP ha permesso all’agente conversazionale aziendale di ampliare progressivamente le sue funzioni. Gli utenti non si limitano più a consultare documentazione indicizzata, ma possono interrogare database, aprire ticket su piattaforme come ServiceNow o eseguire altre attività operative. «Abbiamo messo a disposizione dell’agente piano piano tutta una serie di servizi che rappresentano proprio tutte le attività di backend», ha sottolineato.
Questo modello mostra come l’intelligenza artificiale generativa possa evolvere da semplice strumento di supporto a interfaccia capace di agire direttamente sui sistemi aziendali, con un impatto significativo sull’efficienza dei processi.
L’esempio di Google e il futuro del web
Guardando oltre l’impresa, Palladino ha osservato come lo stesso paradigma possa ridefinire l’esperienza online. Ha ricordato come Google stia già modificando il modello di ricerca, passando dalla restituzione di link a risposte generate da un agente. In prospettiva, MCP potrebbe diventare il meccanismo che consente agli agenti di navigare il web, scoprire le funzionalità messe a disposizione dai siti e persino compiere azioni come acquisti o prenotazioni.
«Domani mi aspetto che ogni web proponga il proprio server MCP all’interno del quale un agente può trovare la sua navigazione di programma», ha affermato. In questa visione, il web non sarebbe più solo accessibile agli esseri umani tramite HTTP o alle macchine tramite API, ma diventerebbe esplorabile da agenti intelligenti in grado di negoziare autonomamente funzioni e risorse.
Sicurezza e compliance normativa
Un aspetto fondamentale riguarda la sicurezza. Durante il dibattito successivo alla presentazione, un partecipante ha sottolineato come la crescente centralità dell’AI richieda infrastrutture più performanti e regole più stringenti, in linea con normative europee come NIS2 e DORA.
Palladino ha riconosciuto che la standardizzazione può rappresentare una risposta concreta: «Il middleware ha la particolarità di poter creare sandbox applicative per ogni esecuzione, ma soprattutto di controllare la sicurezza di ogni invocazione del singolo servizio». Questo consente non solo di garantire la protezione delle transazioni, ma anche di certificare la conformità alle norme, superando i limiti dei sistemi attuali, ancora troppo dipendenti dal prompting e dalla customizzazione individuale.
Verso un’architettura industriale dell’AI
L’intervento si è concluso con una riflessione sulla necessità di passare da agenti sviluppati per singoli compiti a un’architettura tecnica industriale, capace di supportare l’aumento della complessità e della varietà di task. L’adozione di protocolli standardizzati come MCP apre la strada a una gestione più ordinata e sicura delle interazioni tra AI e sistemi esterni, con implicazioni che toccano non solo le imprese, ma l’intero ecosistema digitale.