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Un digital twin per il sogno britannico sulla fusione nucleare 

Se il Regno Unito vuole davvero produrre energia da fusione entro il 2040, avrà bisogno delle GPU e di un “gemello digitale” per bruciare i tempi di test e sperimentazione e rispettare le scadenze

Pubblicato il 29 Ago 2023

Immagine di John D. London su Shutterstock

L’impegno britannico per dimostrare l’utilizzabilità dell’energia da fusione si chiama Spherical Tokamak for Energy Production (STEP). È un articolato piano di azione che mira a fornire la fusione alla rete nazionale entro i primi anni 2040. Una scadenza molto stringente, secondo l’Autorità britannica per l’energia atomica (UKAEA), tanto che gli scorsi mesi ha imposto l’uso di “scorciatoie tecnologiche” come i gemelli digitali, sfruttando il supercalcolo e l’intelligenza artificiale.

Questa scelta potrebbe accelerare i tempi, ma per esserne certa, la UKAEA ha reclutato Intel e l’Università di Cambridge per ottenere le risorse di calcolo necessarie allo sviluppo del prototipo di reattore a fusione nucleare britannico con cui anticipare test e prove.

Il pericolo di lock-in nascosto nelle GPU

Prima di pensare al digital twin vero e proprio, questa collaborazione a tre si dovrà occupare di come gestire ed elaborare gli enormi volumi di dati su cui si baserà il progetto. Si parte da una constatazione: poiché i sistemi x86 tradizionali non sono all’altezza dell’impresa, si dovrà utilizzare la tecnologia delle GPU.

Una scelta forzata, quindi, e che porta con sé non poche sfide IT, molte riguardanti anche l’ambiente di programmazione. L’idea è quella di sceglierne uno che eviti il rischio lock-in e l’attenzione si sta concentrando attorno al modello di programmazione oneAPI di Intel. In questo caso si potrebbe disporre di un “computing eterogeneo” ed eseguire le applicazioni sulle GPU di diversi fornitori.

Un’altra decisione importante riguarda lo storage, visto il pericolo di trovarsi a gestire colli di bottiglia dei dati mentre si cerca di alimentare decine di migliaia di GPU. Per STEP si vorrebbe scommettere sullo storage a stato solido e sullo standard NVMe.

Il gemello digitale attende un ecosistema exascale

Passando al capitolo digital twin, l’idea dell’UKAEA è quella di cercare di tradurre in algoritmi la complessità di un sistema fortemente accoppiato come il reattore a fusione. In gioco ci sono interi capitoli di fisica – dalle forze strutturali ai carichi termici di calore, all’elettromagnetismo e alle radiazioni – che rendono la sua simulazione un vero grattacapo. Attingendo alle competenze e alla potenza di Intel e dell’Università di Cambridge si intende trasformare l’HPC in uno strumento di progettazione ingegneristica attraverso l’impiego di modelli surrogati in cui sintetizzare tutte le informazioni estratte dalla simulazione. Tutto ciò va fatto entro il prossimo decennio, perché la versione digitale di STEP dovrà essere pronta in tempo per ridurre drasticamente la necessità di validazione nel mondo reale.

Questa copia digitale avrà bisogno di capacità exascale che il Regno Unito ancora non ha. Dovrà creare un ecosistema tale da poter sostenere questa maxi operazione nucleare, quindi, decidendo pressoché nell’immediato se puntare su una sola singola macchina in un’unica sede, o su una federazione di sistemi con tecnologie diverse in luoghi diversi.

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