Storage all-flash e software-defined: come abilitare un business data-driven

Storage di nuova generazione e tecnologia Flash per una nuova governance dei dati nella digital economy. Se ne è parlato a Roma nel corso di un recente Executive Cocktail dove è emersa l’urgenza di focalizzazione sul tema dell’Information Management quale abilitatore di nuovi modelli di business (non senza difficoltà). Ad abilitare il tutto è l’approccio software-defined

Pubblicato il 23 Dic 2016

Francesco Casa

Non si può parlare di digital business senza avere una strategia di It transformation atta ad assicurare alle proprie aziende la capacità di gestire in modo veloce, flessibile ed efficiente applicazioni e conoscenza. In questi

Di questo servizio fanno parte anche i seguenti articoli:
IL DIBATTITO – Information Management: le aziende chiedono affidabilità e prestazioni elevate
LA TECNOLOGIA – Non solo storage, si va sempre più verso gli All-flash array

percorsi di trasformazione, il livello infrastrutturale con il quale si abilita una nuova modalità di gestione, analisi e valorizzazione dei dati diventa prioritario. Uno scenario all’interno del quale lo storage all-flash rappresenta uno dei pilastri tecnologici primari per realizzare architetture performanti, affidabili e sostenibili che possono essere implementate nei tre modelli di riferimento: software-defined, appliance e cloud, mettendo a frutto le potenzialità di un approccio hybrid.

Massimo Ficagna, Senior Advisor dell’Osservatorio Enterprise Application Governance della School of Management Politecnico di Milano

Potremmo riassumere così quanto emerso nel corso di un recente Executive Cocktail che ZeroUno ha organizzato a Roma con la collaborazione di Ibm Italia, un incontro nel quale Massimo Ficagna, Senior Advisor dell’Osservatorio Enterprise Application Governance della School of Management Politecnico di Milano, ha più volte ribadito quanto “l’odierna corsa alla digitalizzazione dei business abbia un impatto – senza eguali nella storia dell’It – sui sistemi informativi, in particolare sulle infrastrutture che afferiscono ai dati ed alla loro gestione”.

Il modello software-defined quale acceleratore

“La digitalizzazione aziendale, in particolare se guardiamo a due grandi fenomeni come cloud e mobile, ha cambiato radicalmente i sotto-sistemi storage”, interviene a tal proposito Francesco Casa, Manager of Storage Solutions di Ibm Italia, “sui quali ha poi avuto un impatto significativo anche il modello software-defined che ha dato alle tecnologie una connotazione (e commutazione) software dalla quale deriva un modello di gestione dei sistemi completamente nuovo, con funzionalità software che abilitano provisioning, controllo e reporting dei processi di configurazione dei sistemi e allocazione dinamica delle risorse, indipendentemente da cosa vi sia, fisicamente o virtualmente, alla base come infrastruttura”.

Francesco Casa, Manager of Storage Solutions di Ibm Italia

Un modello la cui strategicità appare evidente se si pensa proprio a quegli scenari di configurazione tecnologica ibrida sempre più concreti nell’evoluzione dei sistemi It, “ed oggi realtà diffusa proprio dalla prospettiva dello storage”, evidenzia Casa, “dove la tecnologia all-flash, nella quasi totalità delle aziende che l’hanno adottata, convive con sistemi più tradizionali e, spesso, viene affiancata da risorse storage via cloud”.

Sfide da superare

In chiusura della sua presentazione Ficagna ha voluto rimarcare quali sono, a tutt’oggi, le criticità da superare per far sì che tali approcci ibridi (sia nel modello di Information Management sia di adozione della tecnologia) possano esprimere la loro efficacia:

  1. roadmap infrastrutturale ed oneri degli interventi: “È necessaria una vera e propria revisione sia del modello architetturale sia del suo percorso di evoluzione in funzione del dato e del suo utilizzo da parte di applicazioni e persone”, spiega l’analista, “ed è proprio guardando al dato e all’uso che se ne fa in azienda o da parte degli utenti esterni (clienti o fornitori) che si devono definire le responsabilità e le azioni di intervento più opportune”;
  2. ridefinizione di metodi e procedure operative: “Le revisioni infrastrutturali non possono essere fini a sé stesse, altrimenti non producono i benefici attesi”, è il monito di Ficagna; “si deve intervenire anche sui modelli organizzativi, in particolare sui processi operativi, prendendo come riferimento modelli Agile e DevOps, soprattutto se l’obiettivo è il time-to-market dei servizi It di business”;
  3. maturazione degli skill interni: “Le persone It che si sono sempre concentrate sul ‘dettaglio tecnico’ devono imparare ad avere una visione più ampia, sulla governance del dato, in particolare migliorando alcune capacità sul fronte del sourcing, della gestione architetturale (con vista sul servizio It, quindi sull’utente) nonché nel project management, indispensabile affinché i progetti arrivino a produrre l’efficacia attesa”, osserva Ficagna in chiusura.

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