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Chips Act, ultimo atto. L’UE ha buone carte da giocare

L’Europa investe 43 miliardi per liberarsi dalla dipendenza da fabbriche straniere, almeno nel settore dei semiconduttori. Con tale cifra, e una strategia mirata, conta di raddoppiare la sua quota di mercato entro il decennio

Pubblicato il 18 Mag 2023

chip e UE

Anche per il Chips Act, è andata, o quasi. Per essere precisi siamo agli ultimi metri prima del traguardo legislativo finale, per una iniziativa che ogni giorno appare sempre più necessaria. Le tensioni e i colpi incrociati tra Cina e USA, non fanno che elevare il senso di urgenza e la consapevolezza di dover sviluppare, come Europa, una propria filiera dei semiconduttori. Per lo meno per quanto è permesso dalle circostanze.

In questo contesto, il Chips Act rappresenta per i Paesi dell’Unione Europea un enorme passo avanti. La conferma che le proprie ambizioni nel settore non sono state parole al vento, per non stare in silenzio durante il fronteggiarsi dei due grandi nemici.

Le tre azioni di accompagnamento ai 43 miliardi

In un comunicato del 18 aprile, l’Unione Europea ha ufficializzato un’offerta da 43 miliardi di euro per sostenere la propria produzione di semiconduttori. L’accordo, ancora prudentemente provvisorio, è mirato a far raddoppiare la quota di mercato UE nello sviluppo dei chip, nella loro produzione e anche nelle catene di fornitura dei materiali. In cifre, l’obiettivo è quello di passare dal 10 al 20% entro la fine del decennio.

Possono apparire percentuali modeste, ma segnano la voglia di indipendenza dell’Europa e tradiscono la sua attuale vulnerabilità per quanto riguarda sia la sovranità digitale che gli investimenti.

Oltre ai miliardi, il nuovo Act prevede anche una strategia di triplo attacco al mercato. La prima mossa si traduce in una iniziativa dall’evocativo nome “Chips for Europe”. Si tratta di un mix di finanziamenti e facilitazioni per sostenere lo sviluppo su larga scala della capacità produttiva di semiconduttori nell’UE.

Le altre due si focalizzano sulla catena di approvvigionamento, nel tentativo di renderla più sicura e efficiente. In concreto, si vuole alleggerire la dipendenza della regione dalle fabbriche estere. Attualmente l’Europa è evidentemente troppo legata al numero di chip prodotti all’estero. Lo ha messo in luce la pandemia e oggi sappiamo che non possiamo restare con le mani in mano, “appesi” a Paesi nemmeno sempre affidabili.

Entrambe le iniziative prevedono la costruzione di nuove fabbriche europee e di una catena di approvvigionamento locale robusta, necessaria per alimentarle. A questo scopo, la Commissione avrebbe in mente di creare un vero e proprio sistema di monitoraggio e di risposta alle crisi, per non farsi più cogliere impreparata a fronte di nuove turbolenze, sanitarie, geopolitiche o economiche.

Una nuova catena di fornitura con eccellenti anelli europei

All’interno dell’ultima versione del Chips Act c’è anche una importante novità che il mercato ha già accolto con gioia. La Commissione europea ha infatti deciso di ampliare la portata degli impianti definiti “first-of-a-kind”, includendo anche quelli che producono apparecchiature utilizzate nella produzione di semiconduttori.

Ciò significa aprire finanziamenti e facilitazioni a una considerevole gamma di tecnologie che vanno dal software di automazione della progettazione elettronica (EDA) alle macchine litografiche. Non si tratta di una concessione fatta a seguito di pressioni di grandi player, ma è una onesta presa d’atto del ruolo fondamentale che tali tecnologie ricoprono, del loro peso sulla produttività di chi costruisce chip.

Se così non fosse, Cina e USA non litigherebbero a suon di limitazioni in tali campi.

Da questo punto di vista, oltretutto, l’Europa si può dire anche fortunata. Una volta tanto ci sono dei “campioncini” anche sul suo territorio e gli Stati Uniti hanno cercato subito di “tirarli dalla propria parte”. Il più noto è ASML, l’unico fornitore di macchine per la litografia ultravioletta estrema (EUV), ma c’è anche la tedesca Siemens, che sviluppa software EDA utilizzati nella progettazione di circuiti integrati e di altri prodotti legati ai chip.

Grazie alla nuova definizione di impianti “first-of-a-kind”, potranno entrambe beneficiare dei vantaggi previsti dal Chips Act. Un Chips Act che, una volta firmato, non potrà subire molte variazioni. Toccherà poi al Consiglio emendare il Single Basic Act per istituire la Chips Joint Undertaking che metterà concretamente a disposizione i tanto attesi 43 miliardi di euro promessi.

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