SmartGrid: scelta o necessità

Sono molte le ragioni per creare un’infrastruttura intelligente e integrata delle reti elettriche, ma molti anche gli ostacoli da superare, primo fra tutti la necessità di investimenti elevati in assenza di un piano energetico nazionale condiviso

Pubblicato il 24 Mag 2012

Il peso crescente delle fonti di energia rinnovabili, soprattutto di quelle non programmabili come fotovoltaico ed eolico, hanno come conseguenza la riduzione dell’affidabilità della rete. Diventa al tempo stesso sempre più rischiosa la dipendenza energetica dall’estero: nel 2009 l’Italia ha importato energia primaria per l’85% del suo fabbisogno contro una media UE intorno al 53%; nel 2010 il 13% della sola energia elettrica impiegata in Italia è stato importato dall’estero. Questi sono alcuni dei driver che dovrebbero spingere alla realizzazione di un’infrastruttura intelligente, secondo “Smart grid executive report” dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, realizzato sulla base di oltre 40 interviste dirette ai principali operatori del sistema elettrico. Un ulteriore impulso deriva dalla diffusione delle auto elettriche (se ne prevedono fra 2 e 3,8 milioni nel 2020) che necessitano di una infrastruttura a supporto per la ricarica. Ciò comporta un aumento di consumo globale di elettricità, del numero dei punti di prelievo e una riduzione della prevedibilità dei carichi.

Se queste motivazioni non fossero ancora sufficienti, la smart grid, ossia una rete di informazione che affianca la rete di distribuzione elettrica e gestisce la rete elettrica in maniera “intelligente” sotto vari aspetti o funzionalità, è parte integrante della realizzazione delle smart city e offre opportunità per lo sviluppo di servizi aggiuntivi con forte contenuto digitale, come è stato evidenziato in occasione della presentazione del report, nella tavola rotonda con gli operatori del settore, fra cui Abb, Edison, Enel Green Power, PowerOne, Sgs, Siemens.

L’adozione della smart grid rivoluziona il sistema tradizionale, mono-direzionale, trasformandolo in un sistema bi-direzionale dove gli attori connessi alla rete sono in grado di coordinarsi per ottimizzare, in termini di efficienza, sostenibilità e sicurezza, l’utilizzo dell’energia elettrica. Si tratta di un modello che però funziona solo se diventano smart tutte le fasi che compongono la catena: la generazione, il network, il metering (controllo dei consumi).

In Italia siamo primi al mondo nella diffusione degli smart meter, il contatore elettronico installato presso l’utenza, che permette una comunicazione bidirezionale con il sistema elettrico. Ma ciò non è sufficiente neppure per offrire all’utente finale funzionalità come la gestione di tariffe multiorarie e la stima del consumo di energia.

L’evoluzione verso la smart grid integrata richiede una mole di investimenti significativa, circa 30 miliardi di euro da qui al 2020, che dovrebbero essere compensati, secondo i ricercatori del Politecnico, non solo dalla riduzione delle inefficienze (per circa 5 miliardi), ma soprattutto da risparmi nel trasporto e nella manutenzione, andando a compensare l’investimento in modo stabile nel tempo.

Ma nonostante lo stadio evoluto delle soluzioni tecnologiche, tutte disponibili , l’ostacolo principale è il disallineamento fra chi deve sostenere l’investimento e chi invece potrà sfruttare i benefici. Per sbloccare la situazione, visto l’effetto virtuoso per il Paese derivante dall’adozione in ottica di sistema di smart grid, sarebbe indispensabile l’intermediazione attiva del soggetto regolatore e la definizione di modelli di cost &revenue sharing evoluti in grado di ri-equilibrare il sistema.

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