Ibm System x, ecco la nuova generazione

Con le prime macchine costruite sui processori Intel Xeon 5500, i server industry standard di Ibm compiono una significativa evoluzione sulla strada della riduzione dei costi energetici, della flessibilità e facilità di gestione dell’infrastruttura

Pubblicato il 10 Giu 2009

MILANO – Sarà anche perché da tempo le strategie e il marketing Ibm sembrano focalizzarsi soprattutto sul business relativo al software e ai servizi, ma quando Big Blue presenta qualcosa di nuovo sul fronte dell’hardware, è sempre un fatto importante. Parliamo della nuova serie di server basati sull’architettura x86 (i System x, nella nomenclatura Ibm), il cui recente annuncio, come dichiara Ornella Bricchi, System x Manager di Ibm Italia, rappresenta in pratica un upgrade della famiglia con l’introduzione di macchine di nuova generazione disegnate per sfruttare al meglio le caratteristiche dei nuovi processori a 64 bit quad-core Intel Xeon 5500 in configurazione biprocessore soprattutto per quanto riguarda la flessibilità d’uso in ambienti virtualizzati e il consumo energetico, due parametri sempre più importanti per valutare il valore dell’infrastruttura hardware di un sistema informativo.
Va però detto che questa flessibilità è ottenuta anche grazie all’integrazione del nuovo hardware, di cui parleremo, con il nuovo software Systems Director 6.1, che fornisce tool di controllo e gestione dei consumi energetici applicabili a risorse sia fisiche sia virtuali (nel senso che controlla le risorse fisiche dinamicamente assegnate a una macchina virtuale) e all’adozione della UEFI (Unified Extensible Firmware Interface), uno standard che, osserva Massimo Chiriatti, Certified It Specialist, Ibm è il primo vendor a introdurre sui suoi server. Destinata a sostituire il firmware basato su Bios, quest’interfaccia permette di configurare le macchine in remoto via script ed elimina i limiti intrinseci al Bios sul numero dei dispositivi I/O installati, aspetto essenziale nella gestione di ambienti virtualizzati.
Le macchine presentate sono quattro. Le prime due sono i server rack System x3550 M2 e System x3650 M2. Diversi per formato fisico, il primo con telaio ad ingombro ridotto 1U, il secondo con telaio standard 2U, entrambi hanno la stessa architettura a due socket per Xeon 5500 fino a 2,93 GHz, con memoria Ram DDR-3 fino a 128Gb, limitando le differenze alla gestione storage (fino a sei drive il primo e fino a 12 il secondo) e agli slot di espansione Pci-Express (due e quattro rispettivamente). La progettazione termica e nuovi regolatori di tensione consentono un rendimento per watt assorbito quasi doppio (+92%) rispetto alle macchine biprocessore di precedente generazione, con una netta riduzione dei costi operativi, mentre il supporto hardware per l’hypervisor VMWare ESXi ne facilita l’impiego in ambienti virtualizzati.
Il terzo server presentato è il BladeCenter HS22. Sempre con due Xeon 5500 fino a 2,93 GHz, questo blade server è dotato di un I/O ad alta velocità e di capacità di memoria e throughput che permettono un’esecuzione delle applicazioni a un ritmo che Ibm dichiara doppio rispetto ai blade precedenti e, per applicazioni transaction-intensive, superiore anche a macchine quadriprocessore concorrenti. Il sistema supporta dischi SAS hot-swap o a stato solido con storage Raid 0 e 1 e Raid 5 opzionale. L’ultimo annuncio è infine quello del System x iDataPlex dx360 M2, un nome lungo per una soluzione che punta a ridurre lo spazio e l’energia di alimentazione e raffreddamento dei data center. Ciò grazie ad un nuovo formato fisico a profondità dimezzata, con una densità quindi del 50% superiore rispetto ai server di misura standard, che facilita inoltre la realizzazione di configurazioni personalizzate in funzione di particolari esigenze di elaborazione, storage e I/O, facendo del data center un’infrastruttura flessibile a supporto del business.

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