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Data center cooling e AI, un’evoluzione da indirizzare al green

L’intelligenza artificiale forgia il futuro del raffreddamento dei data center, è l’opportunità anche per minimizzarne l’impatto ambientale

Pubblicato il 25 Set 2023

Data center green

Al centro della transizione digitale, ma anche di quella ambientale, i data center sono e saranno sempre più decisivi per la sopravvivenza e la competitività di ogni ecosistema economico e sociale. Ciò vale anche per ogni singola tecnologia che ne può garantire o migliorare le performance, in primis quelle che riguardano il raffreddamento. La temperatura rappresenta infatti una delle sfide più ardue, appassionanti e attuali non solo per il Pianeta, ma anche per queste infrastrutture dati. Per vincerla serve un approccio agnostico, flessibile e creativo, aperto a ogni opportunità, a partire da quelle offerte dall’intelligenza artificiale.

Il terzo fattore che cambia il mondo dei data center

ChatGPT a parte, ma grazie anche alla popolarità assunta da tale strumento, ultimamente “l’AI sta contribuendo a sensibilizzare le persone riguardo all’importanza dell’impatto energetico e ambientale dei data center e tutto ciò che è digitale. Una consapevolezza che spinge a un uso più attento e responsabile” fa notare Maurizio Frizziero, Director Cooling Innovation & Strategy, Schneider Electric.

Con lui si ha l’opportunità di ragionare anche su come questa tecnologia possa trasformare il settore del cooling dei data center, mentre “esplodono” dei dati che essa stessa produce. “Aiuterà a far diminuire non le temperature o la densità, ma la quantità di server, perché ci si aspetta che aiuti a combinare le potenze di calcolo. L’intelligenza artificiale, però, influirà molto anche sulle tecniche di raffreddamento perché aggiunge requisiti, complessità ed esigenze” spiega infatti Frizziero.

Finora il mercato dei data center ha disegnato l’offerta basandosi su due fattori: la localizzazione della struttura e le specifiche richieste del cliente, come l’affidabilità e la ridondanza. “Tutti i chip, tutti i server, mostravano una dissipazione simile, ora con l’AI si dovrà tener conto del tipo di chip che devo raffreddare. Questo terzo fattore cambia le temperature in gioco e quindi il sistema di raffreddamento” spiega.

Se prima era un’opzione, quindi, il liquid cooling è destinato a diventare una necessità. La sfida di Schneider Electric sta nel comprendere come questo “terzo asse” cambia il portfolio, spingendo verso un’offerta di raffreddamento più ampia, ma soprattutto modulare e region based, composta solo da sistemi flessibili. “Sarà sempre più essenziale che lo siano, per potersi adattare sia alle diverse sedi di una stessa organizzazione, sia a tutte le evoluzioni che la tecnologia dei data center sta subendo, con un ritmo mai visto” commenta Frizziero.

Un metaverso “cool”, concreto e virtuoso… indagini in corso

Mentre il cooling cambia continuamente, spingendo Schneider Electric a un approccio aperto e cooperativo, “di ecosistema”, l’azienda guarda anche a opportunità tecnologiche più “futuristiche”. L’obiettivo resta quello della sostenibilità del mondo digitale, da provare a raggiungere puntando per esempio sulla realtà virtuale e i digital twin. “Stiamo ragionando su come l’AI potrà spingere l’applicazione del metaverso, trasformandolo in una reale area di business. Partiamo dalla realtà aumentata, puntando all’AI per spingere tutto ciò che è virtuale e riduce l’impatto ambientale” spiega Frizziero, proseguendo con degli esempi, in un crescendo verso il futuro.

Test tecnici più “emozionali” anche a distanza, per minimizzare le trasferte. Applicazioni AR per minimizzare la realizzazione di prototipi. E poi gemelli digitali che un sistema refrigerante possa interrogare su temperatura e carico frigorifero, per ricevere indicazioni e consigli. “Oggi spesso si evitano le prove di miglioramento: se un impianto funziona, si tende a non toccarlo e a non giocare coi parametri. Questo impedisce l’innovazione, mancano opportunità di migliorarne l’impatto. I digital twin aprono le frontiere agli algoritmi di ottimizzazione, permettendo di lavorare su come un impianto refrigerante opera dopo che è installato. La vera sfida si giocherà proprio in questa fase: ha un forte carbon footprint e bisogna intervenire in modo smart, con l’aiuto dell’AI” aggiunge.

Refrigeranti naturali a tutti i costi? Rischio greenwashing

Spostandosi dall’impianto in sé, ma non dal sistema refrigerante nel suo complesso, si incontra quella che Frizziero considera l’altra principale sfida tecnologica del momento. Riguarda i liquidi refrigeranti: pochi danno loro peso, ma molti ne dovranno gestire gli sviluppi e gli impatti.

Questa “partita” va giocata all’interno di un quadro legislativo complesso. C’è il Protocollo di Montreal, che riduce la produzione e il consumo di sostanze che danneggiano lo strato di ozono, quello di Kyoto, che controlla le emissioni dei principali gas a effetto serra emessi dall’uomo (GHGs), e poi il più recente accordo di Kigali, che impone la riduzione del consumo di idrofluorocarburi (HFC) dell’80-85% entro il 2045. Il panorama legislativo è anche geograficamente disomogeneo, con un’UE che ha adottato forti restrizioni sui gas fluorurati, Cina e India che hanno ratificato solo di recente Kigali e gli Stati Uniti ancora più tardi.

La tecnologia segue leggi e restrizioni, intanto bada al design e alle norme edilizie, focalizzandosi anche sull’infiammabilità e sulla bassa densità che avranno entrambe un impatto significativo sul futuro del cooling. Schneider Electric sta portando avanti un suo programma di innovazione dedicato ai refrigeranti naturali per data center, per lo studio e la convalida di una soluzione adatte alle applicazioni IT.

Oggi sta lavorando sui fondamenti dell’acqua come refrigerante, mentre studia le prestazioni su CO2, ammoniaca e propano. Seguiranno verifiche in laboratorio, prototipi e un vero e proprio report “ufficiale” sui refrigeranti naturali. Al momento i migliori candidati sono acqua, CO2, ammoniaca e propano valutati soprattutto attraverso fattori quali tossicità, capacità, infiammabilità ed efficienza.

“La soluzione migliore deve essere considerata end-to-end. La sfida è non seguire i trend politici che ‘pretendono’ un refrigerante naturale solo perché si chiama ‘naturale’. Così si rischia il greenwashing” afferma Frizziero. “Va capito bene come vengono prodotti e quanto conviene la transizione, anche a livello energetico. Dobbiamo ragionare dal punto tecnologico, cercando nuove generazioni di refrigeranti per le strutture IT che siano realmente efficienti sotto tutti gli aspetti, non fermandosi al termine ‘naturali’ ma monitorandone anche i consumi energetici”.

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