Banda larga in Italia: una fotografia ma con tanti nodi irrisolti

Presentato in gennaio, ecco il rapporto “Raggiungere gli obiettivi Europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide”. Voluto da Francesco Caio, mostra un’Italia ancora in mezzo al guado. L’analisi evidenzia la possibilità di raggiungere a breve gli obiettivi indicati dall’Europa, ma manca un piano per quelli più ambiziosi che travalicano il 2020, indispensabili per lo sviluppo di una vera Internet Economy.

Pubblicato il 06 Mar 2014

La scorsa estate Francesco Caio, Commissario del Governo per l’Agenda Digitale, ha avviato, insieme a Gérard Pogorel, professore emerito dell’Università ParisTech di Parigi, e Scott Marcus, già advisor della Federal Communication Commission degli Usa, il lavoro per delineare il quadro della situazione italiana rispetto a digital divide, diffusione della banda larga e raggiungimento degli obiettivi definiti dall’Unione Europea con UE 2020. Il Rapporto che ne è derivato e che è stato consegnato in gennaio dell’ex premier Enrico Letta non presenta novità sorprendenti, ma ha comunque il merito di mettere nero su bianco “ciò che gli addetti ai lavori sapevano già”, come i commentatori più benevoli sostengono.
Il documento afferma, in estrema sintesi che:
• è stato raggiunto (nel 2013) il primo obiettivo di diffusione totale della banda base;
• sulle reti di nuova generazione l’Italia parte in ritardo, ma i gestori hanno avviato nel 2013 la costruzione di una infrastruttura a banda ultra larga (da 30 Mbps) per raggiungere il 50% della popolazione entro il 2017;
• il raggiungimento completo degli obiettivi UE (100 Mbps per il 50% della popolazione) richiede ulteriori azioni complessive di tipo finanziario e di coordinamento;
• senza un ruolo continuo, attivo e vigile del Governo e della Presidenza del Consiglio gli obiettivi dell’Agenda digitale europea 2020 sono a rischio.
Nei fatti nessuno prevede come raggiungere la copertura del 100% a 30 Mbps così come l’obiettivo del raggiungimento del 50% a 100 Mbps per il 2020 è tuttora avvolto nella nebbia.
Il Rapporto esprime però un moderato ottimismo verso il raggiungimento degli obiettivi, giustificato dal fatto che gli operatori hanno piani concreti e in fase di attuazione (a differenza del passato) per raggiungere la copertura del 50% della popolazione con tecnologia FttCab/Vdsl2 (fiber to the cabinet, 30 Mpbs) entro il 2017.
L’analisi sembra però dimostrare che nel nostro paese vige la logica di operatori che seguono o anticipano di poco la domanda, mentre esempi internazionali dimostrano che un’offerta avanzata può stimolare la domanda. La banda ultra veloce inoltre rappresenta anche la condizione per la digitalizzazione delle imprese, in particolare le Pmi, agevolando il ricorso al cloud e per la razionalizzazione della Pa, attraverso l’unificazione dei datacenter, sempre in ottica cloud.
L’assenza di piani di medio-lungo termine nella diffusione della banda ultra-larga rischia di pregiudicare lo sviluppo digitale del paese nei prossimi anni.


La broadband indispensabile per l’economia digitale
Lo studio Boston Consulting Group (Bcg), Greasing the wheeles of the Internet Economy, definisce e-Friction tutto ciò che ostacola la realizzazione dell’Internet Economy impedendo agli ‘ingranaggi’ che dovrebbero realizzarla di girare. Tra questi ostacoli, l’inadeguatezza delle infrastrutture Tlc è il più significativo impedimento in quanto limita l’accesso alle attività on line. Il suo “peso” (ossia la sua incidenza sull’insieme degli ostacoli responsabili del freno all’Internet Economy) è del 50% rispetto ad altre limitazioni come quelle relative alla scarsità di informazione, ai limiti dell’industria e dei singoli individui che pesano ciascuna un terzo nello sviluppo dell’economia basata su Internet. L’analisi Bcg ci ricorda che l’economia digitale fiorisce nei paesi dove l’e-Friction è basso. Nella graduatoria dei paesi, stilata da Bsg utilizzando diversi parametri (come la disponibilità di connessioni alla larga banda fissa e mobile, la velocità di trasmissione e i costi, oltre a fattori legati alle architetture quali la numerosità delle reti, gli Internet Service Provider, gli Internet eXchange Point), l’Italia si posiziona in trentesima posizione per le infrastrutture, mentre fra i best performer figurano come al solito paesi del Nord Europa come Svezia, Islanda, Danimarca e Finlandia oltre a Hong Kong, Stati Uniti, Germania e Regno Unito.

Figura 1: La copertura attuale della banda larga (dicembre 2013)

Fonte: Point Topic (2013), Broadband Coverage in Europe in 2012

La correlazione fra sviluppo digitale e qualità delle infrastrutture di comunicazione è all’attenzione dell’Unione Europea che ha “una chiara visione di una Europa fortemente digitalizzata, connessa, aperta e sicura”, come ha ricordato Neelie Kroese al recente World Economic Forum di Davos. Il commissario europeo ha indicato come primo punto del programma il tema della connettività “per consentire a ciascun cittadino europeo di poter godere della banda veloce a casa, al lavoro, dovunque si trovi. Per questo è necessario un settore delle telecomunicazioni forte, capace di investire e innovare, senza confini e barriere, le cui entrate devono provenire non da ‘vecchi trucchi’ come il roaming [ricordiamo che la Commissione Europea ha avviato, non senza la forte opposizione degli operatori, la procedura per l’eliminazione dei costi del roaming entro il 2016 ndr], ma da nuovi servizi, che incoraggino gli investimenti in nuove reti”.


Le criticità
Nel cosiddetto Piano Caio non vengono però date indicazioni su come procedere per affrontare le criticità se non l’invito al Governo di monitorare la situazione e l’indicazione della necessità di coordinamento fra gestori e di procedure autorizzative rapide. Viene anche segnalata come critica la dipendenza dalla rete fissa, per la quale apparentemente non ci sono alternative. La Tv via cavo è infatti inesistente, i servizi mobili Lte sono considerati inadeguati per sostituire nel periodo 2014-2020 un servizio a larga banda da 100 Mbps in aree a densità di popolazione medio-alta, mentre potrebbero fornire un servizio da 30 Mbps in aree a bassa densità di popolazione. Il satellite infine può rappresentare un’alternativa solo per ridotte percentuali di popolazione non raggiungibili in altro modo.

Figura 2: Obiettivi di diffusio e della banda larga oltre i 30Mbps

Fonte: Huawai

Non vengono affrontati temi delicati (e per la verità prettamente politici) come lo scorporo e la eventuale pubblicizzazione della rete Telecom Italia. Il catasto delle reti, necessario per valutare il reale valore dell’infrastruttura in rame e gli investimenti necessari per lo sviluppo della banda ultra-larga, viene considerato dal Rapporto differibile. Nei primi giorni di febbraio è stato però approvato un emendamento al decreto Destinazione Italia frutto di una maggioranza trasversale (5 Stelle, Pd e Scelta Civica) che chiede la mappatura di tutte le reti private e pubbliche italiane e che tali dati siano di libero accesso. Stefano Quintarelli (deputato di Scelta Civica, ma soprattutto esperto sui temi della rete) concorda con alcuni suggerimenti di buon senso presenti nel Rapporto, ma ricorda che per gli investimenti sulla rete vanno risolti i nodi del rapporto fra Stato e Regioni (riforma del titolo V della Costituzione) e quello della pubblicizzazione della rete Telecom. “È indubbio che le raccomandazioni che emergono dal Rapporto impongano un ruolo di leadership su questi temi da parte del governo che rende ancor più impellente la delega per la digitalizzazione del paese, e dunque per la realizzazione della broad e ultra-broad band secondo gli impegni europei, a un ministro con portafoglio”, scrive Quintarelli nel suo blog.

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