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La filiera siderurgica alla prova dell’innovazione digitale

Condivisione dei dati, software standardizzato e nuove competenze sono oggi le chiavi della competitività nel distretto industriale dell’acciaio. Alcune indicazioni dal primo di una serie di incontri itineranti organizzati da SAP e dedicati all’innovazione nell’industria italiana

Pubblicato il 05 Apr 2018

Siderurgia-innovazione-it

La trasformazione digitale ha impatto in ogni ambito d’industria, anche in quelli che parrebbero più lontani dalle logiche della competizione in rete e degli impatti delle tecnologie. Lo rivelano i temi del recente convegno Made in Italy, Made in Digital promosso da SAP nel distretto siderurgico bresciano: 140 imprese di ogni dimensione, sollecitate come tante altre, a trarre il massimo dall’impiego delle tecnologie digitali.

Un distretto che, secondo Lucio Lamberti, docente di marketing multicanale presso la School of Management del Politecnico di Milano, “è un campo d’eccellenza dell’industria italiana, che cresce del 4% a livello mondiale, del 2% in Europa e, a livello nazionale italiano, si avvantaggia degli investimenti fatti negli scorsi anni per migliorare l’efficienza, in particolare nei processi di trasformazione e di vendita”.

Le imprese del settore hanno migliorato i sistemi di produzione e la pianificazione; il passo successivo è un’integrazione con i sistemi gestionali aziendali: “Devono riuscire a raccogliere i dati di processo e scambiarli con i sistemi gestionali per trarne maggiore vantaggio nelle relazioni con i fornitori e per la previsione della domanda”, spiega Lamberti.

L’investimento sui concetti di Industria 4.0 non sono una novità nel campo della siderurgia, ma resta molto lavoro da fare per capitalizzare il valore dei dati: “Si raccolgono quantità di dati spaventose, ma non riuscendo a identificare i dati realmente utili si sprecano inutilmente le risorse”. E sono necessarie anche nuove competenze e professionalità: “Tecnologie avveniristiche per realtà aumentata o di monitoraggio con lo smartphone dei sistemi di produzione nello stabilimento sono inutili se gli operatori non sono all’altezza – continua Lamberti -. La trasformazione digitale deve puntare a risolvere problemi concreti, come la sicurezza sul lavoro o la riduzione degli sprechi, seguendo la guida del conto economico. Risultato possibile soltanto se la produzione è connessa con i sistemi di gestione d’impresa”. Lamberti prospetta una evoluzione dell’attuale focus da Industria 4.0 a Impresa 4.0: “Estendendo la trasformazione digitale a tutti i processi aziendali: dalle HR alla gestione di clienti e fornitori”.

In questo contesto i distretti di imprese devono potersi scambiare dati e collaborare in ottica di co-engineering: “La collaborazione è fondamentale, per esempio, nell’ambito della manutenzione predittiva. I sistemi di machine learning imparano più velocemente se sono alimentati dai dati provenienti dagli impianti di 50 aziende piuttosto che da quelli di una sola”.

Un ambito d’innovazione molto promettente in contesti non gerarchici di filiera è l’impiego della blockchain per la certificazione e la tracciabilità delle produzioni: “La blockchain abilita l’’acciaio parlante’, ossia le produzioni trasparenti, accompagnate da tutte le informazioni che le riguardano – spiega Laberti -. Per riuscirci serve rinunciare alle vecchie logiche del software customizzato: un tempo costituiva un valore e oggi è solo un limite alla velocità degli aggiornamenti e quindi alla competitività rispetto alle imprese che adottano soluzioni più standardizzate”.

Dall’industria pesante a quella pensante

Per Emanuele Morandi, presidente di Siderweb, sito di informazione e servizi per la comunità degli operatori dell’acciaio, l’innovazione digitale necessita di conoscenza, contaminazione e cooperazione. “Il settore deve cambiare, trasformarsi da industria pesante a industria pensante, coniugando l’innovazione tecnologica con la strategia per raggiungere gli obiettivi”. In una recente ricerca, Siderweb ha riunito esperti di diversi settori per immaginare come sarà la nostra società nel 2030 e gli impatti sul settore siderurgico: “Avremo smart city a sviluppo verticale e necessità di più acciaio strutturale (ad esempio per la costruzione di grattacieli, ndr) rispetto al tondino per cemento di oggi – spiega Morandi -. Serve rivedere la strategia per trovare nuovi modelli di business, stanti i cambiamenti dello scenario e della domanda prevedibile. C’è insomma un rischio simile a quello di rendere efficiente la produzione dei ferri di cavallo alle soglie dell’era industriale”.

Secondo i dati di Siderweb, dal 1970 a oggi la produzione italiana di acciaio è passata da 17 a 24 milioni di tonnellate, contro un aumento di 50 volte di quella cinese: da 16 a 830 milioni nello stesso periodo. “Se si guarda alla filiera, che comprende le società che raccolgono rottami, le acciaierie, i trasformatori e i commercianti, ci sono stati pochi cambiamenti negli ultimi 40 anni; la situazione resta molto più frammentata rispetto ad altri Paesi”. L’Italia dell’acciaio è in ritardo sul fronte dell’innovazione e non solo per i modesti investimenti: “Serve avere il coraggio di lasciare le certezze per guadagnare maggiori gradi di libertà. Servono più sinergie nella filiera: dalla certificazione alla logistica. Ancora poche aziende sono unite in marketplace di e-commece come accade invece negli USA e nel Far-East”. Come già anticipato da Lamberti, un ambito dove le filiere dell’acciaio potrebbero ottenere vantaggio è quello dei big data: “Abbiamo una mole infinita di dati che potrebbero essere elaborati e messi in comune, con vantaggio per l’intera filiera. Con progetti individuali non si va da nessuna parte”, conclude Morandi.

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