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You&IBM: le storie di co-creazione danno una nuova declinazione all’innovazione

In scena a You&IBM un insieme di storie di innovazione, nelle quali tecnologia, metodologia, obiettivi di business, collaborazione, sperimentazione si fondono e danno vita a progetti concreti nei quali ecosistemi e competenze giocano un ruolo chiave

Pubblicato il 02 Lug 2022

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Non è solo tecnologia. Non è solo progettualità. E soprattutto non è un concetto astratto di innovazione.
In occasione dell’incontro You&IBM, organizzato nei giorni scorsi agli IBM Studios di Milano, IBM ha cercato di tradurre in esempi pratici e concreti tutto quello che sta dietro al paradigma co-create che rappresenta non solo un leit motiv ma soprattutto l’invito che la società fa a tutto il proprio ecosistema.

Così, sul palco si sono susseguite storie a più voci, raccontate dai protagonisti che le hanno di fatto realizzate.
Storie diverse, che partono da un bisogno, da una esigenza, e si sviluppano verso soluzioni di valore per il business.
Storie di innovazione, nelle quali la tecnologia è la leva abilitante, ma nelle quali il ruolo di IBM Garage, IBM Consulting e dei servizi di Engineering di IBM trovano la loro collocazione ideale per sperimentare, testare, dar via a POC che col tempo entrano in produzione.

Storie nelle quali è importante saper guardare oltre, saper comprendere quale tecnologia serva davvero – al di là di ogni comprensibile fascinazione per tutto ciò che è nuovo -, saper esplorare l’inesplorato e promuovere la replicabilità.

Innovazione replicabile

Già, la replicabilità.
Della storia di Hera abbiamo già scritto in questo servizio.
Ma Milena Zappoli head of technological innovation di Hera Group, sul palco insieme a Federico Accetta, Ibm Cloud Engineer non racconta solo di un POC avviato su due camion per la raccolta rifiuti, incentrato su tecnologie di analisi visiva per il riconoscimento della qualità del rifiuto plastica, ma di un progetto destinato ad estendersi sia nella numerosità dei mezzi coinvolti, sia nella tipologia del rifiuto raccolto.
Metodologia Garage, spirito di co-creazione, ampio ricorso a cloud e strumenti di raccolta e analisi dei dati per un progetto con un valore d business chiaro: migliorare la raccolta dei rifiuti, rendere più sostenibile lo smaltimento, individuare i punti critici e introdurre correttivi, anche con azioni di engagement e formazione diretti ai cittadini.

Innovazione concreta

Del progetto che unisce IBM ad Autostrade e Movyon abbiamo avuto occasione di scrivere al momento del lancio.
In questo caso, la parola che forse meglio descrive ciò che è stato fatto in questi anni è “concretezza”.
Perché in gioco non c’era un concetto astratto di innovazione nell’asset management, ma un concreto bisogno di mettere a sistema il monitoraggio di infrastrutture critiche come ponti e viadotti e di farlo in modo integrato e collaborativo.
Una logica di ecosistema, testimoniata da Andrea Boccotto, Client partner consulting Ibm, David Buggiani, Head of infrastructure management in Movyon, Riccardo Marchiani, Head of It enterprise architecture di Autostrade e Gianni Margutti, Managing partner IBM Consulting, per una progettualità complessa nella quale entrano in gioco tecnologie dal cloud all’IoT alla data analytics, collaboration, condivisione, metodologie, Garage in primis, che ”non è solo una metodologia pensata per le startup, ma per fare innovazione alla velocità di una startup”, e un approccio API First.
Un processo che vede oggi 3.800 tra ponti, viadotti e cavalcavia gestiti, più di 2000 i BIM, 650mila i componenti ispezionati, 150mila immagini raccolte, 200 ispettori che ispezionano ponti e calcavia.
Il tutto in modo coerente e integrato, grazie a una costante attenzione alla data quality e alla data governance.
Un percorso di digitalizzazione delle opere e dei processi ispettivi che oggi non solo ha chiaramente superato la fase di POC e MVP (Minimum Viable Product), ma si muove già verso la logica della replicabilità.
Una replicabilità che da un lato si traduce nell’adozione di nuovi strumenti di monitoraggio, droni in primis, dall’altro nell’ampliamento degli stessi asset tenuti sotto controllo, come, ad esempio, l’asfalto.

Innovazione coerente

Coerenza e replicabilità sono i punti forti del progetto che vede protagonista Campari Group e che ha come declinazione la customer experience. Il progetto, di cui parliamo più diffusamente in questo servizio, ha visto coinvolti Giulia Stanisci, Global web experience manager in Campari Group, Cristian Mandaglio, Global it manager marketing & consumer sempre in Campari e Federico Vezza, Customer experience and design manager in IBM.
Per offrire nuove esperienze ai consumatori degli oltre 50 brand del Gruppo, senza perdere di vista identità e coerenza, è nata una Digital Factory, figlia di un accordo di collaborazione quadriennale tra le due società. L’idea è quella di promuovere una customer journey coinvolgente sia per l’acquisto dei prodotti, sia per la condivisione delle esperienze, e nel creare una comunità globale per i dipendenti del marketing e dell’IT del Gruppo.

Innovazione sperimentale

Ma interessante è anche l’approccio all’adozione di nuove leve tecnologiche, Quantum Computing in primis.
Ne hanno parlato Federico Mattei, Client Technical Leader and IBM Quantum AmbassadorIbm e Davide Corbelletto, Quantum Technology Specialist presso Intesa Sanpaolo.
Perché se è vero che la ricerca è di per sé affascinante, è altrettanto vero che il suo utilizzo deve essere correlato a effettivi bisogni o declinato in obiettivi di business.
Così, se è vero che di fronte alle nuove richieste che nascono da esigenze di conciliare complessità e velocità serve un approccio nuovo, come quello offerto dai computer quantistici, che cambiano intrinsecamente il modo di lavorare e di creare, è altrettanto vero che queste nuove capacità devono essere disponibili a tutti.
Per questo ci vuole un approccio di Open Innovation, che per IBM si traduce nella creazione di una IBM Quantum network che unisce gli attori dell’universo Quantum e rende disponibili le capacità dei computer quantistici a chi ne abbia bisogno.
Ne ha bisogno una realtà come Intesa Sanpaolo, che oggi ha bisogno di accuratezza e velocità nelle elaborazioni sempre più complesse per simulare l’apprezzamento dei titoli, eseguire stress test scenario, definire l’effettiva capacità reattiva di un istituto davanti ad eventi di natura avversa, con un approccio probabilistico e non più deterministico.

Innovazione competente

Ma per tutte queste innovazioni servono competenze e partner competenti. Ed è per questo che Fabrizio Saltalippi,  Director of Partner Ecosystem IBM Italy, ha fortemente voluto, parallelamente a You&IBM una Skill Marathon, con l’ambizioso obiettivo di erogare 400 certificazioni tecniche e commerciali [ne abbiamo scritto in questo servizio] ai propri partner d’ecosistema, perché “il valore è tale se ci sono competenze. In un mercato più ampio, gli ecosistemi sono più complessi e ci sono nuove complessità da affrontare”.
Ed è per questo che dopo la presentazione di tre di questi partner di ecosistema, Gabriele Tanini, marketing manager di Dgs, Moreno Aminti, Ict sales account di sme up – vm sistemi, e Paolo Sarcini, It solution architect di Uno Informatica, è salita sul palco Patrizia Guaitani, Distinguished Engineer e Direttore Tecnico di IBM Italia, con una chiosa che riassume il senso dell’intero evento: “Co-creare significa trovare insieme non semplicemente la soluzione corretta, ma la soluzione corretta a una esigenza di business, cercando anche qualcosa di non ancora esplorato, toccando con mano, grazie ai Team tecnici, alla metodologia Garage e al contributo di IBM Research, le nuove frontiere dell’innovazione”.

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