IoT, R&D e cybersecurity vanno rafforzate dalle aziende

Secondo un’indagine globale di Bdo, continua a progredire l’introduzione dell’IoT in impianti e processi produttivi: ma la prevenzione del cybercrime e l’accesso al credito per Ricerca&Sviluppo rimangono ancora sottovalutati

Pubblicato il 05 Giu 2017

Immagine fornita da Shuttestock

In tutto il mondo, l’industria manifatturiera accoglie con favore l’utilizzo dell’IoT e adotta dispositivi intelligenti e d’intelligenza integrata per incrementare la produttività. Lo conferma anche un recente studio sull’utilizzo della IoT nel comparto manifatturiero, realizzato a livello globale dall’Istituto Mpi e promosso dal network internazionale di revisione e consulenza aziendale Bdo: il 72% degli operatori del manifatturiero nel mondo, infatti, ha visto aumentare la propria produttività, mentre il 69% ha confermato una maggiore redditività nel 2016 a seguito dell’implementazione di IoT in impianti e processi. In generale, la IoT è indicata come driver di una migliore gestione ed efficienza produttiva: il 50% delle aziende partecipanti allo studio dichiara, infatti, di essere più competitiva grazie all’introduzione dell’IoT, mentre il 14% dichiara avanzati progressi nell’adozione di IoT.
D’altra parte, secondo la ricerca di Bdo – effettuata su circa 380 grandi gruppi manifatturieri mondiali tra novembre e dicembre 2016 – molti operatori non hanno stanziato investimenti sufficienti per il rafforzamento del proprio comparto R&D e della sicurezza informatica. Infatti, secondo tale indagine, la maggior parte delle imprese manifatturiere non sembra aver adottato né una strategia chiara per proteggere i propri dati e le proprie infrastrutture da attacchi di terze parti né soluzioni per mitigare i rischi associati alle vulnerabilità di IoT.
Lo studio di Bdo sottolinea come una corporation su cinque del settore manifatturiero (20%) dichiara di non essere sicura dell’efficacia del programma di cybersecurity predisposto in azienda per l’IoT o di non ritenere pienamente affidabili le loro soluzioni per la sicurezza connessa all’IoT. Inoltre, circa sei multinazionali manifatturiere su dieci (58%) non hanno pianificato o non stanno progettando di ricorrere a incentivi e a crediti fiscali relativi ai loro investimenti IoT, con una quota significativa, il 37%, che dichiara di non essere nemmeno al corrente che esistano incentivi in tema di R&D.
“Nessun operatore di mercato della manifattura – è il commento di Simone Del Bianco, managing partner di BDO Italia, indipendentemente dalla dimensione o dalla abilità, è immune alla dirompenza della tecnologia. La domanda che le imprese si devono porre non è se possano permettersi di investire nel futuro del settore, ma invece se possano permettersi di non farlo”.

Ancora poca attenzione alla sicurezza dei dati della supply chain e dei prodotti

Poiché i cyber attacker spesso sfruttano le vulnerabilità di terze parti per accedere ai loro eventuali obiettivi, qualsiasi difetto di sicurezza nelle reti di fornitori dei produttori si trasforma in alto rischio. La maggior parte dei produttori sembra consapevole di queste potenziali vulnerabilità e ha implementato misure per affrontare attivamente e fattivamente il rischio di cybercrime perpetrato da terze parti, ma una quota significativa, il 27%, non dispone di una politica di sicurezza rivolta ai partner della supply chain e altri fornitori.
Le aziende manifatturiere non si avvalgono appieno dei crediti di R&S con cui potrebbero finanziare l’innovazione nelle loro operazioni. Uno dei maggiori ostacoli per l’adozione dei cambiamenti tecnologici, compresa la IoT, è il suo finanziamento. La maggior parte dei produttori (79%) sta investendo nella IoT e quasi un terzo (31%) dichiara che il budget e le risorse da dedicare per l’applicazione della IoT sia la loro sfida più grande. Tuttavia, solo il 43% prevede di chiedere credito e incentivi fiscali per i loro sforzi di R&S relativi alla IoT, il che significa che la maggior parte dei produttori lascia inattivate preziose risorse finanziarie per il loro sostegno.
“Anche in Italia – nota ancora Del Bianco – esiste ancora poca consapevolezza circa i crediti d’imposta e le agevolazioni per il comparto R&S, mentre invece il credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo e il regime di tassazione agevolata dei diritti derivanti dall’utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali (il cosiddetto “Patent Box”) rappresentano alcune tra le più significative misure introdotte dal Governo italiano per incentivare le attività di ricerca e sviluppo e il conseguente vantaggio competitivo delle imprese del nostro Paese”. Le ultime rilevazioni Istat, infatti, pur indicando che la spesa per ricerca e sviluppo in Italia aumenti sia in termini assoluti sia in rapporto al Pil (1,38%), rivelano tuttavia che il valore è inferiore a quello della media europea (2,04%), ed è ancora distante dall’obiettivo nazionale “Strategia Europa 2020” (1,53%) e da quello europeo del 3%.
“L’Italia però si sta attrezzando – conclude Del Bianco – e ha messo in campo una serie di misure fiscali per incentivare i progetti dell’innovazione delle imprese: la Legge di Stabilità 2015 ha infatti introdotto il Patent Box, un regime di tassazione agevolato per i redditi derivanti dall’utilizzo di asset intangibili che nel primo anno a regime ha visto depositate 4500 istanze; e il Credito d’Imposta per Ricerca e Sviluppo, una misura che con la Legge di Bilancio 2017 è stata considerevolmente rafforzata. Si stima che queste misure, congiuntamente ad altre legate al “Piano Industria 4.0” tra cui le misure a sostegno di start up e PMI Innovative, per il prossimo periodo fino al 2020, potrebbero far incrementare gli investimenti delle PMI in Ricerca e Sviluppo con volumi che potrebbero raggiungere oltre gli 11 miliardi di Euro, una media di circa 3 miliardi annui che significherebbe una crescita a doppia cifra rispetto ai livelli attuali” .

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