Caso Utente

Riboni: il Cio? Protagonista nella trasformazione

Adriano Riboni (nella foto), Cio di Sanofi-Aventis, ripercorre con ZeroUno la propria carriera costellata di esperienze organizzative e informatiche, maturate anche attraverso complessi merger con un continuum che ha caratterizzato tutta l’attività del top manager: essere sempre tra i protagonisti  della trasformazione

Pubblicato il 11 Mag 2010

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ZeroUno ha intervistato Adriano Riboni, Cio di Sanofi-Aventis Italia e per decreto del Presidente della Repubblica, 1° maggio 2009, recente Maestro del lavoro. Con il manager abbiamo ripercorso i passaggi cruciali della sua carriera: un “ibrido” di esperienze organizzative e informatiche di successo, maturate nell’esecuzione di complessi merger fra sistemi informativi nel settore farmaceutico. Diverse le “lezioni apprese”, utili per esperienze similari, in un contesto, certo non solo farmaceutico, esposto a tutti i venti del cambiamento.

ZeroUno: Come siete arrivati all’odierna Sanofi-Aventis?
Riboni: Nel gennaio 2004, Sanofi-Synthélabo annuncia il lancio di un’OPA mista sulle azioni della società Aventis. Tre mesi dopo, Sanofi-Synthélabo annuncia un’offerta amichevole e migliorata, accettata dal Consiglio di Sorveglianza di Aventis. In seguito al grande successo di questa nuova offerta, nell’agosto 2004, Sanofi-Synthélabo diventa azionista di Aventis al 95,47% e cambia ufficialmente la sua denominazione sociale in sanofi-aventis. Il 23 dicembre 2004, l’assemblea generale straordinaria degli azionisti sanofi-aventis approva la fusione-assorbimento di Aventis da parte di sanofi-aventis, che diventerà effettiva il 31 dicembre 2004
Io ero il Cio del ramo Aventis Italia, che risale al gruppo Hoechst. Il suo nome viene da Hoechst, “città nella città” di Francoforte, attraversata dal Meno, dove si fabbricavano coloranti tessili. Hoechst si è spostata sul pharma negli anni ‘90, con una serie di fusioni e acquisizioni: la francese Roussel Uclaf, Marion Merrell Dow e con il Gruppo Lepetit. E ha finito con il fondersi con Rhône-Poulenc (1999), per costituire Aventis.

ZeroUno: Queste trasformazioni le ha tutte vissute “su piattaforma Sap”?
Riboni: Si. Ero entrato in Hoechst Italia nell’86 come Responsabile Organizzazione Area Mercato, ma con un background di sistemi di sviluppo. Avevamo solo il centro di produzione di Scoppito, L’Aquila, con Hoechst Italia Sud, Istituto Behring e Albert Pharma (i tre rami farmaceutici all’epoca). Fu l’anno della scelta di Sap: formammo un consorzio di cinque società per “italianizzare” Sap R2, in termini civilistico fiscali, producendo un semilavorato con conto acquisti, calcolo dell’Iva e molte altre personalizzazioni. In Hoechst Italia lo abbiamo installato, aggiungendo via via Contabilità generale, Vendite e avviando Produzione. Ho cominciato un Process Reengineering con Sap: mappavo i processi in attività, svolte prima e dopo l’avvento di Sap; attraverso il Change Management con Sap, deducevo come riorganizzare le attività. A inizio anni ‘90 contabilità, acquisti, vendite, produzione, magazzino e controllo qualità erano tutti integrati con Sap.

ZeroUno: Quali strategie sono state decisive per il successo delle varie acquisizioni e fusioni che avete vissuto?
Riboni: La solidità e la flessibilità di Sap e l’attenzione alle persone. Si dice che Sap sia un sistema rigido, ma se si conosce bene, si scopre quant’è flessibile. In 23 anni siamo riusciti sempre a soddisfare le esigenze aziendali. Questo è stato però possibile solo perché si conoscevano bene  i processi e si riorganizzavano nel nuovo contesto Sap. Nel primo M&a con i francesi di Roussel, ci ha agevolato avere una piattaforma Sap così solida. ‘Chiunque è acquisito, subisce’ ma in Roussel hanno riconosciuto la qualità della copertura di tutte le funzionalità. Credo comunque sia servita molto anche l’attenzione alle persone e alle diverse professionalità, cosa che conta più delle cordate; questo sia nell’integrare persone nel nuovo sistema informativo sia curandone una giusta ricollocazione. Con questo M&a sono passato dall’organizzazione a Responsabile Gruppo Sap.
Il M&a con Lepetit ha significato integrare tre stabilimenti in Italia e armonizzare funzionalità e implementazione di Sap con quella di un loro gruppo dedicato che, per esempio, in produzione e controllo qualità aveva fatto anche meglio di noi. Con l’americana Marion Merrell Dow e la fusione in Italia di Gruppo Lepetit, abbiamo introdotto la compliance alla normativa Fda. E nel frattempo c’è stata la migrazione a Sap R3, strategica per il merger di Rhone Poulenc. E ad ogni nuovo M&a era sempre più importante ridurre i tempi di integrazione e riorganizzazione, oltre che ovviamente di Roi.

ZeroUno: E da un punto di vista dell’infrastruttura It?
Riboni: Avevamo i mainframe con R2 a Francoforte. Con il passaggio a R3 siamo migrati a server e da Dos a Unix. E abbiamo scelto il nostro primo outsourcer “strategico”, che gestisse un servizio 24×7 della server farm e garantisse un Disaster Recovery ad almeno 20 km (normativa Fda). È stato Hp prima e Ibm poi, con relativa migrazione Sap da Hp-ux ad Aix, con una “heterogeneous copy”, live in poco più di un week-end, ed eseguita da sistemisti Hoechst e Ibm certificati Sap. Erano gli anni 1996-98.

ZeroUno: Finché è arrivata la sfida della megafusione…
Riboni: In effetti il primo problema del Comitato esecutivo paritetico era scegliere i Sistemi informativi per la nuova Sanofi-Aventis. La mia fortuna è stata che i due Ad e i due Cfo, Sanofi e Aventis, si trovassero in Aventis, il giorno in cui si sono chiesti quanto tempo ci sarebbe voluto per il “go live” con Sanofi-Aventis Italia (settembre 2004). Con una richiesta a bruciapelo, ho garantito una partenza a gennaio 2005, a patto di avere entro la fine di settembre 2004 il nuovo assetto consolidato e informazioni chiave sulla catena di distribuzione. Ho capitalizzato su Aventis che in Italia aveva la rete commerciale e già cinque stabilimenti di produzione, contro un solo stabilimento Sanofi, partendo con Aventis come società che commercializzava i prodotti dal listino comune. Nel corso del 2005 abbiamo aggregato le varie unità di provenienza Sanofi, mentre avveniva la fusione legale, e nasceva la società Sanofi-Aventis S.p.A. La fiducia accordatami quel giorno veniva dai tre M&a prima eseguiti. L’esperienza organizzativa è pure servita a rispondere ad altre difficili domande sulla nuova struttura It comune: come organizzarla e soprattutto come integrare ruolo e competenze del Cio ex Sanofi, un patrimonio che è stato indirizzato alla gestione strategica delle comuni infrastrutture.

ZeroUno: Qual è il primo differenziatore per un sistema informativo?
Riboni: La centralità dell’informazione su piattaforma unica (Sap nel nostro caso). Nelle gare ospedaliere (bando di richiesta dei “principi attivi”, offerta prodotti in busta sigillata, scelta dell’offerta più economica), serve produrre un documento in cui si mettono prodotto, prezzo, cliente, prezzo offerto per la gara, periodo di validità aggiudicato: tutti “vincoli” attorno a cui poi ottimizzare le operazioni aziendali. Invece di sistemi ad hoc per queste complesse ottimizzazioni, con risultati poi da integrare nell’Erp aziendale, Sanofi-Aventis riesce a sfruttare in gara le anagrafiche (clienti e prodotti) “native”, rendendo “persistente” il prezzo di offerta fino a un ordine di vendita al cliente a condizioni specificate, entro una data di validità. Anche la parte legale è integrata in Sap, sempre con il vantaggio di non duplicare anagrafiche e di esporre i prezzi nativi Sap.

ZeroUno: Cosa dice del Software as a Service?
Riboni: Per indole credo molto nel “fare tutto internamente”, perché ritengo sia un grande vantaggio quello della conoscenza approfondita e della diretta disponibilità di risorse. Ma il mondo cambia e il Saas è un’indubbia alternativa per dare un servizio solo in Opex. Per ora stiamo sperimentando in Saas il Crm, che non è immediatamente mission critical; pensare a “tutto in Saas” conduce ad alienarsi risorse e skill diretti. Penso sia strategico distinguere cosa si vuole da un’applicazione business: se deve fare la differenza o è mission critical, meglio investire on premise per un’approfondita integrazione con il business; se serve una semplice “market parity”, allora una modalità Saas è “good enough”.

ZeroUno: E perché “tenersi in casa il data center”? Come vede l’opzione cloud computing?
Riboni: In effetti abbiamo già compresso i costi, virtualizzando i server (114 Virtual Servers in 5 VMWare Hypervisor Boxes contro 38 server fisici) e anche investendo per minor time to market e più agile configurabilità delle soluzioni. Commoditizzare del tutto l’hardware certo è interessante. O approvvigionarsene in tempo reale “spot” con un Amazon per fare, per esempio, test di massa. Si risparmia in spese per capitale, e si hanno spese operative solo a consumo. Ma a questo ci sta pensando la casa madre a Parigi per l’intera infrastruttura mondiale.

ZeroUno: Lei ha mantenuto la sua posizione dopo l’acquisizione da altra società. Come vede “il vendor che disintermedia il Cio” proponendo soluzioni dirette alle linee di business?
Riboni: Vulnerabile è un Cio “infrastrutturale”, non un Cio padrone della soluzione. Nelle gare ospedaliere i vendor cercavano il contatto diretto con sales o marketing: ho dimostrato che un sistema integrato Sap dava più valore. E poi nessun executive riesce ad avere la visione generale dei processi che ha un Cio, tanto meno in modo confrontabile a un Cio che presidia un sistema integrato.

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