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Retelit: Il Cloud? «È condivisione, anche dei margini»

La strategia di espansione dell’operatore italiano di Tlc e Ict passa da un nuovo modello di business che integra servizi di connettività con applicativi sviluppati ad hoc per il retail, la Pmi e il mondo delle università. Il tutto all’insegna del revenue sharing. Intervista a Dario Pardi, neo Presidente di Retelit

Pubblicato il 06 Lug 2015

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Dario Pardi, Presidente di Retelit

Sono due le direttrici su cui si sta muovendo Retelit per costruire in Italia un Cloud a prova di futuro. Da una parte il potenziamento del network in fibra ottica passa dalla posa del cavo sottomarino che unirà il Nord Europa all’Estremo oriente: Retelit garantirà il collegamento alla Penisola e il passaggio lungo lo Stivale del sistema AAE-1, 25 mila km di lunghezza per 40 Tbps di capacità trasmissiva. Mentre sul fronte dei servizi, la società di TLC e ICT intende sfruttare la rete già in essere e i 18 Data Center di cui dispone per attivare applicativi di ultima generazione sviluppati nativamente per il cloud da startup e operatori ultraspecializzati.

Il target di riferimento? Il settore enterprise (soprattutto in ambito banking e retail), PMI in cerca di nuovi posizionamenti nel mercato, università e centri di ricerca nelle aree non coperte da infrastrutture adeguate. Innovazione senza compromessi anche rispetto al modello di business, che per quanto riguarda la fornitura di software sarà all’insegna del revenue sharing, con una logica win-win che secondo Dario Pardi, Neo Presidente di Retelit, gioverà a ciascun elemento della catena delvalore. «EBIT e cash flow ce lo consentono- assicura Pardi – e non stravolgeremo il nostro ruolo di fornitore wholesale. Ma per confrontarci con gli imprenditori che intendono dare vero risalto alla propria proposizione questa è la strada da intraprendere».

Che cosa è oggi il Cloud per Retelit?

Siamo tra i pochi operatori di Tlc italiani a possedere una rete in fibra estesa sulle dorsali tirrenica e adriatica, un asset notevole dal punto di vista strategico, a cuisi aggiungono 9 Reti metropolitane e 18 Data Center. La maggior parte delle strutture è adibita alla gestione del network, ma già due o tre centri – il fiore all’occhiello è quello di Bologna – sono all’altezza delle applicazioni che girano sul Cloud, con tutte le certificazioni del caso per offrire servizi adeguati a large enterprise e PMI. Fatta queste premessa, e considerando che il settore crescerà del 40% nel prossimo triennio, adesso il punto sostanziale è capire di cosa si parla esattamente quando si dice Cloud. Fino a oggi Retelit si è occupata prevalentemente di Data Center, ma non è ciò che ho in testa io: grazie alle prestazioni che possiamo erogare, con una velocità trasmissiva fino a 100 Gbps, abbiamo la possibilità di costruire un’offerta di punta cercando sul mercato software verticali, rigorosamente nativi in Cloud, da montare sui nostri server e da proporre ai clienti finali attraverso bundle di applicativi e servizi di connettività.

Quali sono le applicazioni di cui hanno bisogno i vostri interlocutori?

Penso innanzitutto al digital signage per il mondo retail e ad altre soluzioni dedicate ad ambienti in cui i contenuti devono essere veicolati con la massima affidabilità, come per esempio nel settore bancario. Per offrire un servizio all’altezza serve molta banda, e attualmente le offerte integrate sono poche. Io che vengo da esperienze tipicamente IT (Hewlett-Packard Nixdorf Siemens, StorageTek e Hitachi Data Systems – ndr) posso dire che progetti simili sono sempre stati nell’aria, ma c’erano due grossi ostacoli alla loro realizzazione.

Quali?

Non c’era sufficiente banda e mancavano le giuste expertise, per cui sarebbe stato necessario creare partnership ad hoc e dipendere per questo da un secondo offerente. Ma c’era un ulteriore problema: nessuno era disposto a tentare la strada del revenue sharing. Noi oggi possiamo farlo, ed effettuando cum grano salis i giusti investimenti in questa direzione riusciremo a cambiare i riferimenti dell’offerta sul Cloud e a differenziare la nostra proposizione in maniera precisa.

Tutto questo avverrà quando?

Ci attrezzeremo per avere concrete opportunità sotto questo profilo da qui alla fine dell’anno, e dopo aver coinvolto startup e imprese innovative nel progetto comporremo un’offerta con soluzioni specifiche a partire da gennaio 2016. Non dimentichiamo che per il resto del 2015 dobbiamo rispettare diversi impegni sul nostro core business, primo tra tutti la posa del cavo sottomarino per il completamento del sistema AAE-1, che rappresenta un ponte verso il futuro delle attività di Retelit. Approfitteremo del prossimo semestre per prepararci al mercato con use case e referenze. Ma la vera molla sarà la logica del reveneue sharing: un meccanismo tale per cui partner e clienti possono toccare con mano e attraverso parametri precisi il modo in cui queste soluzioni possono incrementare il business. La condivisione dei proventi trasforma la nuova proposizione in un’offerta quasi irrefutabile.

Quali sono le previsioni di crescita allora?

Non è semplice fare previsioni quando si parla di innovazione vera. Non abbiamo modelli con cui confrontarci, perché anche se molti tra i nostri competitor ne parlano, nessuno ci prova sul serio. Chi ne ha le possibilità tecnologiche e finanziarie è spesso frenato da una struttura molto burocratizzata. Comunque, per rimanere cauti, penso che nel 2016 conosceremo un incremento del 10% delle revenue. Ipotizzo un avvio lento, ma poi il business potrebbe letteralmente esploderci per le mani.

Nuova proposizione, nuovi competitor?

Potenzialmente sì. Ma dal punto di vista pratico non saranno molti quelli disposti ad abbracciare questa value proposition. Credo che soprattutto gli operatori locali potrebbero darci del filo da torcere, mentre i grandi player fanno un mestiere diverso: di fatto forniscono as a service applicativi caricati sui propri Data Center che non nascono specificamente per il Cloud, anche se è così che lo chiamano. D’altra parte non è nostra intenzione competere con chi ha capacità maggiori delle nostre in termini di numero di collaboratori e di expertise.

Oltre al mondo retail puntate alla PMI e alle università. In quali macroaree pensate di espandervi?

Ovunque ci sia richiesta spasmodica di banda e di applicativi, anche se molto dipenderà dagli accordi che riusciremo e intavolare. La nostra infrastruttura è già molto presente al Nord e al Centro Italia. La priorità quindi è l’espansione nel Sud, tenendo anche conto che Bari rappresenta il punto di atterraggio del cavo sottomarino AAE-1.

Il mercato italiano è pronto per questa trasformazione?

La consapevolezza che il Cloud può cambiare i paradigmi del servizio e i costi della struttura è ormai pienamente diffusa. Siamo arrivati da questo punto di vista alla fine del ciclo quinquennale che di solito caratterizza in Italia l’adozione in massa delle novità tecnologiche. Ci sono però ancora due elementi frenanti. Il primo riguarda lo stoccaggio e la riservatezza dei dati, con un apparato normativo che ne impone la conservazione all’interno dei confini nazionali. Il secondo problema è la cronica mancanza di incentivi veri all’innovazione. E poi c’è un’altra cosa.

Dica

Non è facile convincere gli imprenditori a condividere le soluzioni. In Italia ci sono molti padroni e pochi manager. Sarebbe assai più semplice raggiungere e soddisfare i clienti se si provasse a federare gli strumenti con cui si accede al mercato.

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