Rapporto Assinform 2017: confermata la crescita del mercato digital

Chiude meglio del previsto il primo trimestre 2017, con una crescita del 2,8% del mercato digitale, confermando il trend positivo iniziato nel 2015. Ma attenzione a non sedersi sugli allori; il lavoro da fare è ancora tanto perché il gap con gli altri paesi non si riduce e, anzi, rischia di aumentare se la sterzata non sarà ancora più decisa

Pubblicato il 24 Lug 2017

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Si consolida l’ottimismo che aveva suscitato l’anticipazione di marzo dei dati Assinform relativi al 2016 che, con un +1,8% indicava una ripresa del mercato digitale nel nostro paese. La presentazione del Rapporto Assinform 2017, avvenuta oggi in contemporanea a Milano e Roma, indica infatti un’accelerazione per l’anno in corso con un +2,8% nel primo trimestre, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (figura 1).

Figura 1 – Il Mercato Digitale in Italia, 1Q16-1Q17

Si avvalorano dunque le previsioni di crescita per il triennio 2017-2019 stimate dall’Associazione: +2,3% per il 2017, +2,6% per il 2018 e +2,9% per il 2019 (figura 2).

A commentare i dati, come da tradizione, Giancarlo Capitani, Presidente di NetConsulting cube, storico partner di Assinform che quest’anno si è avvalsa anche della collaborazione di Nextvalue per abbinare all’analisi dell’offerta quella della domanda, realizzata attraverso la Survey La Trasfomazione Digitale vista dai CIO, condotta attraverso Focus Group che hanno coinvolto 28 tra CIO, CISO e figure equivalenti di primarie realtà italiane.

Figura 2 – Il Mercato digitale in Italia, 2016-2019E

“La presentazione del Rapporto – esordisce Capitani – è sempre l’occasione, oltre che per dare i consuntivi dell’anno precedente, anche e soprattutto per valutare lo stato del mercato digitale in Italia nell’anno in corso. I dati che avevamo presentato a marzo ci avevano già dato indicazioni positive molto importanti (confermate dai numeri di questo primo trimestre): prima fra tutte che dal 2015 c’è stato un importantissimo turnaround del mercato con un’inversione di tendenza (da negativa a positiva), verificatasi indipendentemente dall’andamento dell’economia”.

Figura 3 – Andamento del mercato dei principali Digital enabler

Il secondo elemento che emerge dai dati del Rapporto, già sottolineato nell’anticipazione di marzo, è la crescita di quelli che Assinform definisce Digital Enablers (IoT, Cybersecurity, Cloud, Big Data, Mobile Business), superiore a quella complessiva del mercato (figura 3); per determinare questi andamenti, Assinform ha analizzato 12 cantieri digitali (figura 4) tra i quali la parte del leone è sicuramente interpretata dal Mobile, “ma sarebbe un errore leggere questi dati solo in senso verticale – raccomanda Capitani – perché ciascuno di essi è un vero e proprio attivatore di altri cantieri”.

Figura 4 – Il Mobile è il principale cantiere digitale del 2017

Quello dei Digital Enablers è un tema fortemente sottolineato anche da Agostino Santoni, Presidente di Assinform: “Oggi stiamo studiando e analizzando quali saranno i digital enabler del prossimo futuro, dall’intelligenza artificiale alla realtà virtuale. Perché il nostro ruolo come Associazione è proprio quello di intuire quali possono essere i nuovi abilitatori e suggerire azioni, anche a livello governativo, per agire di conseguenza indirizzando anche le scelte strategiche delle aziende”.

Sapere leggere anche gli elementi negativi

Nonostante la soddisfazione espressa per questi dati, il presidente di NetConsulting cube punta il dito su alcuni elementi negativi che questi stessi dati evidenziano: “Questa crescita non si distribuisce in modo equo: si rilevano infatti importanti gap sia per settori sia per geografie. Ci sono alcuni settori in particolare ritardo e fra questi spicca la Pubblica Amministrazione (figura 5)”. Dal punto di vista territoriale la crescita è molto forte nel Nord Ovest mentre il Sud mostra il solito ritardo; a questo proposito, Capitani sottolinea però che anche qui qualcosa si sta muovendo perché lo scorso anno è stata registrata proprio al Sud la nascita del 29% di startup innovative.

Figura 5 – Settori ed investimenti nei principali trend digitali

Nell’analizzare gli andamenti settoriali, Assinform ha identificato tre caratteristiche comuni in quelli che hanno performato meglio:

  1. sono settori (banche, tlc ecc.) al cui interno operano grandi realtà;
  2. hanno una vasta clientela evoluta, digitalizzata e che preme per la digitalizzazione del settore;
  3. operano in contesti normativi molto vincolanti.

“Per recuperare questi gap – afferma Capitani – occorre rivitalizzare prima di tutto le PMI che, nonostante tutto, sono ancora un soggetto in ritardo, bisogna recuperare la domanda di cittadini e imprese che si trovano in aree critiche per la copertura della banda ultra larga e dobbiamo continuare a diffondere cultura digitale”.

Non poteva mancare, tra le note dolenti, il tema delle competenze, “un tema di portata strategica – sottolinea Capitani – dove, accanto alle competenze specifiche (figura 6), occorrono soft skill. Ma il dato più inquietante è che, a fronte di una stima del fabbisogno di professionisti ICT in Italia che va dai 61.000 agli 85.000 (a seconda che la stima sia conservativa o ottimistica) nel triennio 2016-2018 è quasi di 20.000 il numero di persone che vanno ri-formate. Attività che – sostiene Capitani – nel nostro paese è particolarmente difficile per la resistenza al cambiamento sia delle fasce più anziane della forza lavoro sia delle forze sindacali di alcuni settori (soprattutto banche e telco)”.

Figura 6 – Gestione dei dati, sicurezza e IoT sono gli ambiti principali in cui si ricercano competenze specialistiche

Un’accelerata alla digitalizzazione deve venire dalla PA

Ma uno degli importanti elementi di freno a un’accelerata significativa della digitalizzazione del nostro paese è ancora da attribuire alla PA, nonostante gli importanti passi avanti compiuti.

“Abbiamo il Piano Triennale per l’Informatica della PA che è arrivato – sottolinea Capitani – con colpevole ritardo e porta un’indicazione importante quanto difficile da realizzare: le Amministrazioni devono realizzare una riduzione della spesa corrente pari al 50% per trasformare questi risparmi in progetti innovativi. L’aspetto positivo è che il Piano prevede una governance condivisa della spesa della PA”.

La seconda azione è l’Agenda Digitale: “Guardando lo stato di avanzamento dei lavori dei 4 principali progetti appena rilasciato (figura 7) non possiamo non sottolineare i gravi ritardi su alcuni di essi (per esempio Anagrafe nazionale e pagoPA); un modo per invertire la tendenza sarebbe rendere obbligatorio l’utilizzo da parte della PA e delle imprese, come ha dimostrato l’esempio virtuoso della Fatturazione elettronica”.

Figura 7 – Stato di avanzamento e obiettini del Piano Crescita Digitale (Luglio 2017)

La terza azione riguarda Industria 4.0 che sta già dando effetti positivi: tutte le associazioni di categoria più direttamente interessate (Ucimu, Anima ecc.) registrano crescite anche del 20%: “Grandi speranze, ma anche grandi criticità – evidenzia ancora Capitani – perché sono cambiamenti che richiedono tempi molto più lunghi di quelli delineati dal Piano Calenda; anche qui, inoltre, c’è un problema di competenze che sta determinando un gap per le PMI che non possono dotarsi di risorse molto competenti, perché molto care”.

Capitani chiude il proprio intervento sottolineando un “grande valore nascosto nel Piano Industria 4.0, quello dei Digital Innovation Hub che è quello di produrre, consumare e diffondere innovazione nel territorio”.

Tutto ciò però non basta, interviene Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale: “Per la prima volta il digitale si è posizionato al centrocampo dell’agenda industriale e politica del nostro paese. Il vero valore strategico di tutto questo impegno è che stiamo ridisegnando l’economia del nostro paese. E per farlo davvero, dobbiamo poter contare su una PA 4.0; sulla sua trasformazione digitale, oggi troppo lenta. Il lavoro fatto dal commissario straordinario all’Agenda digitale, Diego Piacentini, è ottimo ma non basta: il vero punto è il ridisegno dei processi della PA, è su questo che si avranno i veri vantaggi, è su questo che vorremmo vedere la mobilitazione della leadership del paese”.

Catania è quindi tornato sui Digital Innovation Hub (i distretti tecnologici, finalizzati a supportare le PMI nel processo di introduzione di Industria 4.0, finanziati dal Piano Calenda con 270 milioni di euro) per annunciare che a oggi ne sono stati costituiti 14 su 20 (entro la fine dell’estate gli altri) e che su questo progetto è massimo l’impegno di Confindustria: “Dobbiamo fare i conti con la frammentazione del nostro territorio e fare sistema perché è vero che stiamo crescendo, ma il gap con gli altri paesi non si riduce. Anche loro stanno crescendo e stanno investendo più di noi, quindi il gap rischia di aumentare anziché diminuire se non daremo una decisa sterzata”, ha concluso Catania.

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